Alberto Baviera
“I cattolici sono chiamati ad essere parti vive di una comunità aperta, universale, che abita un territorio ma respira la vita del mondo intero. Per questo crediamo che oggi, in questa stagione, i cattolici abbiano ancora molto da dire e da dare per la vita del Paese”. Ne è convinto Sebastiano Nerozzi, professore di Storia del Pensiero economico all’Università Cattolica del Sacro Cuore e segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici in Italia, che presenta contenuti e finalità della 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia che si terrà a Trieste dal 3 al 7 luglio prossimi.
Professore, siamo alla vigilia dell’appuntamento di Trieste. Con che spirito si vive l’attesa? E cosa vi aspettate dalle giornate di Trieste?
L’attesa per la Settimana sociale sta crescendo e ne cogliamo i segni sia nei media, tanto quelli tradizionali quanto nei social, ma soprattutto nelle domande che raccogliamo girando nei territori e parlando con persone anche distanti dalla Chiesa che ci chiedono notizie su quello che accadrà a Trieste. In realtà anche noi siamo curiosi di scoprire che cosa si scatenerà a Trieste tra le migliaia di persone che lavoreranno gomito a gomito per 5 giorni, confrontando le loro esperienze e cercando insieme risposte e proposte per il bene del Paese. Una dinamica del tutto nuova, che è, di fatto,
un grande esperimento sociale, di incontro e di partecipazione.
Una dinamica che è già iniziata nel percorso di preparazione e che speriamo possa continuare, dopo la Settimana sociale, nei territori “Da Trieste in giù”.
Quali gli aspetti principali emersi nel cammino di preparazione? In base all’esperienza maturata nel percorso di avvicinamento, che Chiesa, società, realtà associative italiane sono quelle che si apprestano a vivere la 50ª Settimana sociale?
È una Chiesa che sta imparando sempre più ad ascoltare ed ascoltarsi. Il cammino sinodale ha innescato processi di dialogo profondo tra le persone, processi che, se saranno presi sul serio, potranno portare frutti duraturi per la vita della Chiesa a partire dai territori. Il percorso in preparazione alla Settimana sociale, iniziato a settembre 2023, si è innestato nel cammino sinodale, coinvolgendo i “cantieri della strada e del villaggio”, ma anche associazioni e gruppi spontanei. Una sorta di grande indagine sui benefici e le fatiche della partecipazione che ha raccolto l’adesione di oltre 200 gruppi per oltre 2.000 persone. Ne è uscito un documento di poche pagine “Partecipare in Italia”, curato dal prof. Giovanni Grandi (membro del Comitato) e dalla sua equipe, dal quale emergono aspetti molto interessanti riguardo alle dinamiche della partecipazione: per esempio
è chiaro che oggi chi si impegna in una attività di volontariato o di animazione culturale o politica cerca non solo di fare qualcosa di concreto per il bene comune, ma coglie anche il potenziale di crescita personale che questo comporta. Dirimente è il fare esperienza di relazioni umanamente significative, il dare e ricevere fiducia, collaborare e non solo eseguire, far parte di una comunità in cui si è riconosciuti e valorizzati, in cui “contare è più importante che contarsi”.
Da qui l’importanza, per chi guida i gruppi di sviluppare una leadership empatica e condivisa, rispettosa degli altri, attenta a mediare i conflitti più che a vincerli, che stimoli la responsabilità e la generatività di tutti. Attenzioni che oggi sono essenziali per promuovere e curare la partecipazione.
Che Settimana sociale sarà?
La Settimana sociale di Trieste avrà numeri importanti. Sono circa 1.100 i delegati che saranno impegnati negli oltre 50 gruppi di lavoro che vivranno i “Laboratori della Partecipazione” al Conference Center che
si confronteranno sui modi per rafforzare reti di collaborazione e per ricercare proposte condivise da proporre ai cittadini e alle istituzioni.
18 “Piazze della Democrazia” con circa 80 relatori e testimoni di grande competenza sui temi più importanti dell’agenda del Paese: dall’energia, alla partecipazione giovanile, all’Europa, alla salute, alla scuola, al rapporto tra istituzioni locali e nazionali, alla formazione politica. Circa 110 fra imprese, associazioni, cooperative, Università che presenteranno i loro stand nei “Villaggi delle Buone pratiche” e si confronteranno nei 18 “Dialoghi delle buone pratiche” divise per ambiti tematici. A ciò si aggiungono 12 tavole rotonde autogestite da organizzazioni nazionali del calibro di Acli, Unione giuristi cattolici, Federcasse, Slow Food Italia, Confartigianato, Argomenti2000, Accri, Focsiv, Forum delle Associazioni familiari, Unione stampa cattolica, Ucid, Meic, Asvis.
