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Direttore Pompei: perché ci circondiamo di rumore?

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Con Luglio: Voglia di silenzio… e buone vacanze! Il filosofo Kierkegaard scriveva: “L’odierno stato del mondo, la vita intera è malata…Se fossi medico e qualcuno mi chiedesse consiglio, risponderei: crei il silenzio, porta l’uomo al silenzio”. Che il rumore fosse una forma di malattia, non ci avevo mai pensato. E’ come il dolore che ci avverte che qualcosa nel nostro organismo non funziona. E perché allora ci circondiamo di rumore? Dire che il progresso ha tradito se stesso, si rischia di essere tacciati di anacronisti, dire ancora che ci stiamo abituando al disarmonico e all’irregolarità, si può passare per sprovveduti. Sta di fatto che ci siamo assuefatti al chiasso, tant’è vero che quando il rumore non c’è, facciamo del tutto per procurarcelo.

Con una espressione attualissima: siamo drogati di rumore. Esso ci segue dal mattino alla sera. Se poi speri che la notte porti un po’ di silenzio, c’è sempre il cane del vicino a ricordarti che lui è stato messo lì per impedirlo.

Il tutto guarnito da un tam tam che ti cadenza le ore in ufficio, nel bar, nei supermercati, nelle isole pedonali, nei vari luoghi di attesa, che dovrebbero essere strutturati per darti un po’ di pace, ma che hanno la virtù di scuotere il già scosso sistema nervoso. Si può ben dire che siamo arrivati al punto di aver paura del silenzio. Si vive alla Hitchcock, qualsiasi scricchiolio
ci fa sobbalzare. Ed allora ci mettiamo, magari, a parlare da soli a voce alta o ricorriamo al volume del televisore con grande delizia di chi vive muro a muro. Oh la televisione, delizia dei
nostri giorni! Nelle nostre case è sempre lì, accesa, a farci urlare per qualsiasi comunicazione.

Cascate di parole, il più delle volte insulse, a reclamizzare prodotti che presuppongono un pubblico di idioti. E che dire del tempo delle vacanze, quando si fugge dal rumore delle città e si cerca un’oasi di pace per rimettere ordine nel nostro sistema nervoso e nei nostri pensieri? Si vuol fuggire dagli ingorghi umani in cui sei costretto a vivere ogni giorno e ti ritrovi appiccicato tra gli ombrelloni all’odore delle più disparate creme solari. Vuoi per un po’ di tempo liberarti di tutta quella pubblicità che fodera il nostro quotidiano ed un altoparlante ti fa sobbalzare, mentre sei alle prese con un triller, per ricordarti gli ultimi acquisti da fare. E così la sera e la notte, dopo esserti riposato sotto l’ombrellone, puoi andare tranquillamente a rilassarti in qualche discoteca, dove per farti capire, devi essere esperto nel linguaggio dei sordomuti.

E così passano i giorni delle vacanze, e al termine trovi sempre l’amico, costretto a rimanere in città, che ti invidia: beato te che ti sei potuto godere un periodo di pace! Il silenzio ci spaventa alla stessa maniera di conoscere la causa di certi nostri dolori fisici. Preferiamo non sapere. Rimanere soli con noi stessi, significa rispondere a tanti interrogativi sulla nostra esistenza. Fare un esame di coscienza in cui non si può bleffare. Anche se fastidioso ed impegnativo, è necessario individuare le ragioni del nostro essere e prenderne coscienza. E’ importante conoscere i vuoti che spesso si formano in noi e che abbiamo riempito di rumore. Ecco l’attualità dell’esortazione del Santo Padre, che, ogni anno, durante le ferie, ci invita a farci tornare la voglia del silenzio per ascoltare la parola interiore che è la vita della coscienza.

Il silenzio allora assume toni spirituali , ci fa uscire dalle preoccupazioni di ogni giorno, e percepire la presenza del divino. Buone Vacanze !

Patrizia Neroni: