SAN BENDETTO DEL TRONTO – Proprio nella settimana in cui Papa Francesco ha partecipato al G7 in Puglia, intervenendo durante la sessione del vertice dedicata all’intelligenza artificiale, la Scuola di Formazione Teologica, della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, ha organizzato lo scorso Venerdì 14 Giugno, alle ore 19:15, presso la Cattedrale Santa Maria della Marina in San Benedetto del Tronto, un incontro dal titolo “Fede e Scienza: quale rapporto? – La testimonianza del venerabile Enrico Medi a 50 anni dalla sua morte”. Presenti, oltre a molti docenti della Scuola, anche alcuni sacerdoti della Diocesi.
Il relatore, don Davide Barazzoni, docente di Teologia Spirituale presso l’Istituto Teologico Marchigiano di Ancona, ha illustrato la figura di Medi, fisico e docente marchigiano, che è stato direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica, membro dell’Assemblea Costituente, deputato della prima legislatura della Repubblica Italiana nel 1948 e vicepresidente dell’Euratom (la Comunità europea dell’energia atomica), contesto in cui l’illustre scienziato ha potuto confrontarsi con i grandi traguardi della scienza, ma anche con i suoi limiti.
Don Barazzoni, che ha elaborato la sua tesi su Enrico Medi ed è vice-postulatore della sua causa di beatificazione, ha raccontato generosamente molti aspetti della vita del fisico originario di Porto Recanati, che nei primi Anni 70 venne presso i Padri Sacramentini per un convegno che ebbe un enorme successo di pubblico: dall’infanzia trascorsa a Belvedere Ostrense, dove la sua contemplazione delle meraviglie del Creato si intrecciò a quella del miracolo eucaristico, all’adolescenza ricca di interrogativi, sollecitati anche dagli studi classici che lo portarono ad imparare a memoria la Divina Commedia; dagli anni della giovinezza, che lo videro iscriversi alla Facoltà di Fisica, perché voleva conciliare filosofia, fisica e fede, alla professione di docente universitario prima a Palermo, dove ebbe la prima esperienza politica con la Democrazia Cristiana, compagno del padre di Sergio Mattarella, e poi a Roma per quaranta lunghi anni; dalla mancata vocazione al presbiterato, verso il quale molti cercarono di indurlo, al matrimonio con Enrica, dalla quale ebbe sei figlie, di cui tre ancora viventi, e alla sua esperienza di padre attento e dedito alla preghiera, soprattutto nella cappellina privata ove si ritirava ogni sera appena rientrato dal lavoro; dalla sua intensa attività di divulgatore, che lo portò ad essere protagonista di molteplici trasmissioni televisive per rendere il sapere alla portata di tutti, al suo contributo come Padre Costituente e come parlamentare, anche se lasciò presto la politica, non accettando i compromessi che gli venivano richiesti.
Dal racconto di don Barazzoni è emerso chiaramente come Enrico Medi sia stato un uomo che ha saputo testimoniare la sua fede cristiana anche in un ambiente che solitamente ed erroneamente si percepisce ostile alla fede, ovvero il mondo della scienza. Medi, che era un uomo sia di fede che di scienza, ha fatto sintesi di queste due dimensioni ed ha spiegato come spesso queste due realtà non solo non si oppongano, bensì si completino: la ragione, infatti, interviene anche nella nostra fede, anzi la conduce ad essa e la valorizza. Affermava infatti Medi. “Anche se l’uomo conoscesse tutta la realtà, non sarebbe però in grado di crearla. Non c’è nessuna prova scientifica che dimostri la non esistenza di Dio, anzi più si conosce e più si crede in Dio e più viene voglia di indagare sulla realtà”. Da qui il suo impegno a smontare completamente la credenza secondo la quale la religione e la fede fossero appannaggio degli ignoranti, mentre la ragione e la scienza riservata agli intelligenti e ai sapienti.
L’aspetto che senza dubbio ha colpito maggiormente gli uditori presenti è stata l’attualità della figura di Medi. La sua vita, infatti, fornisce una risposta anche ai dibattiti sempre più frequenti sui limiti che la scienza e la tecnologia dovrebbero porsi, come ad esempio in merito all’intelligenza artificiale. Medi, infatti, si trovò in un contesto storico ricco di grandi cambiamenti scientifici, come quello che stiamo vivendo ora anche a livello tecnologico. Egli conobbe Enrico Fermi come docente ed ebbe molta stima di lui, ma non lo seguì, perché aveva intuito le finalità degli studi del Premio Nobel verso la bomba atomica. Medi credeva molto nel nucleare e, grazie ai suoi studi sui neutroni, i primi al mondo su questa particella, divenne vicepresidente dell’Euratom (la Comunità europea dell’energia atomica), ma subì un grande dispiacere nel constatarne l’uso: per questo motivo, dopo sette anni, si dimise per motivi di coscienza.
Se dunque ci stiamo chiedendo fin dove la scienza debba spingersi, Medi ci fornisce una risposta chiara ed illuminata, attraverso il discorso fatto a Bruxelles per congedarsi dai colleghi dell’Euratom. Queste le sue parole che risultano davvero molto attuali:
“Il progresso della scienza si è verificato quando l’uomo ha creduto nella verità e ha rinunciato all’astuzia, all’inganno, all’intrigo, a quella che una volta si chiamava politica pagana. Rivolgo a voi giovani delle nostre terre una parola che sia testimonianza, piccola ma sincera, per il futuro. Ricordate che la scienza è un grande, nobile dono ed è uno strumento per migliorare la vita; ma, se alla scienza non si accorda quella che io amo chiamare sapienza politica, l’avvenire è incerto. La missione del politico è di guardare in un giro d’orizzonte più largo, più sintetico, più armonioso, i problemi che la tecnica affronta. Ecco la nostra missione ed ecco la missione Europea”.
Auguriamoci dunque che questa sapienza politica sia sempre maggiore!