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Cile: esposto dei vescovi contro il decreto del Governo che introduce un nuovo regolamento dell’obiezione di coscienza sull’aborto, “incostituzionale e illegale”

In un documento diffuso ieri, firmato dal presidente e arcivescovo di La Serena, mons. René Rebolledo Salinas, la Conferenza episcopale cilena denuncia che il Regolamento n. 22 del maggio 2024, che “modifica il decreto supremo n. 67 del 2018 del Ministero della Salute, il quale approva i regolamenti per l’esercizio dell’obiezione di coscienza in conformità con le disposizioni dell’articolo 119 ter del Codice della Salute”, è “incostituzionale e illegale”. Il riferimento è il nuovo regolamento, che limita le possibilità dell’obiezione di coscienza rispetto all’aborto, soprattutto favorendo la turnazione di medici non obiettori. Perciò, l’episcopato ha presentato un esposto al Controllore generale della Repubblica.

Il documento dei vescovi sottolinea che l’obiezione di coscienza “è un diritto umano fondamentale che affonda le sue radici nella libertà di coscienza, per cui la limitazione di questo diritto può incidere su altri diritti fondamentali come l’uguaglianza e la non discriminazione”. A tal fine, si ricorda che il diritto umano fondamentale alla libertà di coscienza è sancito dall’articolo 19 n. 6 della Costituzione ed è stato riconosciuto da varie leggi, sentenze e dottrina. Questa libertà protegge le persone fisiche e le istituzioni dal rifiuto di compiere atti che violano le loro convinzioni etiche, morali, religiose, professionali o di altro tipo.

In pratica, segnalano i vescovi, “va notato che il Regolamento condiziona il libero esercizio dell’obiezione di coscienza in quanto obbliga le istituzioni (strutture sanitarie pubbliche e private) e le loro équipe mediche e i funzionari (persone fisiche) obiettori di coscienza, ad adottare e seguire requisiti burocratici e onerosi che, pur non impedendo l’esercizio del diritto, lo rendono sproporzionatamente difficile in modo tale da costituire, nel complesso e oggettivamente, incentivi volti ad alterare la qualità di non obiettore di coscienza. Il documento conclude sottolineando che “anche se questo insieme di condizioni non fosse deliberatamente inteso a incoraggiare il passaggio da obiettore di coscienza a non obiettore, né potesse produrre tale effetto nella pratica – il che sarebbe chiaramente poco plausibile – esse costituiscono, in ogni caso, una discriminazione arbitraria: se queste condizioni si basano sull’obiettivo di garantire l’assistenza alla madre che richiede l’aborto, il mezzo utilizzato a tal fine è sproporzionato poiché si basa su un motivo illegittimo – le convinzioni morali e/o religiose degli obiettori – distinguendo e trattando in modo diverso persone che si trovano nella stessa posizione giuridica”. È per questo motivo che si chiede alla Procura, “nel merito delle argomentazioni sopra esposte, di dichiarare l’incostituzionalità e l’illegittimità del Regolamento, la cui approvazione comporterebbe la lesione del diritto fondamentale alla coscienza e a vivere secondo le proprie convinzioni religiose”.

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