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Vescovo Bresciani ai Neocatecumeni: “Andate nella verità e nella carità, siate testimoni verso gli altri”

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si è svolto Martedì 7 Maggio, alle ore 19:00, presso il katecumenio adiacente al convento dei Frati Minori Conventuali della parrocchia Sant’Antonio di Padova in San Benedetto del Tronto, il Rito della “Traditio Symboli” della locale Comunità di cammino neocatecumenale. Presenti il vescovo Mons. Carlo Bresciani, il parroco padre Massimo Massimi, il presbitero che accompagna tutte e cinque le Comunità Neocatecumenali della parrocchia nel loro cammino,  don Tommaso Capriotti, la Prima e la Terza Comunità Neocatecumenali, il responsabile di tutte le Comunità Stefano De Angelis, insieme alla moglie Cristina e ai catechisti Valeria e Raimondo.

Questo rito esiste fin dai tempi antichi e prevedeva la “consegna del Credo” ai catecumeni che si impegnavano a renderlo concretamente presente nella propria vita. Ecco perché il primo momento della veglia ha celebrato la consegna del patrimonio prezioso della fede ai neocatecumeni e ai giovani da parte della Chiesa: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi» (1 Gv 1,3).

“Il Credo – ha detto il prof. De Angelis – è un tesoro prezioso che i catecumeni ricevevano non all’inizio della loro conversione, ma solo successivamente, quando venivano ritenuti pronti. La Chiesa, attraverso i vostri catechisti, ritiene che voi siate pronti per rivivere questa tappa del vostro Battesimo. Con questo gesto la Chiesa, rappresentata dal vescovo, dai sacerdoti, dai catechisti e dall’intera comunità da cui siete germogliati, vi vuole consegnare non solo i fondamenti della fede, ma anche la missione di essere profeti, come è stato Cristo. Andate dunque ad annunciare l’amore di Dio: molti credono che il Signore ami solo i giusti; invece no, Egli ama tutti. Annunciate dunque questa profezia”.

Nella seconda parte del rito, i Neocatecumeni della Terza Comunità, che hanno appena terminato il tempo di preparazione, hanno chiesto alla Chiesa di poter essere inviati nelle case per annunciare il Vangelo. Alla richiesta è seguito un breve dialogo con il vescovo Bresciani, il quale ha accolto la disponibilità di chi è disposto ad essere inviato dalla Chiesa a predicare il Vangelo.

Nella terza ed ultima parte del rito, i Neocatecumeni hanno compiuto un ultimo gesto significativo: hanno fatto una preghiera per respingere il male. “Si tratta di un esorcismo deprecatorio – ha detto il responsabile De Angelis -, ovvero una richiesta di aiuto, affinché le vostre scelte, la vostra libertà siano tenute al riparo dalle seduzioni del male”.

Queste le parole del vescovo Bresciani, dopo le letture effettuate: “Mi pare siano due gli aspetti fondamentali di quello che stiamo vivendo e che hanno a che fare con il nostro essere cristiani.
Il primo è che non ci inventiamo nulla. È Dio che è venuto a noi attraverso Gesù Cristo e quello che noi abbiamo tra le mani – come diceva San Paolo – è ciò che abbiamo ricevuto. Noi siamo convinti che questo non sia opera di uomo, ma sia opera di Dio. È questo il fondamento solido della fede: è questo il Credo. Noi abbiamo un lascito che ci è stato dato in deposito, perciò non disponiamo di qualcosa che possiamo alterare, dobbiamo preservarlo. È un tratto fondamentale della fede: non ci inventiamo un Dio, non ci inventiamo un Gesù Cristo, ma lo accogliamo come un dono del Padre.
L’altro aspetto, che spesso viene sottolineato da Papa Francesco, è la dimensione missionaria dell’essere cristiano: il lascito che ci viene trasmesso, infatti, ci è dato non come possesso da custodire gelosamente, egoisticamente per noi stessi, ma come ricchezza da condividere, come ha fatto Gesù che è venuto per condividere. Questa è esattamente la trasmissione della fede.

