DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
Tutti con gli occhi all’insù, a guardare il cielo!
Oggi è la solennità dell’Ascensione del Signore e Luca, negli Atti degli Apostoli, scrive così: «…mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi [gli apostoli] stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava…».
Gesù ascende al cielo e noi siamo ancora lì, naso per aria: non poteva restare? Che festa è quella di oggi di fronte ad un Gesù che se ne torna al Padre lasciandoci ripiombare nella fragile dimensione della fede?
L’Ascensione non è la festa dell’abbandono di Gesù ma di un Gesù che resta in mezzo a noi, la festa della presenza eterna di Cristo in mezzo a noi, anche se torna al Padre.
Anzi, proprio perché morto e risorto e, quindi, di ritorno al Padre, Gesù può farsi vicino ad ogni uomo e ad ogni donna senza più limiti di tempo e spazio.
Se Gesù è asceso al Padre, se dimora in Lui, è raggiungibile per sempre da ciascuno di noi qui e ora, comunque e dovunque perché non ha più il tempo che lo limita e lo spazio che lo inghiotte.
L’Ascensione è la festa che inaugura il tempo della Chiesa: il tempo in cui, come discepoli del Signore, siamo chiamati ad essere testimoni, portatori della buona notizia di un Dio che ci ama e continua, ogni giorno e sempre, ad operare, stare in questa storia.
Lo leggiamo nella prima lettura, tratta dal libro degli Atti degli Apostoli. Sono le parole di Gesù stesso: «…riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra».
Lo ribadisce Paolo nella sua lettera agli Efesini: «Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri […] allo scopo di edificare il corpo di Cristo, […] fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo».
Ancora, attraverso la pagina evangelica Gesù ci dice: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura».
Gesù ha terminato il suo cammino fisico sulle strade del mondo, i discepoli sono chiamati ad iniziarlo. Gesù sale in cielo, i discepoli vanno nel mondo. Ma, lo ripetiamo, la partenza di Gesù non è una vera assenza, bensì un’altra modalità di presenza.
Infatti, leggiamo nel Vangelo: «Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». E ancora Marco scrive: «Il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano».
C’è sempre in noi, forza della nostra forza, la forza di Dio, la sua presenza, il suo stare in mezzo a noi, nella vita di ciascuno, sempre.
Come faremo altrimenti a scacciare demoni, a prendere in mano serpenti, a guarire? Il prodigio sta in una piccolissima ma fortissima parola: il Signore opera insieme.
Allora hanno ragione i «due uomini in bianche vesti», lo leggiamo nella prima lettura, quando si affiancano agli apostoli e dicono: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?».
Gesù non è salito in alto, è andato oltre, verso l’intimo delle cose. E le sue mani sono ancora più impigliate nel folto della vita, della nostra vita, della nostra storia.
Teresa
Bellissimo commento all’ ascensione di Cristo …con questo fatto tutta la nostra,mia fragile umanità acquista un valore eterno ! E nulla sarà perso!!! Immensamente grata alle suore clarisse mie amiche!!!