Desiderare e toccare! Sono questi due verbi, queste due azioni che ci consentono di entrare nella Parola di questa domenica.
Nel Vangelo incontriamo Giairo, uomo di spicco e con una certa autorità sociale, capo della sinagoga. La sua unica figlia di dodici anni sta morendo. Nel suo dolore si getta ai piedi di Gesù e lo supplica di recarsi a casa sua. Non bada alla propria reputazione, l’unica cosa che, in questo momento, gli importa e desidera con tutto sé stesso è la vita di sua figlia.
Nel mezzo di questo incontro, si fa largo tra la folla una donna malata, una donna considerata impura a causa proprio della sua malattia. «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti – pensava tra sé –, sarò salvata».
Sa che il suo gesto, il toccare un’altra persona, costituisce una violazione delle prescrizioni legali. Allora perché lo fa? Perché trasgredisce coscientemente la legge? Perché vuole essere guarita, e questo suo desiderio è più forte della legge, della cultura, della tradizione. Questo suo desiderio la conduce verso Gesù, le conferisce una forza insolita, inaspettata, che spinge il suo cuore ad andare verso la persona cercata!
Una donna che ha desiderato, una donna che ha toccato!
Sì, perché il desiderio di questa donna passa attraverso le sue mani;
Questa donna tocca l’uomo Gesù perché ha compreso che, finalmente, è apparso un Amore che non divide più gli uomini in puri ed impuri, santi e peccatori, meritevoli e colpevoli, buoni e cattivi, ma per il quale esistono solo uomini e donne, ciascuno di noi, cioè, che hanno un estremo bisogno di essere riconosciuti per ciò che sono e di essere amati in quanto tali.
Uomini e donne amati in quanto figli e non per il loro comportamento morale.
E Giairo? Sua figlia?
Gesù, dopo la guarigione della donna, arriva ed entra a casa di quest’uomo. «Prese la mano della bambina e le disse: “Talità kum”, che significa “Fanciulla, io ti dico: alzati!”. E subito la fanciulla si alzò e camminava». Dopo un desiderio, quello di Giairo, un tocco, quello di Gesù, quello dell’amore di Dio, il solo tocco capace di rialzare l’uomo alla sua piena felicità, perché, come leggiamo nel libro della Sapienza, «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano».
L’unico mezzo che può guarire le persone è l’amore, una relazione completamente indipendente e libera dalle questioni di dignità e indegnità, indipendente perfino dalle questioni della purezza o della impurità, solo semplicemente una mano che uno può tendere senza essere rifiutato, semplicemente un contatto che non impegna e non esige niente per sé.
Sentiamo nostre, allora, le parole del salmo e preghiamole: «Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato. Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi, mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa. Hai mutato il mio lamento in danza. Signore, mio Dio, Ti renderò grazie per sempre».

 

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