Gigliola Alfaro
Un incontro segnato dalla fraternità, dalla numerosa partecipazione e da un “vero senso di Chiesa”: queste le caratteristiche del quinto convegno nazionale dei cappellani e degli operatori della pastorale penitenziaria che è stato promosso ad Assisi, dal 24 al 27 aprile, dall’Ispettorato generale dei cappellani nelle carceri italiane, sul tema “‘Lo vide e ne ebbe compassione. (Lc 10,33). Dall’indifferenza alla cura”. A trarre un bilancio dell’appuntamento è don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani nelle carceri italiane.
Don Raffaele, com’è andato il convegno ad Assisi?
Il V convegno pastorale di Assisi è andato molto bene con una ricca partecipazione di cappellani, volontari, religiosi e religiose e questo ha permesso di vivere questo convegno come una “grande realtà nostra”. Ringraziandomi, il card. Matteo Zuppi, che è intervenuto ad Assisi, mi ha detto: “Ho toccato con mano un vero senso di Chiesa”. Ci fa piacere sentire queste parole, che rispecchiano effettivamente quanto abbiamo vissuto nei giorni del convegno.Il “senso di Chiesa” che ha citato il card. Zuppi nasce dal fatto che il presidente dei vescovi italiani ha potuto vedere come siamo uniti. Ed effettivamente è stato bello perché si è creato un clima di grande fraternità.Vogliamo anche ringraziare la Cei perché attraverso il messaggio audiovisivo del segretario generale, mons. Giuseppe Baturi, e la presenza del presidente, card. Zuppi, l’assemblea è stata accompagnata dai pastori della Chiesa italiana, noi abbiamo bisogno del loro sostegno per le attività che facciamo.
Qual è stato l’obiettivo del convegno?
L’obiettivo del nostro convegno, in generale, è stato richiamare la comunità, non solo cristiana ma anche civile, ad avere compassione, ma non fermarsi neppure solo a questo, cercando di passare dall’indifferenza alla cura.
Durante il convegno ci siamo posti la domanda di come passare dall’indifferenza alla cura. A conclusione dei lavori ho rivolto degli appelli, soprattutto dicendo che se realmente vogliamo far passare la comunità dall’indifferenza alla cura dobbiamo impegnarci anche noi.Ho lanciato, perciò, la provocazione di promuovere percorsi per nuovi volontari perché questo ci aiuta a rigenerare il volontariato che è all’interno dei nostri istituti penitenziari;infatti, molti sono anziani, fanno anche bene il loro lavoro però rischiamo che se non c’è questo innesto di nuova linfa tra diversi anni avremo poca presenza di volontari all’interno degli istituti. E coinvolgere nuovi volontari è anche un modo per curare l’indifferenza.
Quali sono i temi che avete affrontato durante l’incontro?
Il convegno ha toccato tre tematiche: il Giubileo nelle carceri, la giustizia riparativa, le cappellanie e gli uffici diocesani di pastorale carceraria, con la presenza di figure autorevoli, come mons. Rino Fisichella e Antonio Sangermano, capo Dipartimento Giustizia minorile e comunità. Abbiamo anche ricevuto il messaggio del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha riconosciuto il nostro importante lavoro negli istituti penitenziari. Formando tre gruppi di lavoro sui tre temi, ogni gruppo ha proposto delle iniziative rispetto al Giubileo, alla giustizia riparativa, alle cappellanie e agli uffici di pastorale carceraria. Anche nei nostri istituti siamo chiamati a vivere il Giubileo, soprattutto il 14 dicembre 2025 quando si celebrerà, secondo il calendario, il Giubileo dei detenuti. Non tutti i detenuti potranno partecipare, quindipastori e sacerdoti sono chiamati ad andare nelle carceri per celebrare in quella giornata il Giubileo dei detenuti e cercare di fare vivere nelle carceri il Giubileo, per raggiungere il maggior numero di ristretti possibile.Quando ci sarà la Giubileo delle famiglie, dal 30 maggio al 1° giugno 2025, potrà essere una bella occasione celebrare il Giubileo delle famiglie anche con i detenuti all’interno delle carceri. Oppure quando sarà il Giubileo dei giovani, dal 28 luglio al 3 agosto 2025, noi cercheremo di realizzare quella giornata con i giovani all’interno dei nostri istituti minorili ma anche nelle carceri dove ci sono giovani adulti ristretti.
È emerso qualcosa rispetto alle cappellanie e agli uffici di pastorale carceraria nelle diocesi?
Sul fronte delle cappellanie siamo tutti d’accordo che è necessario organizzare in modo più strutturato nelle carceri le cappellanie che già in qualche forma esistono. In ogni diocesi dove c’è un carcere il vescovo dovrebbe emanare un decreto per la costituzione della cappellania, di cui il cappellano dovrebbe essere il moderatore, con il supporto di tutte le altre figure che lavorano all’interno dei nostri istituti penitenziari. Le cappellanie devono avere la funzione di sostenere i cappellani, che tante volte vivono il loro servizio da soli, con fatica. Per promuovere gli uffici di pastorale carceraria all’interno delle diocesi ci darà un grande aiuto la Conferenza episcopale. Da parte dell’Ispettorato siamo disponibili ad aiutare le diocesi a istituire questi uffici, che sono importanti perché con l’ufficio di pastorale carceraria le diocesi si sentono ancora maggiormente coinvolte nell’annuncio del Vangelo in luoghi di sofferenza come il carcere.L’ufficio di pastorale carceraria dovrebbe essere integrato nella pastorale diocesana, non dovrebbe essere un’azione pastorale a parte, di modo che il cappellano non si senta solo un delegato ma parte di una comunità che a nome del vescovo entra nel carcere per esercitare un servizio.
Durante il convegno avete parlato delle violenze ai danni di ragazzi nel carcere Beccaria di Milano?
Con Sangermano abbiamo discusso di quanto accaduto e in generale della violenza all’interno dei nostri istituti penitenziari, anche se non vogliamo mai generalizzare perché ci sono tante forze che negli istituti penitenziari lavorano con professionalità. Anche tra la Polizia penitenziaria ci può essere qualcuno che esercita il suo servizio con prepotenza.
Noi abbiamo chiesto che la Polizia penitenziaria sia aiutata, educata, formata
perché negli istituti penitenziarie ci sono anche poliziotti o figure professionali che non sono pienamente formate per affrontare problematiche che toccano soprattutto i giovani. In questi istituti c’è bisogno di persone formate per questo tipo di servizio, altrimenti si rischia, com’è successo al Beccaria e in qualche altro istituto, di esercitare una forma di potere e non di servizio.
Vi siete dati appuntamento all’anno prossimo?
Sì, abbiamo annunciato che il sesto convegno di pastorale penitenziaria si terrà sempre ad Assisi dal 29 aprile al 2 maggio 2025.
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