“Se c’è un luogo, un contesto che oggi può manifestare – anzi, sta manifestando – una modalità nuova di esercitare il primato, questo è proprio il processo sinodale”.
Ne è convinto il card. Mario Grech, segretario della Segreteria generale del Sinodo, intervenuto alla presentazione – in sala stampa vaticana – del documento “Il vescovo di Roma. Primato e sinodalità nei dialoghi ecumenici e nelle risposte
all’enciclica ‘Ut unum sint’”. “Non possiamo parlare di primato e collegialità senza ricollegarli alla sinodalità”, ha affermato Grech sulla scorta della “rivoluzione copernicana” determinata dal Concilio Vaticano II con l’inserimento del capitolo sul popolo di Dio nella costituzione sulla Chiesa. “Il processo sinodale si fonda sulle relazioni tra popolo di Dio, collegio dei vescovi e vescovo di Roma, e ricompone in una circolarità armonica sinodalità, collegialità, primato”, ha fatto notare il cardinale. “La Chiesa antica, che era indubbiamente una Chiesa sinodale, non aveva maturato un consenso pieno intorno al primato”, il riferimento al Concilio di Nicea, convocato dall’imperatore Costantino: “La definizione del primato, riletta in chiave sinodale, permette alla Chiesa di superare quel vulnus. Il concilio Vaticano II lo ha messo bene in evidenza, quando ha affermato che è prerogativa del Romano Pontefice convocare questi concili, presiederli e confermarli”. Secondo Grech, “sarebbe un errore misurare l’importanza del ministero petrino dalla concentrazione nelle sue mani di ogni decisione. Posso testimoniare che Papa Francesco ci ha sempre animati a continuare nel nostro servizio per la Chiesa. Il processo sinodale non ha mancato di sottolineare questa forma di esercitare il ministero petrino”.
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