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Ecumenismo: mons. Olivero (Cei), “in una società plurare non possiamo stare divisi, pena il rischio di essere messi da parte”

“Il prossimo passo è guardare con sguardo critico a che punto siamo arrivati nel cammino dell’ecumenismo”.

Lo ha detto mons. Derio Olivero, vescovo di Pinerolo e presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana (Cei), a margine del confronto, promosso dalla stessa Commissione, ieri a Roma, fra le Chiese cristiane in Italia.

“Questa mattina, per esempio, è stata rilevata la mancata presenza dei laici e consapevolezza del nostro modo di stare dentro la società. In una società plurale – spiega – non possiamo stare divisi, pena il rischio di essere messi da parte e di non essere al servizio della società”. Questo processo di apertura fa bene anche alla Chiesa cattolica, secondo il presule: “Stiamo diventando – dice – anche noi una Chiesa di minoranza. Siamo in un’epoca, oltreché in un tempo di Sinodo, in cui ci dobbiamo chiedere quale forma debba assumere la Chiesa cattolica per il domani. Questo passaggio si può fare in tanti modi, ma uno dei primi è imparando dalle altre Chiese che è uno dei modi per riscoprire la nostra identità per il domani”. Dalle altre Chiese si può quindi imparare: “Hanno delle ricchezze – sottolinea – che noi abbiamo perso. Il loro modo di vivere il cristianesimo ci provoca al fine di recuperare alcuni aspetti e probabilmente a posizionarci in modo diverso nella società. Soprattutto, non crederci più quelli che hanno il monopolio del cristianesimo ci renderebbe sicuramente più dialoganti, forse anche con la società e la cultura”. “La grande cosa – conclude – che dobbiamo apprendere è questa: imparare ad imparare. Lì dentro passa l’annuncio, non semplicemente dicendo il cristianesimo, ma accogliendo l’altro, accogliendo la certezza che nell’altro agisce Gesù Cristo, prima di arrivarci noi stessi”.