A un anno dall’inizio del conflitto (15 aprile 2023-15 aprile 2024), in Sudan si contano 6,5 milioni di sfollati e si registrano condizioni di vita molto precarie.

“Continui blackout elettrici e interruzione delle connessioni internet e telefoniche; prezzo del carburante aumentato esponenzialmente e scarsità di beni di prima necessità; difficoltà di reperimento di farmaci e attrezzature, e nella comunicazione”, denuncia Emergency, che cerca di continuare a garantire l’assistenza medica con uno staff di circa 600 persone, quasi tutte sudanesi, malgrado “la situazione del Paese sia in peggioramento e l’attività umanitaria in continua difficoltà”. “Khartoum è una città fantasma, Port Sudan ha le sembianze di un enorme campo profughi – riferisce Franco Masini, coordinatore medico del Centro Salam di cardiochirurgia e pediatria a Khartoum –. Negli ultimi mesi, la zona est del Paese ha accolto circa 500mila sfollati. Le famiglie che non si possono permettere un alloggio vivono in strada, senza acqua e in condizioni igieniche pessime, che favoriscono anche la diffusione di malattie come il colera”. “Siamo ormai al ventitreesimo giorno di blackout”, racconta Andrea Canneva, coordinatore logistico Emergency in Sudan. “Il carburante è fondamentale per alimentare i generatori dell’ospedale – spiega Manahel Bader, capo infermiera del Centro Salam –, ma il costo è passato da circa 1 a 7 euro al litro”. Un altro problema, l’assenza di internet. Nonostante le condizioni di lavoro estremamente difficili dovute alla guerra (il 70% degli ospedali sono chiusi), nel centro di cardiochirurgia di Khartoum, Emergency ha effettuato quest’anno 25mila visite pediatriche, oltre 1.500 visite cardiologiche e 200 interventi a cuore aperto. Difficoltoso ottenere nuovi visti per il personale internazionale, in particolare quello sanitario. Scarseggiano i beni di prima necessità. Situazione in peggioramento. Si stima che nel 2024 saranno 24,8 milioni i sudanesi bisognosi di assistenza umanitaria.

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