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Funerali di Suor Maria Patrizia Di Valerio, don Lanfranco: “Avevi capito che l’amore reale è un sentiero breve per arrivare fino a Dio”

DIOCESI – Si sono svolti ieri, 5 maggio 2024, alle ore 15:00, presso l’Istituto delle Suore Concezioniste in San Benedetto del Tronto, i funerali di Suor Maria Patrizia Di Valerio, appartenente alla Congregazione delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione. La Santa Messa, presieduta da don Lanfranco Iachetti, è stata concelebrata, oltre che dai numerosi fedeli presenti, anche da alcuni sacerdoti e diaconi che svolgono il loro servizio pastorale nelle parrocchie in cui la defunta ha trascorso momenti significativi della sua vita: don Massimiliano Scavone della Diocesi di Potenza; Solomon Ushie Omv, viceparroco della parrocchia San Berardo di Teramo; don Roberto Grifaci e don Raffaele Di Giacinto, rispettivamente parroco e vicario parrocchiale della parrocchia San Silvestro Papa di Cermignano; il diacono Domenico Maria Feliciani. Tra i presenti c’erano il fratello Roberto, le sorelle Rosa e Lucia, i parenti e  molti fedeli  provenienti da Colonnella, ultima comunità nella quale Suor Patrizia ha donato il suo servizio.

All’inizio della celebrazione, la Madre Generale del Convento, Suor Clelia, ha ricordato i momenti salienti della vita di Suor Patrizia. Abruzzese, nata a Cermignano, in provincia di Teramo,  Suor Patrizia è entrata nella Congregazione all’età di 17 anni, iniziando gli anni della formazione nella Casa del Noviziato a Roma, emettendo la prima professione nel 1953 e confermando i voti perpetui nel 1956. Dopo aver conseguito il diploma di insegnante di Scuola dell’Infanzia, Suor Patrizia ha  intrapreso la via dell’insegnamento per diversi anni presso la Scuola della comunità di Roma, poi è stata trasferita in provincia di Varese,  prima nella comunità di Taino e poi a Comabbio. Nei Comuni del Varesotto è stata impegnata anche nell’insegnamento della religione presso le Scuole Elementari. Nel 1995 le è stato affidato l’incarico di aprire una comunità al Lagopesole, in provincia di Potenza, dove è vissuta come Madre Superiore fino al 2018.  Suor Patrizia è stata poi due anni nella comunità di Centobuchi e dal 2020 è stata trasferita nella comunità di Colonnella.

“Purtroppo negli ultimi mesi le sue condizioni di salute – ha detto la Superiora Suor Clelia – non le hanno consentito di continuare il suo servizio. Perciò è stata accompagnata nella comunità per le Suore inferme a San Benedetto del Tronto, dove ha continuato ad essere per tutti un esempio di serenità e di spirito di fede, sentimenti con cui ha affrontato la sua ultima e dolorosa malattia, accettando con gratitudine ogni servizio che le veniva restato dalle Consorelle, per le quali ha continuato a nutrire un grande e sincero affetto”.

