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Sorelle Clarisse «Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio»

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Giairo e la donna emorroissa: li abbiamo incontrati domenica scorsa e abbiamo toccato con mano la loro profonda fede in Gesù. Oggi, Gesù, lo ritroviamo nella sua patria, a Nazareth, tra i suoi conterranei, e, quello che verrà fuori, sarà un incontro mancante del tutto proprio di quell’aspetto così abbondante nei racconti precedenti, ovvero proprio la fede.
«Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il figlio del falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?” Ed era per loro motivo di scandalo».
Vale a dire: è abbastanza unico questo Gesù da poterlo distinguere da ognuno di quelli che noi conosciamo bene, da ognuno dei suoi parenti?
No…nei riguardi di Gesù, il riferimento al suo mestiere e ai suoi legami familiari, costituisce per la gente di Nazareth una valida ragione per non riconoscergli molta autorità religiosa. La familiarità del Signore con gente del villaggio diviene per questa gente un ostacolo, uno scandalo che impedisce il cammino della fede. Riconoscono la sapienza che esce da lui e vedono i suoi prodigi, ma non riescono ad andare oltre a ciò che già sanno.
Accade così, per Gesù, quello che tante volte i profeti hanno vissuto: vengono inviati da Dio a chi non vuole ascoltare, ad un popolo dal cuore indurito.
Questo ci dicono i pochi versetti della prima lettura, tratti dal libro del profeta Ezechiele. Ezechiele è inviato da Dio come profeta in mezzo al suo popolo esiliato in terra straniera: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli di Israele, a una razza di ribelli che si sono rivoltati contro di me […]. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito».
E cosa dovrà fare Ezechiele? «Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio».
Una espressione che può risultare enigmatica così come curiosa, perché, di fatto, non specifica il contenuto della parola che Ezechiele dovrà annunciare.
Perché l’essenziale è che il profeta si faccia annunciatore di ciò che dice il Signore. L’importante non è neanche l’accoglienza che sarà riservata a questa parola: «Ascoltino o non ascoltino», non importa. Dio rassicura Ezechiele ripetendo ben due volte “sono io che ti invio”, invitandolo a non temere le reazioni degli Israeliti alle sue parole. Il Signore si presenta come un Dio che parla e persuade il cuore del profeta, si presenta come parola di affetto, di compagnia, che tiene conto della fragilità, della stanchezza, del dubbio che possono insinuarsi nel cuore dell’uomo, dinanzi ad un compito divino.
Ne è sicuramente certo Paolo che, alla comunità di Corinto, scrive così: «…egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo».
Forte della Parola che il Signore gli ha rivolto, Paolo può accettare la prova e vantarsi di questa come dello spazio in cui il Risorto può venire ad abitare per farne il luogo della sua presenza.
Se non sapremo accettare la debolezza che ci struttura, cercheremo senza sosta di essere sempre forti, potenti, di successo, vincitori, riconosciuti e considerati, e così non avremo più la libertà per ascoltare la Parola, riconoscere i profeti ed essere a nostra volta profeti.
Lo stesso Gesù accoglie la propria debolezza: senza la fede altrui, a Nazareth non può compiere prodigi ma, leggiamo ancora nel Vangelo «solo impose le mani a pochi malati e li guarì».
Qualunque sia l’atteggiamento degli uomini, «ascoltino o non ascoltino» abbiamo letto nel libro di Ezechiele, Dio sceglie di farsi compagnia del suo popolo, di essere lì, anche in esilio, profeta inascoltato, a condividere tutto dell’uomo, a continuare a scegliere ciò che nel mondo è debole per confondere i forti.