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Dignitas infinita. Al di là di ogni circostanza

Giovanni Angelo Lodigiani

La Dichiarazione del Dicastero Vaticano per la dottrina della fede, pubblicata l’8 aprile 2024, è degna di particolare attenzione, a partire dal titolo, perché intende incastonare la qualificazione della dignità in uno spazio – l’infinito – che non è immediatamente disponibile all’uomo e per tale ragione, l’uomo, può solo rispettarlo e prendersene cura.
Il magistero, con il Concilio Ecumenico Vaticano II (“Dignitatis humanae”) e in diversi pronunciamenti di epoca post-conciliare, ha tratteggiato una sorta di filo rosso sul tema della dignità.
Quest’ultimo documento, che ha avuto una lunga fase di preparazione a far data dal 2019, riprende tale filo rosso e, attraverso il copioso rinvio ai testi magisteriali precedenti, desidera mostrare una continuità che non può essere ignorata.
In esordio viene fornito un chiarimento relativo alla ricchezza semantica del concetto di dignità la quale viene distinta, non per separarle, nelle sue dimensioni ontologica, morale, sociale, esistenziale. Contemporaneamente, viene marcato il profilo ontologico quale elemento fondativo di tutto il discorso; questa è anche l’opzione interpretativa operata dalla dichiarazione stessa.
Sommessamente segnaliamo che per valorizzare il tenore personalistico del documento si sarebbe potuto integrare l’evidenza ontologica con lo sguardo fenomenologico, altrettanto rigoroso, capace di favorire una calibrata ragionevolezza.
La Dichiarazione è strutturata in quattro parti/capitoli. Le prime tre svolgono un percorso fondativo del concetto di dignità, senza ignorare le prospettive biblico-teologiche della tradizione cristiana e l’elaborazione che si ritrova nella filosofia classica.
Riguardo alle correnti filosofiche moderne, sono ricordate, in modo succinto, mostrando come esse si limitino ad una considerazione tendenzialmente funzionale della libertà.
La ricostruzione teologica del tema ripercorre la relazione, ontologica e cronologica, esistente tra creazione, incarnazione e risurrezione quali “spazi” rivelativi della dignità umana la quale viene tratteggiata su un telaio di senso che, a sua volta, si fonda su una visione antropologica olistica tesa alla valorizzazione della persona, della sua libertà e della sua responsabilità. Proprio tale visione antropologica permette di collocare il legame dignità-libertà in un orizzonte di senso adeguato affinché possa essere mantenuto nel suo “status” di costituente imprescindibile e incondizionato. Si tratta di riconoscere un’antecedenza originaria fondativa, appunto, che nel documento viene riferita con la ricorrente espressione: “al di là di ogni circostanza” (Ricordiamo qui le sette circostanze “classiche” enumerate da Cicerone nel “De Inventione Rhetorica”, I, 24: “Quis, quid, ubi, quibus auxiliis, cur, quomodo, quando”. In traduzione: l’identità dei soggetti, l’oggetto materiale, il luogo, l’eventuale accordo con qualcuno, gli eventuali aiuti, il movente, le modalità).
Accanto ai primi tre capitoli, ribadiamo, di carattere fondativo, il documento ne dispone un quarto nel quale vengono enumerate, e non in modo esaustivo, diverse aree tematiche etiche concrete le quali vengono rapportate al tema della dignità.
Sono affrontati tredici temi che spaziano dalle problematiche della povertà, alla guerra, alle migrazioni, agli abusi sessuali, alla violenza contro le donne, alla tratta delle persone, all’aborto, alla maternità surrogata, all’eutanasia, il trattamento dei diversamente abili, la teoria del gender, il cambio di sesso, la violenza digitale.
È manifesta l’ampiezza di orizzonte, attestante una sensibilità etica estesa alla quale il magistero di Papa Francesco ha saputo educare il Popolo di Dio, affacciandosi alle dimensioni personali, interpersonali sociali e strutturali delle questioni morali del nostro tempo, con l’intento primario di riportarle alla questione radicale della dignità umana minacciata, lesa o, addirittura, umiliata.
Se da un lato, per ragioni di fede creduta e credente e per onestà intellettuale, è doveroso e altrettanto significativo che la Chiesa renda ragione del proprio credere, dall’altro lato è decisamente opportuno, non dimenticando la lezione del Vaticano II, che la stessa Chiesa sia in dialogo con la cultura moderna e le articolazioni antropologiche e filosofiche tese a declinare un rapporto cardine nel concetto di dignità ovvero la relazione libertà-verità.
Il documento associa il valore fondativo dell’orizzonte di senso, finalizzato a comprendere il concetto di dignità, e il suo apporto euristico per le decisioni morali, laddove lo snodo essenziale è dato dalla densità del riconoscimento della dignità della persona stessa e della sua responsabilità per la propria e altrui libertà. Se tale equilibrio si dissolve, il concetto di dignità diviene un assioma senza un pertinente e ragionevole ancoraggio con il quale si ritiene di poter risolvere, senza debite mediazioni, le questioni morali contemporanee.
Porre al centro del confronto con il mondo la tematica della dignità è una straordinaria possibilità/opportunità di scambievole arricchimento; apprezzare e valorizzare fattivamente il cammino che l’umanità ha fatto, e tuttora sta compiendo, nella percezione della dignità di ogni persona e dei suoi inalienabili diritti, è una condizione indispensabile per la Chiesa.
La posta in gioco è altissima. Si tratta della dignità di ogni persona. Ciò rende, quindi, più che doveroso approfondire, con la dovuta competenza, le questioni e dar vita ad un esercizio resiliente di pazienza argomentativa nel trattare i “nostri” – di tutti noi – attuali problemi morali.

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