DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
Gesù ha già offerto prove convincenti della sua Resurrezione, lo abbiamo letto nei Vangeli che la liturgia, a partire dalla Domenica di Pasqua, ci ha proposto: il sepolcro vuoto, la testimonianza degli angeli alle donne, l’apparizione ai due discepoli sulla strada verso Emmaus.
Oggi, ancora una volta, il Signore si fa vivo e presente in mezzo ai suoi. Scrive l’evangelista Luca: «Mentre essi – i discepoli – parlavano di queste cose – di come, cioè, i due discepoli di Emmaus avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane -, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma».
Ancora tanta difficoltà a credere!
Dopo la Resurrezione, l’uomo resta dubbioso e incredulo, sia perché si trova davanti ad un fatto assolutamente insolito, sia perché si imbatte in una sorpresa troppo bella, desiderata ma ritenuta impossibile.
Gesù, allora, alza il tiro; ma non con azioni, fatti, esperienze sempre più eclatanti, mirabolanti, pirotecniche, bensì con prove sempre più concrete, semplici, tangibili.
«Egli disse loro: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho».
Mani e piedi feriti, carne e ossa: Gesù risorto ha un vero corpo, il Risorto non è un fantasma, un ideale, ma un essere reale. Il Risorto non è una illusione o un sogno ad occhi aperti.
Guardate! Vedete! Toccate!
«Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”. Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro».
Addirittura la gioia grande e lo stupore, anche il cuore che balza in petto non bastano: troppo bello per essere vero!
E Gesù incalza: mangiamo insieme! Un gesto quotidiano, semplice, che vuole restituire l’intimità vissuta nei tre anni precedenti e che faccia rendere conto i discepoli di non essere davanti a fenomeni paranormali o stranezze di chissà quale tipo.
Solo ora, sgombrato il campo dalla paura, Gesù indica ai suoi l’unica via possibile per comprendere la sua vita e la sua Pasqua e questo suo essere, da Risorto, in mezzo a loro: la Parola.
«Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”. Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture…».
Sono le Scritture, è la Parola – per gli apostoli ieri, per noi oggi – che ci permette di leggere fino in fondo nelle pieghe degli avvenimenti, della storia, della vita, e riconoscere nel Risorto che vi si manifesta, il Signore Gesù.
Lo scrive anche Giovanni nella sua prima lettera: «Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti […]. Chi osserva la sua Parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto».
E una volta riconosciuto il Signore e il suo amore, non si può che esserne testimoni, come Gesù chiede espressamente ai suoi nel cenacolo: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».
Anche Pietro, lo leggiamo nella prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, parlando al popolo lo afferma: «Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni».
Osservare la sua Parola significa proprio lasciare che quanto ci viene raccontato di Lui, spieghi e compia la nostra storia, in modo che possiamo conoscerlo e riconoscerlo non nei contenuti e nei valori, ma nella concretezza del vivere e dell’amare. Di questo siamo chiamati ad essere testimoni!
Preghiamo, allora, come il salmista: «Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto», perché la fede in Lui riscriva la nostra vita ed il nostro fare, e testimoni credibilmente a tutti la verità della sua resurrezione.