“L’uomo giusto al posto giusto”.
Così il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha definito il card. Celso Costantini, al centro dell’opera “Il cardinale Celso Costantini e la Cina”, a cura di mons. Bruno Fabio Pighin (Marcianum Press), storico della postulazione della causa di beatificazione e canonizzazione del cardinale Costantini, presentato questo pomeriggio nella Pontificia Università Urbaniana. Il cardinale Costantini, per Parolin, “è stato in grado di esprimersi in diversi linguaggi – pastorale, diplomatico, artistico e politico – i quali in soli 11 anni gli hanno permesso di compiere gesti storici di valore altamente profetico in terra cinese”. Quella di Costantini, per il cardinale, è stata “una scelta radicale della Cina come seconda patria, che non ha più abbandonato”, avviando così le relazioni tra la Santa Sede e la Cina tramite un processo che è culminato nel 1946, con le piene relazioni diplomatiche. Quello che molti studiosi hanno definito il “metodo Costantini”, ha fatto notare il segretario di Stato vaticano, “è una direzione seguita in modo più generale anche da Papa Francesco, sulla linea tracciata nella Lettera ai fedeli cinesi scritta da Benedetto XVI il 27 maggio 2007 e poi culminata nell’Accordo provvisorio firmato a Pechino il 22 settembre 2018, punto di partenza confermato due volte e che ha trovato attuazioni concrete”. “Come dice Papa Francesco, si tratta di avviare processi, non di occupare spazi”, ha sottolineato Parolin parlando di un processo “che richiede dinamiche nuove, pazienza e attesa”. “Grazie all’Accordo, tutti i vescovi cinesi sono in piena comunione con la Chiesa di Pietro”, ha affermato il cardinale, secondo il quale “tutto ciò ha contribuito a consolidare un ordine internazionale di giustizia e di pace”. L’ auspicio della Santa Sede, ha concluso Parolin, è che tale processo “prosegua in modo proficuo, per favorire anche la maggiore conciliazione possibile dei cinesi tra di loro, sotto la guida dei loro pastori e in comunione con Papa Francesco”.