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Kenya. Sesana: “La protesta è priva di leadership. Rischia di venire manipolata dai partiti”

Ilaria De Bonis

Il malessere esploso in modo dirompente in Kenya, con la contestazione di centinaia di migliaia di giovani scesi in piazza contro la Legge finanziaria, “viene da molto lontano”. È una rivolta di massa guidata dai giovani e dalla classe media, “delusa e stanca dello strapotere delle élite politiche”. Esasperata da un sistema di corruzione a beneficio di pochi.
Sono persone desiderose di mettere fine ad un “sistema globale che da sempre tassa i poveri ed arricchisce i già ricchi”.
A dirlo, al telefono con noi dallo slum di Kibera, periferia estrema e tra le più misere di Nairobi, è padre Kizito Sesana, storico missionario comboniano.
“Stamani sembra che tutto sia più calmo qui a Nairobi, ma in ogni caso in questo, come negli altri slum non si sente mai l’eco delle manifestazioni… Non c’è l’abitudine a prendere una posizione forte contro il potere tra i più poveri”.
Secondo padre Kizito la reazione delle centinaia di migliaia di persone, per lo più ventenni, che in questi giorni hanno preso di mira il provvedimento alza-tasse, è “legittima ed è anche sostenuta dalla Chiesa, dai vescovi. Va ben oltre la finanziaria, è segno di una ribellione spontanea al sistema, fuori dalle logiche tribali”.
Il presidente William Ruto tuttavia, eletto a settembre del 2022, “eredita una crisi pregressa”, fatta anche di “pesanti pressioni da parte del Fondo Monetario Internazionale”, ricorda Kizito Sesana. Il Presidente si rende “perfettamente conto di quanto rischia ed è perciò disposto a fare dei passi indietro”. Christine Odera, della coalizione della società civile Giovani, Pace e Sicurezza, ha dichiarato alla Reuters: “Ruto chiede di avere un dialogo (letteralmente una ‘conversation’) con noi. Ma come fare? Non possiamo tutti sederci in uno stadio e conversare con lui”.
Il punto è proprio questo: la protesta, pur massiccia, è “priva di una leadership” e il dialogo resta difficile. Soprattutto dopo la reazione violenta della polizia che ha sparato sui manifestanti.
Più verosimile è che i partiti politici di opposizione nei prossimi giorni arroghino a sé le rivendicazioni: “nonostante i 23 morti che pesano molto, io non credo che tutto ciò degenererà in una rivoluzione – dice padre Sesana – non ci sono i presupposti”. C’è invece la possibilità che tutto si risolva in un accordo tra partiti. E dunque che le rivendicazioni possano venir in un certo senso “tradite”. Resta il fatto che in Kenya la classe media ha finalmente rotto gli argini e da qui non si torna indietro, questa è un’assoluta novità – ripete Kizito – Sono i nostri giovani, hanno studiato, vogliono un lavoro degno, vedono le ingiustizie e le iniquità di un Paese diviso in due, tra l’élite ricchissima e la massa della popolazione e non la accettano”. Padre Kizito afferma che l’inflazione e l’economia non sono più sostenibili per nessuno: “pensate che ho fatto la spesa per una settimana, oggi, anche per i cinque dei ragazzi che vivono con noi: ho comprato della frutta e verdura e ho speso duemila scellini che corrispondono a 15 euro. Decisamente troppo per noi”.
Il Kenya soffre di una crisi finanziaria vicina al default ma la spesa pubblica continua a lievitare: si spende per infrastrutture, per edifici e strade che diano l’impressione di sfarzo e sviluppo. Si spende per “conferire a Nairobi l’apparenza di una grande città di rappresentanza, mentre negli slum non c’è da mangiare e la classe media non decolla”, conclude padre Kizito.

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