Parole altrettanto commoventi e di gratitudine sono state quelle dette da don Lanfranco Iachetti durante l’omelia: “‘C’è un tempo del melo accidioso che neanche un frutto ti porge; e un tempo di mandorlo in fiore, profezia di letizia al tuo cuore. Il tempo dell’amore non ha tempi’. Così scriveva Suor Maria Pia Giudici, una grande mistica di Dio. E Gesù rincara la dose: ‘Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore’. Cara Suor Patrizia, queste parole dicono di te e nello stesso tempo ti raccontano. Raccontano il percorso e la geografia della tua anima, prima che delle tue orme nelle regioni che hai abitato come donna e come donna consacrata, compresa la mulattiera del Calvario. Cosa ci chiede oggi, Dio? Cosa chiede ai suoi e a te, prima di andar via? Ti chiede quello che hai saputo già fare in maniera egregia, silenziosa e profonda: rimanere nel suo amore da innamorata e non da serva. È tutto qui. È tutta qui la profezia di questo tempo sinodale. È tutta qui la profezia della nostra umanità di oggi: essere innamorati. L’innamoramento è un gesto rivoluzionario, crea stupore prima di avvicinarsi. Così è stata la tua vita e la tua vocazione di concezionista. Sto parlando di innamoramento, sì, perché con Gesù si è per sempre, solo se si diventa tutti i giorni innamorati. Scriveva Santa Camilla Battista da Varano: “I virtuosi camminano, i sapienti corrono, gli innamorati volano sulla via di Dio.
Se puoi correre non camminare, se puoi volare non correre… perché il tempo è breve’. Cara Suor Patrizia, così ha corso il tuo sì, stavo per dire così è volato. Non te ne sei nemmeno accorta. Sei partita da innamorata. Sei partita dalla tua famiglia, così unita, così bella, con una fede non in tasca, ma depositata nella parte più intima, nel cuore, da vera abruzzese, forte e gentile. Sei partita da casa tua innamorata, sì, e hai fatto innamorare non solo i bambini e i giovani, ma anche gli adulti che hai incontrato nelle diverse parrocchie, dove ti sei data da innamorata. Ti sono venuti dietro perché hanno scoperto in te che Gesù voleva loro bene. Non è il tuo bene. Se seminiamo il nostro bene, che cosa avremo mai? Se seminiamo il bene di Dio, lo conserviamo. ‘Rimanete nel mio amore’. Non nel vostro. Sì, sei partita da innamorata e sei andata fino al secondo piano di questa grande casa con le Suore anziane, ma sagge. Sagge perché sono rimaste, non perché erano di inciampo nelle altre case con le Suore più giovani. E sei partita da questo secondo piano di casa, sì, perché volevi essere in linea con il tuo innamorato. Il tuo innamorato, prima di andare via, prima di lasciare in consegna il suo nome, ha preparato nella seconda stanza del piano superiore una grande festa di Pasqua. E sei partita da innamorata. A imitazione, con te c’era Maria, la mamma. È lei che ha colmato il tuo sì fin sotto la croce. E tu c’eri. ‘Rimanete nel mio amore’, perché l’amore, quando lo trovi, lo senti che non è solo un’emozione, uno stato d’animo. Quand’è che noi diciamo che una persona è innamorata? Quando vediamo che è protesa, quasi a spiccare il volo. L’amore non è uno stato d’animo, ma diventa un luogo, un posto dove stare e dove abitare. L’amore vuole sempre una casa, vuole sempre un’intimità. Cara Suor Patrizia, la tua fede è stata reale. Avevi capito che l’amore reale, quando tocca, quando si lascia toccare, sì, è una scorciatoia divina, un sentiero breve per arrivare fino a Dio. E lo hai sentito. Fino a ieri mattina. Ti ho visto sempre pronta a dire il tuo sì, accompagnato con l’ossigeno in questi mesi, pronta sempre a far toccare la tua fede bella, respirata all’interno di una bella famiglia. Una bella testimonianza anche per noi preti. Quado sulla terra incontri una famiglia unita, quando parli la stessa lingua, quando tra innamorati ci si capisce: questo dovrebbe essere la Chiesa”.

Don Iachetti ha poi concluso, ricordando la grande creatività di Suor Maria Patrizia nel realizzare le natività: “Quante ne hai fatte! Ogni anno vedevo sotto l’altare di questa cappella delle Suore una natività diversa. Quando venivo a dire la Santa Messa a Natale, non vedevo l’ora di vedere cosa avevi realizzato! Avevi le mani d’oro. Stavo per dire: avevi le mani di Dio. Spero di non sbagliare. E hai cominciato da lì a far vedere l’umanità di Gesù, con il Natale. Grazie, Suo Patrizia, a nome di questi preti che sono venuti qui a dirti grazie. Grazie per la tua umanità. Grazie della tua umiltà. Grazie del tuo silenzio. Il silenzio diventa parola: quanto è vero! Grazie, Suor Patrizia, perché hai fatto una vita che è di Dio, con la tenerezza di una donna innamorata. Grazie per la tua allegria, intonata al venerabile Francesco Antonio Marcucci. ‘State allegre, Sorelle’: così amava ripetervi. Grazie per come hai amato le Suore di questo secondo piano e tutte le Suore che hai incontrato e per come loro ti hanno riamata“.

Le spoglie di Suor Maria Patrizia Di Valerio – come ha detto la Superiora Suor Clelia – “riposeranno in una delle nostre Cappelle, mentre siamo certi che lei dal Cielo continuerà a pregare per la sua famiglia, per la nostra Congregazione e per tutte le numerose persone a cui si è donata nel lunghi anni della sua vita consacrata, dove l’obbedienza l’ha voluta. Riposa in pace, carissima Sorella,  godi la gioia dell’incontro con il tuo Sposo Gesù che è desideroso di affidarti il premio per la fedeltà con cui ti sei donata fino ai momenti dolorosi della tua infermità”