Non solo riflessioni e confronti. Giusto?
La Settimana sociale vuole essere
un evento popolare, aperto davvero a tutti, in cui usare i linguaggi più diversi per aprire uno spazio di ascolto e di confronto che stimola all’impegno e alla riflessione.
Le sere triestine saranno poi animate dai concerti dell’Orchestra dei Giovani Europei, composta da giovani musicisti di tutti i Paesi dell’Unione, e dagli studenti del Conservatorio di Trieste con Zoè, spettacolo di musica e immagini; da eventi musicali, con artisti del calibro di Roberto Vecchioni, Riccardo Cocciante, Tiromancino, Simone Cristicchi, Amara, l’orchestra del Friuli Venezia Giulia, con la direzione del maestro Leonardo De Amicis e la conduzione di Lorena Bianchetti; dalla pièce teatrale di Paolo Logli su Raoul Follereau e quella di Giovanni Scifoni su san Francesco “Superstar del Medioevo”; la testimonianza di Paul Batthi, fratello di Shahbaz Bhatti, politico cristiano e ministro per le minoranze del Pakistan che venne assassinato il 2 marzo 2011 a Islamabad. Si attendono migliaia di visitatori e la Webapp, sulla quale è possibile prenotare la propria partecipazione, registra già, per alcuni eventi il tutto esaurito.
A Trieste l’apertura sarà con il presidente Mattarella e la chiusura con Papa Francesco. Cosa vi aspettate dalla loro presenza e che messaggio consegnerete loro?
La loro presenza indica i due grandi polmoni fra i quali può pulsare “Il cuore della Democrazia”: la Costituzione, con i suoi grandi valori e i suoi solidi presidi alla libertà e alla dignità di tutti i cittadini e di tutti gli uomini; il Magistero della Chiesa, ancorato ad una tradizione millenaria ma sempre capace di rinnovarsi e di aprire prospettive positive per affrontare le sfide del nostro tempo.
Il presidente Mattarella e Papa Francesco rappresentano per tanti italiani (soprattutto fra i più giovani) figure di riferimento, capaci di infondere speranza e fiducia, ma anche di orientare il cambiamento verso le scelte che oggi sono necessarie per il bene del Paese.
Quella di Trieste sarà la prima Settimana sociale dei cattolici in Italia. Che significato ha il cambio di denominazione?
È semplicemente il riconoscimento di una realtà di fatto.
Oggi l’Italia non è solo degli italiani. Le nostre città, i nostri quartieri, le nostre scuole, i nostri uffici, le nostre imprese sono popolate da persone che non sono nate in Italia o che, per tanti motivi, non hanno la cittadinanza italiana: eppure lavorano, pagano le tasse e i contributi, crescono con i nostri figli, condividono con noi molte sfide e molti problemi.
Un contributo insostituibile, senza il quale il Paese sarebbe già ampiamente fallito sul piano economico, sociale e finanziario. Nonostante questo, i tanti non italiani che vivono in Italia sperimentano spesso una condizione di non pieno riconoscimento, una condizione che impedisce loro non solo di esercitare fino in fondo i loro diritti e costruirsi un percorso di vita, ma di contribuire in modo efficace al bene comune di tutti. Molti di loro sono cattolici ma con tutti, indipendentemente dal lor credo religioso, noi vorremmo costruire percorsi che aprono un futuro di dignità e prosperità condivisa in Italia.
La 50ª Settimana sociale sarà dedicata al tema “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”. Anche per quella di Trieste si conferma l’attualità e la “contemporaneità” della scelta, basti pensare anche solo alle ultime edizioni nelle quali si è riflettuto su famiglia, denatalità, lavoro, ambiente… La comunità ecclesiale italiana non smette di voler offrire un contributo ragionato e condiviso alla vita del Paese…
I cattolici vivono nell’oggi del nostro Paese. Non sono diversi dagli altri. Hanno però una chiamata ad essere portatori di speranza. Una speranza che nasce dall’esperienza di essere persone salvate, che hanno ricevuto tutto in dono, e desiderano a loro volta essere dono per altri.
Essere Chiesa insieme a persone piene di limiti e difetti come noi, ci educa a crescere nell’accoglienza e nella collaborazione, imparando a mediare i conflitti che pure non mancano e a vivere il prodigio di un’unità plurale, che unisce arricchendosi nelle diversità.
I cattolici sono chiamati ad essere parti vive di una comunità aperta, universale, che abita un territorio ma respira la vita del mondo intero. Per questo crediamo che oggi, in questa stagione, i cattolici abbiano ancora molto da dire e da dare per la vita del Paese.