M.Michela Nicolais
“Un momento di preghiera, digiuno e solidarietà per invocare la pace e il conforto per quanti soffrono a causa dei conflitti in corso”. E’ uno dei momenti culminanti della 79ma Assemblea generale della Cei, che si aprirà il 20 maggio in Vaticano (fino al 23 maggio), presso l’Aula del Sinodo, con l’intervento di Papa Francesco a cui seguirà l’incontro riservato con i vescovi. In serata, è in programma una Veglia di preghiera per la pace che verrà trasmessa in diretta da Tv2000: alle 20.30, i presuli si recheranno in processione nella basilica di San Pietro dove, alle 21, si svolgerà la recita del Rosario meditato, presieduta dal card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei. La Veglia del 20 maggio richiama alla memoria un altro momento di preghiera corale per la pace della Chiesa italiana, svoltosi ad Assisi il 15 novembre 2023, quando i vescovi hanno sfilato in processione con le fiaccole accese dalla basilica di Santa Chiara alla basilica di San Francesco – nel cuore della città del “poverello” – per implorare la pace in ogni angolo del mondo. “Il cuore di tutti noi – la preghiera prima della processione – è colmo di dolore per le guerre che lacerano il nostro tempo. Questa sera, unendoci all’anelito di pace che si innalza da tutti gli angoli della terra, ci mettiamo in cammino per sostare in preghiera presso la tomba di san Francesco, uomo di riconciliazione e fraternità. Affidandoci alla sua intercessione, supplichiamo Dio Padre, che in Cristo Gesù ha pacificato il cielo e la terra, di allontanare gli orrori della violenza e di donarci giorni di pace”. Un’invocazione, questa, che evoca la dichiarazione dei vescovi per la pace diffusa all’inizio della terza giornata dell’Assemblea di Assisi, in cui i presuli anno espresso la loro
“preoccupazione per l’escalation di violenza e odio di questi giorni, che sta assumendo proporzioni sempre più tragiche”,
facendo proprio – come ha fatto poi in serata il cardinale presidente dalla basilica di San Francesco – l’appello al cessate il fuoco in Terra Santa rivolto dal Papa durante l’Angelus della domenica precedente, insieme a quello per la liberazione degli ostaggi.
“Insieme al Medio Oriente, il nostro pensiero va anche all’Ucraina, al Sud Sudan e ai tanti altri luoghi segnati da conflitti spesso dimenticati”,
la portata universale della dichiarazione di pace dei vescovi italiani: “non possiamo rassegnarci al silenzio. La costruzione della pace è responsabilità di tutti. Non vogliamo che la cultura dell’odio e del pregiudizio continui a seminare divisione, distruzione e morte”.
“Nella confusione e nell’incertezza della nostra vita il Signore ci chiede di non restare inerti davanti alla violenza, di non di farci mai irretire dalla sua logica, ma di essere con convinzione artigiani di pace”, l’invito del presidente della Cei nella Messa presieduta davanti alla tomba di San Francesco. A “chi ha tra le mani il destino di interi popoli”, Zuppi ha ricordato che “niente è perduto con la pace”.
La guerra, invece, “è una lebbra terribile,
che consuma il corpo delle persone e dei popoli, ne fa perdere l’anima, tanto che non si è più capaci di amare, segnati dall’odio, dalle ferite della violenza”.
“Oggi facciamo nostro il grido di Rachele, di tutte le madri da cui viene un pianto e un lamento grande e non vogliono essere consolate perché ‘i suoi figli non sono più’”, ha assicurato il cardinale: “Sono le lacrime di tutte le Rachele, di intere città e popolazioni, della Terra Santa, dell’Ucraina, di milioni di persone. Sono le nostre lacrime, che diventano preghiera insistente e ispirano azioni e scelte”.
“San Francesco ci ricorda che l’impegno per la pace non è di qualcuno, non c’è mai la pace se il fratello è in guerra”, il monito di Zuppi, secondo il quale “ogni cristiano ha una straordinaria forza di pace. Anche quando la sua parola sembra non generare nulla. La pace e l’amore, il bene, producono sempre pace e bene, quando non lo vediamo. Ed è sempre umile e possibile a tutti”.