Di Bruno Desidera
Arrivano dall’America Latina importanti proposte per il “rinnovamento delle Chiese locali in chiave sinodale”, in vista del Sinodo del prossimo ottobre. Questo, infatti, il titolo del congresso che si è tenuto dal 24 al 27 giugno a Bogotá, nella sede del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), che ha promosso l’iniziativa, alla quale hanno partecipato poco più di venti tra teologi, pastoralisti e canonisti (non solo del continente, ma anche europei e nordamericani), oltre alla presidenza dello stesso Celam. Il Continente latinoamericano si conferma, come già era accaduto nel 2021 in occasione dell’Assemblea ecclesiale continentale, come “apripista” nel tentativo di trovare strade in cui la Chiesa “sinodale” si renda visibile. Le scelte di fondo che hanno guidato i promotori del congresso, sono soprattutto due: quella di mettere insieme teologia, pastorale e diritto canonico, di mettere in circolo teoria e pratica, intuizioni e possibili aspetti normativi. E quella di mettere al centro le Chiese locali, viste come luogo privilegiato e, in qualche caso, anticipatore, in cui rendere visibile la Chiesa “popolo di Dio” già delineata dal Concilio Vaticano II. Tre, invece, le tematiche sulle quali i presenti si sono, concretamente confrontati: i consigli pastorali diocesani; il rinnovamento della teologia del ministero apostolico; le procedure per la selezione e la nomina dei vescovi. Secondo padre Pedro Brassesco, segretario aggiunto del Celam, interpellato da Adn-Celam, ci sono temi che “stanno gradualmente prendendo forma: la necessità di assumere la corresponsabilità di tutti i battezzati nei processi pastorali della Chiesa, la partecipazione delle donne e dei giovani ai ministeri e agli ambiti decisionali, una maggiore formazione integrale per tutto il popolo di Dio e in diversi ambiti, l’approfondimento dell’esperienza spirituale dell’incontro con Cristo, i Consigli e le Assemblee come ambiti di partecipazione. In breve, ci viene chiesto di creare una cultura sinodale che cambi i nostri modi di relazionarci e di partecipare”.
Lo “specifico” latinoamericano. Il Sir ha interpellato Rafael Luciani, teologo venezuelano, perito per il Sinodo dei vescovi, che in quanto componente dell’équipe teologico-pastorale del Celam, ha coordinato i lavori del congresso ed è soddisfatto per il dibattito di questi giorni. È vero, in America Latina c’è questa attenzione a tenere insieme il fattore teologico e quello pastorale.
In questi giorni abbiamo ascoltato varie esperienze concrete, anche di singole diocesi, lo sfondo non può che essere l’ecclesiologia del Popolo di Dio, il cui sviluppo è il principale antidoto al ripiegamento nel clericalismo.
In questi anni, nel Continente latinoamericano sono state fatte scelte importanti: la riforma del Celam, articolata in modo tale da far entrare la sinodalità nelle strutture; la nascita della Conferenza ecclesiale, e non solamente episcopale, dell’Amazzonia; l’Assemblea ecclesiale del 2021. Resta però, da fare oltre a quello intrapreso dal Celam e dai religiosi della Clar, un cammino importante nelle Chiese locali, dove non mancano resistenze ma anche esperienze importanti”.
Tre temi chiave per vivere la sinodalità nelle Chiese locali. Con Luciani, passiamo in rassegna i tre temi che sono stati al centro del congresso. “Il Consiglio pastorale diocesano è una nuova istituzione creata dal Concilio (Christus Dominus 27) che non ha precedenti nella storia della Chiesa. La Commissione teologica Internazionale lo definisce ‘la struttura permanente più favorevole all’attuazione della sinodalità nella Chiesa particolare’. Alla luce di ciò, ci siamo proposti di rivedere le esperienze esistenti a livello continentale e globale, nonché di aggiornare il dibattito teologico per concretizzare proposte, anche giuridiche, che rendano giustizia all’attuale coscienza ecclesiale e rispondano alle esigenze del processo sinodale in corso. Abbiamo ascoltato le esperienze che si vivono nel nostro Continente, ma anche in Italia e nel Nordamerica. Si tratta di trovare dei modelli praticabili di Consiglio pastorale. Ne abbiamo presi in esame alcuni, per esempio, in Cile e Venezuela, dove attraverso i consigli pastorali, laici, sacerdoti, religiosi e religiose, insieme al vescovo, stanno prendendo decisioni insieme”.
Il secondo aspetto del progetto teologico-pastorale riguarda la selezione e la nomina dei vescovi, che, secondo Luciani, “è una questione chiave nella vita delle Chiese locali. L’antica prassi di partecipazione locale alla nomina dei vescovi, testimoniata nel secondo e terzo secolo, si fondava su quello che poi è stato caratterizzato come sensus fidelium”.
Ci si è proposti di “rivedere alcune modalità e processi di elezione che prevedono un’ampia e attiva partecipazione della comunità locale, affinché la decisione del Vescovo di Roma possa esprimere una teologia della comunione sinodale e collegiale ai suoi vari livelli”.
Il terzo e ultimo aspetto del progetto è quello di contribuire al rinnovamento della teologia del ministero apostolico. Ci chiediamo quale riforma del ministero sia necessaria per una Chiesa sinodale. “Non ci sarà autentica e integrale riforma sinodale nella vita della Chiesa senza un rinnovamento dell’identità e dell’esercizio del ministero apostolico alla luce della centralità dell’ecclesiologia delle Chiese locali come criterio fondamentale per interpretare l’identità, le relazioni e le dinamiche comunicative tra tutti i soggetti ecclesiali”, è la convinzione di Luciani. A tal fine, “il progetto si propone di analizzare alcuni nodi tematici significativi che sono riusciti a determinare cambiamenti significativi nell’identità e nell’esercizio del ministero apostolico. In particolare, si tratta di attingere ai dati forniti dal Nuovo Testamento, dalla Tradizione, dal Magistero e dalla Teologia. La ricerca cerca anche di collocare il ministero apostolico nel contesto delle istituzioni che lo formano e in cui esercita il suo servizio, come i seminari e le parrocchie, e dei modelli pastorali che ne derivano per il suo svolgimento”.
La sfida della riforma. Con il teologo, volgiamo lo sguardo al Sinodo di ottobre e ai successivi passi. Come il processo sinodale può sfociare anche nella riforma di alcune strutture della Chiesa? “Di questo, si parlerà certamente in ottobre. Bisogna, però, ammettere che il tema è difficile, soprattutto per un motivo. Non in tutte le zone del mondo esiste una stessa visione su cosa comporti essere una Chiesa che mette al centro la partecipazione dei fedeli. La recezione delle tematiche sinodali non procede in modo omogeneo. Credo che la sfida sia, appunto, quella delle Chiese locali, e quella di poter fare dei passi in avanti a livello regionale, continentale”.
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