(Foto ANSA/SIR)

Stefano De Martis

Allargare e snellire le procedure per il ricorso alle forme alternative al carcere e potenziare gli organici della polizia penitenziaria. Il decreto legge varato dal Consiglio dei ministri per fronteggiare l’emergenza negli istituti di pena si muove tra questi due filoni. Secondo il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il provvedimento va nella direzione della “umanizzazione carceraria”, ma si tratta evidentemente soltanto di un primo passo urgente in un’estate che per il mondo dietro le sbarre si presenta in termini ancora più difficili del solito. Basti pensare che al 30 giugno i detenuti erano 61.480 e i posti regolari nelle carceri diecimila in meno, con i suicidi che dall’inizio dell’anno si sono susseguiti al ritmo terrificante di quasi uno ogni due giorni. I mille agenti di polizia penitenziaria in più che arriveranno grazie al decreto sono ovviamente benvenuti, come pure le ulteriori nomine di dirigenti per assicurare in ogni istituto la presenza di un direttore e di un vicedirettore, ma gli organici sono sotto di circa undicimila unità. C’è una voragine da colmare tra gli interventi e i problemi aperti.

Le misure principali, secondo quanto sottolineato dallo stesso Nordio, riguardano la cosiddetta liberazione anticipata. A questo proposito il ministro ha parlato di una sorta di “patto” con il detenuto. Il decreto – spiega la nota di Palazzo Chigi – “prevede che il pubblico ministero indichi espressamente nell’ordine di esecuzione della pena da espiare, tutte le detrazioni previste dalle norme sulla liberazione anticipata (articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354), al fine di rendere immediatamente percepibile al destinatario il termine finale della pena in caso di ottenimento di tutte le detrazioni o la pena che sarebbe invece da espiare senza le detrazioni. Nello stesso ordine di esecuzione deve essere dato avviso al condannato che le detrazioni non saranno concesse in caso di mancata partecipazione all’opera di rieducazione”. Sarà il magistrato di sorveglianza ad accertare d’ufficio la sussistenza dei presupposti necessari alla concessione dei benefici.

Altra novità è “l’istituzione di un elenco delle strutture residenziali idonee all’accoglienza e al reinserimento sociale di coloro che hanno i requisiti per accedere alle misure penali di comunità, ma che non sono in possesso di un domicilio idoneo e sono in condizioni socio-economiche non sufficienti per provvedere al proprio sostentamento”. Per chi è in carcere viene aumentato il numero dei colloqui telefonici mensili (da 4 a 6, con la possibilità da parte del direttore di autorizzarne di più), soprattutto per ridurre l’isolamento di coloro che hanno i familiari lontani. Sono esclusi i detenuti colpevoli di reati ostativi, come quelli previsti dal noto articolo 41bis, che non potranno neanche essere ammessi ai programmi di giustizia riparativa.

Tra gli altri punti del decreto, il rinvio di un anno dell’entrata in vigore del Tribunale unico per le persone, i minorenni e le famiglie (era prevista per ottobre), e l’introduzione del reato di “indebita destinazione di denaro o cose mobili”. La fattispecie riguarda i pubblici ufficiali che avendo a disposizione beni altrui in ragione del loro ufficio, li destinano a scopi diversi da quelli stabiliti dalla legge, ricavandone un ingiusto vantaggio per sé o per altri. Una norma che verosimilmente tende a bilanciare gli effetti dell’abolizione dell’abuso d’ufficio in corso di approvazione parlamentare.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *