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Arichivio e biblioteca vaticana: don Mantovani, “il bibliotecario è un operatore di diplomazia culturale”

(Foto Siciliani – Gennari/SIR)

“Se guardiamo alle prospettive della Scuola, all’interno dello scenario socioculturale che è stato prima descritto, emerge anzitutto il fatto che la cura degli studi specialistici in scienze biblioteconomiche è un campo fertile in cui esercitare l’interdisciplinarità forte, esercitandosi ad una “visione d’insieme”. Così don Mauro Mantovani, prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana e direttore della Scuola Vaticana di Biblioteconomia, a attualizzato il compito della Scuola Vaticana di Biblioteconomia, che il 13 maggio prossimo festeggia i 90 anni di vita: il primo corso della Scuola pese avvio infatti il 13 novembre 1934, con la prolusione del futuro cardinale Eugène Tisserant che indicò con questi verbi l’identità e la professionalità del bibliotecario da formare: “aver cura”, “conservare”, “accrescere”, “ordinare”, “mettere in valore”. ”Al paradigma della competenza – ha reso noto il relatore – si associa oggi anche quello della cultura, con una formazione alla flessibilità, alla capacità di adattamento ai diversi contesti di impiego e di genere di biblioteche, al long life learning, al predisporsi per attività che non conosciamo ancora”. “Il bibliotecario di oggi e domani sa dell’importanza della dimensione umanistica e della coltivazione della memoria, a servizio delle future generazioni, è un operatore di diplomazia culturale in un clima di alta qualità relazionale e professionale”, l’identikit tracciato dall’esperto: “La Scuola contribuisce pertanto a farlo crescere in modo non riduttivo ma integrale, nella sua pluridimensionalità; infatti tanto più è grande il patrimonio librario di un’Istituzione, quanto più grande deve essere il “patrimonio umano” di chi in essa vi opera.

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