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Dopo la vittoria Claudia Sheinbaum in Messico la Chiesa chiede un’agenda di pace

(Foto ANSA/SIR)

Bruno Desidera

Maggioranza qualificata: ad alcuni giorni dalla vittoria di Claudia Sheinbaum alle elezioni presidenziali del Messico, netta nei numeri e di grande impatto internazionale, ma al tempo stesso annunciata con precisione, per una volta, millimetrica dai sondaggi, è questa la domanda che aleggia nella politica messicana. Che è, poi, la stessa, che i più attenti osservatori si facevano una settimana fa, prima di un voto che già appariva scontato. Sheinbaum, con la sua coalizione imperniata sul partito progressista Morena avrà i numeri, in Parlamento, per riformare la Costituzione, portando a termine quello che per il suo popolarissimo predecessore, Andrés Manuel López Obrador, detto Amlo, era solo un sogno? I numeri “ballano” ancora, la maggioranza sembra alla portata alla Camera, più difficile, anche se di pochissimo, al Senato. Bisognerà attendere il conteggio definitivo e la proclamazione degli eletti. Per il momento, la nuova presidente si gode il trionfo, appunto ampiamente annunciato, ma non per questo meno dirompente. In Messico si è materializzato un risultato che nell’attuale crisi della democrazia rappresentativa è quasi un unicum: gli elettori, per una volta, non hanno punito le forze di Governo, che, anzi, hanno avuto una conferma plebiscitaria, con numeri più altisonanti rispetto a sei anni fa, sfiorando il 60% dei consensi e staccando di oltre trenta punti l’attuale opposizione, che peraltro si presentava in gran parte unita (e imperniata su Pan e Pri, un tempo acerrimi rivali), attorno a Xóchitl Gálvez. I candidati di Morena di sono anche imposti in sei Stati su otto, nelle elezioni per il governatore.

Il vento populista. Rodolfo Soriano-Núñez, sociologo e scrittore, spiega al Sir: “L’anomalia, in realtà, è solo apparente, dato che queste elezioni, per molti aspetti atipiche, hanno in ogni caso confermato il vento populista che si respira in tutto il Continente. Il presidente uscente López Obrador è stato molto abile nel cavalcare questa tendenza. Il pacchetto di riforme approvato in febbraio ha attinto all’armamentario del ‘buon populista’, a cominciare dalla diminuzione del numero dei parlamentari. L’attuale maggioranza punta al voto di coloro che non hanno fiducia nella politica. Per esempio, nelle politiche per la sicurezza, ha spinto la popolazione ad avere fiducia cieca nelle forze armate e nelle politiche di militarizzazione. Ma i sei anni di Governo di Amlo hanno avuto 70 mila morti in più del periodo nero del presidente Felipe Calderón”. Per questo, la grande domanda è “se Claudia Sheinbaum avrà la maggioranza per mettere in atto una serie di riforme istituzionali”. Prospettiva che desta alcune preoccupazioni, proprio per questo approccio populista, vera cifra di una maggioranza che viene convenzionalmente definita progressista, ma che, in realtà, è piuttosto anomala ed eterogenea. Certo, la nuova presidente si presenta in modo diverso rispetto al suo predecessore, spesso rozzo e volgare, “ma la nuova presidente deve molto a López Obrador, finora ha guidato Città del Messico, non conosce il resto del Paese”.

Il “patrimonio” di un’enorme popolarità. Insomma, è singolare che di fronte alla novità della prima donna presidente del Messico in duecento anni, il fulcro della politica del Paese sia l’ex presidente, come spiega Javier Santiago Castillo, politologo, docente all’Università autonoma metropolitana Unidad-Iztapalapa, già consigliere dell’Istituto nazionale elettorale, che però non esclude sorprese. “Un fatto è certo. Amlo gode di una popolarità enorme, inferiore solo a quella del generale Lázaro Cárdenas, presidente negli anni Trenta del secolo scorso. Si può essere d’accordo o meno con lui, ma nei ceti popolari ha ricostruito l’immaginario della rivoluzione messicana. Ha attuato alcune politiche assistenzialiste, attente alle classi sociali più bassi, mescolate a elementi di nazionalismo”. Ora, il testimone passa a Sheinbaum. Sarà solo un’esecutrice degli ordini del predecessore? Il politologo è prudente: “Questa è la vera incognita. Chi studia i processi politici, sa che di solito chi sta seduto sulla poltrona comanda. Gli esempi sono molti. Al tempo stesso, però, Amlo ha una grande popolarità nel Paese, e la presidente non potrà non tenerne conto”. L’attesa è quella di una forte continuità, almeno all’inizio, su sicurezza, economia, infrastrutture, e di una maggiore attenzione su welfare e transizione ecologica. Curiosità anche per le scelte geopolitiche, data la vicinanza geografica del Messico agli Stati Uniti e il suo ruolo chiave nelle rotte migratorie e del narcotraffico.

La Chiesa e l’agenda di pace. Altro tema chiave sarà il rapporto con la Chiesa, in un Paese istituzionalmente “laico”, ma con una grande maggioranza di fedeli cattolici. López Obrador ha avuto incontri con i vescovi, ma anche alcune polemiche molto “dirette”: “È stato astuto – aggiunge Soriano-Núñez – perché ha fatto in modo che la liberalizzazione dell’aborto avvenisse per sentenza giudiziaria della Corte Suprema. In tal modo, non ha messo in crisi la sua variegata maggioranza. Inoltre, ha sempre speso parole di ammirazione per Papa Francesco”. Sheinbaum, di famiglia ebrea, viene da una storia di “battaglie laiche” e femministe, ma ha firmato l’agenda per la pace elaborata dalla Chiesa messicana. Proprio su questa priorità si è incentrata la nota della Conferenza episcopale messicana, Cem, dopo le elezioni. “Desideriamo congratularci con lei per la sua vittoria elettorale hanno scritto i vescovi rivolgendosi direttamente alla nuova presidente -. La maggioranza di coloro che hanno esercitato il diritto di voto domenica ha espresso la propria fiducia in lei per rendere il Messico un Paese vivibile, attraverso un lavoro serio e coordinato per la sicurezza, la giustizia e il tessuto sociale. La responsabilità è immensa, ma lo è anche l’opportunità di costruire insieme ai diversi settori del Paese”.
I vescovi ricordano che durante il processo elettorale del 2024, “il Dialogo nazionale per la Pace ha unito il Messico in uno sforzo monumentale per promuovere la pace in tutto il Paese. Tutte le candidature alla Presidenza del Messico, tutte le candidature ai governatorati e 641 candidature alle presidenze municipali, insieme ad altri candidati a cariche elettive, hanno sottoscritto un impegno storico”. In 199 comuni di 28 Stati, si sono svolti eventi per la firma dell’impegno per la pace, che hanno riunito più di 28 mila persone. “Convocato e promosso da Chiese, organizzazioni della società civile, università, imprese e collettivi di vittime, l’impegno per la pace che avete sottoscritto non si esaurisce con le firme. Questo è solo l’inizio di uno sforzo continuo, impegnativo e corresponsabile per costruire un Messico più sicuro e più giusto per tutti”, concludono i vescovi, che manifestano disponibilità al dialogo e a incontrare la presidente eletta nelle prossime settimane.

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