Di Pietro Pompei
DIOCESI – Ci succede spesso di affrontare il voto Europeo con sufficienza come se non ci riguardasse e ormai siamo agli sgoccioli e continua la passarella dei leader preoccupati solo del loro prestigio per un futuro certo di comando. Anche la posta rimane silenziosa e di programmi i soliti slogan desueti che sembrano certe pubblicità che invecchiano come certi vini che diventano aceto.
La classe politica sta affrontando questa competizione in una maniera strana non rendendosi conto che stiamo vivendo un momento di grandi pericoli, seppure di grandi opportunità per l’uomo e per il mondo che richiede una grande responsabilità da parte di tutti. Ci siamo procurato un potere che se da un verso ci ha portati ad un notevole progresso dall’altro ci siamo circondati di una forza distruttiva tale da superare tutte quelle che la storia ci ha tramandata. Pensiamo alle armi nucleari e biologiche; pensiamo al terrorismo inafferrabile! Un altro pericolo ci viene dalla possibilità di auto -manipolazione che l’uomo ha acquisito. È preoccupazione di questi giorni la possibilità di “costruire” un uomo in competizione con il biblico e dignitoso essere fatto ad immagine di Dio, anche se dotato solo di capacità umane. Scriveva Ratzinger, allora cardinale, che allo sviluppo della scienza non è seguita la crescita della forza morale, anzi, piuttosto è diminuita: “Perché la mentalità tecnica confina la morale nell’ambito soggettivo”. È vero, oggi abbiamo un moralismo di facciata che usa le parole chiavi quali giustizia, pace, conservazione del creato; esse gironzolano nell’ambito politico-partitico. Molti restano abbagliati da un pacifismo che nelle dimostrazioni di piazza si trasforma in anarchismo distruttivo.
In una situazione di questo genere il cristiano rimane disorientato in un’Europa che fu considerata il continente cristiano, ma che poi è stata il punto di partenza di quella nuova razionalità scientifica: “ Che- come scriveva il Cardinale – ci ha regalato grandi possibilità e altrettanto grandi minacce”. Ed aggiungeva: “Proprio in Europa il cristianesimo ha ricevuto la sua impronta culturale e intellettuale storicamente più efficace e resta pertanto intrecciato in modo speciale ad Essa”. Tuttavia va ricordato che fin dal Rinascimento, e in forma più compiuta dai tempi dell’Illuminismo, ha sviluppato proprio quella razionalità scientifica che esclude Dio dalla coscienza pubblica, perché irrilevante. Tornando a Ratzinger aggiungiamo: “Questa razionalità puramente funzionale, per così dire, ha comportato uno sconvolgimento della coscienza morale altrettanto nuovo per le culture finora esistenti”.
Nel dibattito sul preambolo della Costituzione europea sono apparsi evidenti due punti controversi: la questione del riferimento a Dio e quella della menzione delle radici cristiane dell’Europa. Le motivazioni per questo duplice No sono più profonde di quelle che sono state addotte e che vogliono farci credere. È che soltanto la cultura illuministica radicale deve risultare costitutiva per l’identità europea. In fondo si tratta di una confusa ideologia della libertà che sta conducendo ad un dogmatismo che si sta rivelando sempre più ostile alla libertà. Il concetto di discriminazione viene sempre più allargato e può trasformarsi sempre più in una limitazione di opinione e della libertà religiosa. Il diritto all’aborto posto nella Costituzione francese e vagheggiato dal Parlamento Europeo, è un esempio di come potrebbe essere amministrata la libertà nel parlamento che uscirà dalla prossima votazione..
La vera contrapposizione che caratterizza il mondo di oggi non è quella tra diverse culture religiose, ma quella tra la radicale emancipazione dell’uomo da Dio, dalle radici della vita, da una parte, e le grandi culture religiose dall’altra. Se si arriverà ad uno scontro delle culture non sarà per lo scontro delle grandi religioni, ma sarà per lo scontro tra questa radicale emancipazione dell’uomo e le grandi culture storiche. Così anche il rifiuto del riferimento a Dio non è espressione di una tolleranza che vuole proteggere le religioni non teistiche e la dignità degli atei e degli agnostici, ma piuttosto espressione di una coscienza che vorrebbe vedere Dio cancellato definitivamente dalla vita pubblica dell’umanità e accantonato nell’ambito soggettivo di residue culture del passato. Il relativismo che costituisce il punto di partenza di tutto questo, diventa così un dogmatismo che si crede in possesso della definitiva conoscenza della ragione ed in diritto di considerare tutto il resto soltanto come uno stadio dell’umanità in fondo superato e che può essere adeguatamente relativizzato. In realtà ciò significa che abbiamo bisogno di radici per sopravvivere e non dobbiamo perdere Dio di vista, se vogliamo che la dignità umana non sparisca (Ratzinger).
Nella scelta che andiamo a fare l’8-9-giugno prossimo, ricordiamoci che abbiamo bisogno in questo momento storico di uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano credibile Dio in questo mondo. Purtroppo la testimonianza negativa di alcuni cristiani in passato che parlavano di Dio e vivevano contro di Lui, ha oscurato l’immagine di Dio e ha aperto la porta all’incredulità. Scriveva ancora il Cardinale Joseph : “Abbiamo bisogno di uomini che tengono lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini”.
È tempo di fare chiarezza. Di scegliere da che parte si sta. Lo devono rendere noto gli stessi partiti, i loro leader nazionali, i Capi di stato e di governo. È giusto che i cittadini sappiano le posizioni in campo e la posta in gioco. Bisogna evitare che questa campagna elettorale faccia vedere che i cattolici sono poco interessati ai problemi contingenti che assillano la nostra quotidianità. Noi abbiamo una “dottrina sociale” che è partita da una situazione di crisi e che quindi, senza ideologismi, è preoccupata a che nel mondo si operi secondo giustizia. Va tuttavia ricordato che l’impegno nel mondo, se è una necessità della fede, non esaurisce la fede. È necessaria grande oculatezza per evitare di cadere nell’ambiguità interpretativa del fenomeno della secolarizzazione, scivolando nel secolarismo.
Una volta, quando nelle votazioni, c’era il rischio della libertà, nelle nostre chiese si pregava, Oggi una proposta di questo genere potrebbe apparire puerile. Eppure il cattolico sa quanto importante, anche oggi, è la nostra scelta per il nostro futuro e quanto altrettanto importante è la preghiera nelle nostre scelte.
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