Francesco Zanotti
A Leopoli, nell’Ucraina in guerra con la Russia dal 26 febbraio 2022, ogni sera, alle 24, scatta il coprifuoco. Rimane in vigore, come accade fino alle 5. Perché è vero che la città vive come se il conflitto non ci fosse, ma la guerra c’è e ha fatto sparire dal centro città, affollatissimo, gli anziani, come fa notare don Andry, il direttore della Caritas diocesana di Leopoli di rito greco-cattolico, che, assieme a don Michele (vicerettore del seminario diocesano), ci ha condotto in alcuni luoghi simbolo della città. Dalle prime settimane dopo l’attacco russo, a Leopoli molto è cambiato, raccontano i nostri accompagnatori. Nei primi giorni era tutto un fluire di persone che fuggivano dai bombardamenti sulla parte est del grande Paese. Ancora oggi resistono alcune zone in cui vengono ospitati i profughi in villaggi fatti di prefabbricati simili a quelli che in Italia si vedono in caso di terremoti. Poi col tempo, a tutto ci si abitua. Ed è successo anche qua, perché “la vita va avanti e deve andare avanti, per aiutare quanti sono in prima linea e al fronte”, come sostengono i nostri interlocutori ucraini.
Accanto al grande cimitero monumentale, dove fino a prima della guerra c’era un vasto prato su cui i giovani d’estate andavano a prendere il sole, si estende un grande cimitero di guerra. L’ultimo morto è stato seppellito oggi. I primi sono dell’aprile 2022. Se ne contano un migliaio. Sono i caduti sul fronte legati in qualche modo a Leopoli. Ogni città e ogni paese ha il suo nuovo cimitero, dice don Andry. “La guerra è il fatto più brutto che possa mai capitare”, aggiunge. Le tombe sono strapiene di rosari, fiori, ceri, lumini, fotografie, angioletti, madonne e croci: è tutto un fiorire di ricordi che portano familiari e amici. Accanto alle tombe ci sono spesso delle panchine in legno. Si scorgono numerose donne, alcune vestite di nero. Alcune lucidano i ritratti, altre piangono. Altre ancora sono sostenute da un parente. Altre pregano, in silenzio, fra una lacrima e un ricordo inafferrabile. L’angoscia ti prende appena ci si presenta sulla spianata che risale il terreno in lieve pendenza. Per capire bisogna vedere. Ci si aggira tra le tombe. Si leggono le date di nascita. Si scruta tra i ricordi personali. Si cerca di capire. Ci sono ventenni, ma anche sessantenni, magari ufficiali. Ci sono anche donne vittime di questa guerra nel cuore dell’Europa. Sono tanti, troppi, mentre cerchi di capire, di farti una ragione. Un escavatore prepara altro terreno. Lo spiana. Lo rende adatto ad accogliere altre bare, dal fronte. Al solo pensarci ti pare di impazzire. Ti prende il magone. Non immagini che possa accadere, qui e adesso, in una città che vive come tutte le nostre città, in Italia. Invece questa è la realtà. È la crudeltà della guerra. Ti prende a morsi. Ti incide la carne, ti entra dentro. Qui la guerra si tocca e ti strazia mente e cuore. Ti rimane solo la preghiera: l’eterno riposo, dona a loro, Signore…
Guerra impalpabile, ma si sente.
L’Ucraina vive la guerra anche sull’isolamento. I turisti sono spariti e anche gli scambi commerciali si sono rarefatti. Lo spazio aereo è interdetto. Decollano solo pochi velivoli militari, a bassissima quota. Noi non ne abbiamo sentito nessuno. In questo angolo interno di Paese lo scontro in atto con Mosca sembra qualcosa di impalpabile. Ieri sera (venerdì 12 aprile) il ristorante nel quale abbiamo cenato era pieno di gente. In pieno centro storico le cioccolaterie sono sempre un’attrazione. Don Andry ricorda che una di queste donne incontrate nel paesino dove celebra ha un figlio che non è tornato dal fronte e allora si comprende che la prima linea è pervasiva, arriva dappertutto e cambia la vita di tanti. Ecco perché il pensiero va spesso a chi è al fronte. Perché il fronte è anche qua. E lo si comprende benissimo perché in centro a Leopoli ci sono molte ragazze e tantissime donne, ma gli uomini sono rari. Chi ancora è in circolazione sa che da un momento all’altro potrebbe ricevere la chiamata alle armi. Come può accadere a Basilio, ingegnere in Comune e volontario della Caritas guidata da don Andry, a Leopoli, un ruolo di grande responsabilità nel settore distribuzione acqua e servizi connessi, una moglie e un figlio. Non è escluso, come ci ha raccontato ieri pomeriggio, che a breve debba lasciare tutto e partire per l’est per andare a combattere. Così è e così succede qui, in Ucraina oggi. Anche se, fa notare il sacerdote, “se ci fosse meno corruzione tra chi ci governa, la guerra potrebbe finire molto presto”. In auto, il sacerdote ci riporta verso la frontiera che abbiamo attraversato due giorni fa. Ci scambiamo le ultime opinioni. Attraversiamo un territorio tutto in fiore. I ciliegi sono un incanto, con il loro bianco, e anche le cicogne con i loro nidi sui comignoli delle abitazioni. Arriva il momento dei saluti e la promessa di mantenere i legami, sia con gli aiuti materiali, sia con il contatto via internet. Ricordiamo gli incontri di questi giorni e anche la cordialità tra le due chiese cattoliche di diverso rito. La stima tra loro è grande e consolante per l’invio degli aiuti dall’Italia. Al passaggio della frontiera, il rientro in Unione europea è semplice al controllo documenti. Più complesso è tornare con la mente ai pensieri di ogni giorno. Questo Paese e questa gente ti entrano nel cuore. E rivedi quella selva di bandiere blu e gialle su mille bare allineate…
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