Mons. Bresciani ha poi proseguito il suo intervento, dando alcune indicazioni di stile, ispirate naturalmente alla Parola: “Come trasmettiamo la nostra fede? In un mondo che è troppo pieno di parole vuote, non si tratta di aggiungere parole a parole. Anche perché le parole da sole, per quanto vere, rischiano di essere confuse e di divenire chiacchiere. Su cosa contiamo allora? Contiamo sulla vita. San Paolo, scrivendo ai Romani, dice: ‘La Parola sulla tua bocca e nel tuo cuore’. Perché, se non è nel cuore, siamo cembali squillanti. Noi portiamo ciò che abbiamo nel cuore, quindi la nostra vita. La prima missionarietà dunque è quello che viviamo. Noi siamo preoccupati di finire sui social o sulle televisioni perché non sappiamo se veniamo bene o male; invece dovremmo preoccuparci di cosa portiamo, dovremmo preoccuparci di portare la nostra vita. Perché il Cristianesimo o è vita o è niente. Se non è vita vissuta, non serve a niente. Solo così il Cristianesimo è credibile. Certo non abbiamo paura a parlarne, ma non limitiamoci a quello. Mosè è l’esempio di come non sia importante il parlar bene, ma la sapienza delle parole anche semplici.
Voglio poi soffermarmi su un altro aspetto. Noi portiamo quello che abbiamo ricevuto, quindi qualcosa che ci viene donato per essere ridonato, qualcosa di cui noi non disponiamo. Però il nostro non è un semplice ripetere. Abbiamo sì un fondamento di tradizione che non possiamo cambiare, ma dobbiamo portarlo dentro la vita di oggi. Quindi non è una ripetizione, ma una continua reinterpretazione, in fedeltà, della Parola, affinché dica quella Verità, affinché La dica oggi. Questo è lo sforzo di noi cristiani e lo facciamo attraverso la vita. È quello che ha fatto San Paolo: ha ricevuto, ma ha incarnato, anche al di fuori del contesto ebraico in cui era stato istruito. Non dimentichiamo che egli è l’apostolo dei pagani. Anche noi, nel paganesimo di oggi, siamo chiamati ad andare, anzi ad esserci, a starci a modo nostro.
Andiamo. Ma andiamo come? In che modo? Andiamo in punta di piedi, andiamo con tutta la delicatezza che Gesù ha usato con quello che viene chiamato il giovane ricco: ‘Se vuoi, vieni e seguimi’. Se vuoi! Non è l’arroganza che noi portiamo. Non è l’arroganza di una verità posseduta, è una convinzione. Se vuoi, ti dico che questa è una vita che merita di essere vissuta personalmente, socialmente, comunitariamente. E ci andiamo, guidati dalla Parola, non dal consenso della gente. Oggi la ricerca del consenso sta svuotando la vita, perché costringe ad essere delle bandieruole che sventolano a destra e a sinistra, a seconda di come tira il vento del momento. Quando si cerca soltanto il consenso, non si cerca più la Verità”.

“Potremmo dire tante altre cose sulle letture di oggi – ha concluso Bresciani -, ma c’è un fondamento che mi pare essenziale: nessuno di noi può pensare di vivere per se stesso. Siamo autentici solo quando cerchiamo di aiutarci gli uni gli altri per camminare nella verità. Una verità che cerchiamo insieme e che cerchiamo di fare la verità insieme. A me piace molto quell’espressione dell’Apostolo: fare la carità nella verità. Prendetela come guida: andate nella verità e nella carità, per essere testimoni verso gli altri, prima con la vita e poi, se necessario, con la parola“.

Dopo il Rito i Neocatecumeni hanno vissuto un momento di convivialità fraterna presso un ristorante sambenedettese.