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Sinodo. Instrumentum laboris: “Più spazio alle donne e ai ministeri battesimali”

(Foto Vatican Media/SIR)

M.Michela Nicolais

“Come l’identità di popolo di Dio sinodale in missione può prendere forma concreta nelle relazioni, percorsi e luoghi nel cui intreccio si svolge la vita della Chiesa?”. È la domanda di fondo a cui intende rispondere l’Instrumentum laboris per la seconda sessione del Sinodo dei vescovi, in programma nell’ottobre prossimo. “Andare oltre” la prima sessione, celebrata un anno fa, per rispondere alla domanda su “come essere Chiesa sinodale in missione”, lo scopo del documento. “Su altre questioni emerse durante il cammino il lavoro sta proseguendo con altre modalità, a livello delle Chiese locali così come nei dieci Gruppi di studio” istituiti da Papa Francesco il 22 febbraio scorso, si rende noto del testo, con una precisazione: le due sessioni fanno parte di un processo più ampio che non terminerà alla fine di ottobre. L’Instrumentum laboris si apre con una sezione dedicata ai Fondamenti della comprensione della sinodalità, frutto del lavoro della prima sessione. Seguono tre parti – relazioni, percorsi, luoghi – ciascuna delle quali sarà oggetto del lavoro in assemblea che confluirà in un Documento finale, relativo a tutto il processo finora compiuto, da offrire al Santo Padre.

“Dare un riconoscimento più pieno ai carismi, alla vocazione e al ruolo delle donne in tutti gli ambiti della vita della Chiesa come passo indispensabile per promuovere questa reciprocità relazionale”.

È uno dei temi emersi con maggior forza  nella prima sessione del Sinodo dei vescovi e confermati dall’Instrumentum laboris della seconda sessione, in cui però si precisa che tale tema non sarà oggetto dei lavori ma del Gruppo di studio n. 5. “Reciprocità” tra uomini e donne, la parola d’ordine per cambiare la mentalità e favorire “una più ampia partecipazione delle donne nei processi di discernimento ecclesiale e a tutte le fasi dei processi decisionali, un più ampio accesso a posizioni di responsabilità nelle diocesi e nelle istituzioni ecclesiastiche, un maggiore riconoscimento e un più deciso sostegno alla vita e ai carismi delle consacrate e il loro impiego in posizioni di responsabilità, l’accesso delle donne a posizioni di responsabilità nei seminari, negli Istituti e nelle Facoltà teologiche, l’aumento del numero delle donne che svolgono il ruolo di giudice nei processi canonici”.

I vari carismi e ministeri sono espressione di una “corresponsabilità differenziata di tutti per la missione”,

si legge nell’Instrumentum laboris, in cui si auspica di continuare a riflettere su come si possa dare “forma più stabile” ai “ministeri battesimali” dei laici. Tra le proposte, quella di

istituire “un ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento”.

Occorre, inoltre, “favorire una rinnovata visione del ministero ordinato, passando da un modo piramidale di esercitare l’autorità a un modo sinodale”, per arrivare a “un nuovo modo di pensare e organizzare l’azione pastorale”.

“Formazione permanente per tutti”,

la priorità, non con piani formativi in astratto, ma “tenendo conto dei contesti, delle culture e delle tradizioni dei diversi luoghi”. Tra i metodi più apprezzati, quello della conversazione nello Spirito che ha caratterizzato i lavori sinodali. Molte Chiese, inoltre, segnalano di “sentirsi impreparate” all’ascolto delle persone “che sperimentano vari tipi di povertà ed emarginazione”, chiedendo una formazione specifica a riguardo, di cui si occuperà il Gruppo di studio numero 2. Alla cultura digitale e alla promozione di una formazione adeguata in questo campo è dedicato il lavoro del Gruppo di studio n. 3, mentre della formazione dei candidati al sacerdozio si occuperà il Gruppo di studio n. 4. Il Gruppo di studio n. 9 è dedicato alla predisposizione di criteri teologici e metodologie sinodali per un discernimento condiviso di questioni dottrinali, pastorali ed etiche controverse.

“Senza cambiamenti concreti, la visione di una Chiesa sinodale non sarà credibile”,

si evidenzia nel testo, che nell’ultima parte si sofferma sul tema dell’esercizio dell’autorità: “In una Chiesa sinodale, la competenza decisionale del vescovo, del Collegio episcopale e del Romano Pontefice è inalienabile, tuttavia non è incondizionata”. No, allora, alla contrapposizione tra consultazione e deliberazione: “Nella Chiesa la deliberazione avviene con l’aiuto di tutti, mai senza l’autorità pastorale che decide in virtù del suo ufficio”. Per questa ragione la formula di “voto solamente consultivo” sminuisce il valore della consultazione e va corretta.

Una Chiesa sinodale ha bisogno infine di cultura e pratica della trasparenza e del rendiconto (accountability), perché “la mancanza di trasparenza e di forme di rendiconto alimenta il clericalismo, che si fonda sull’assunto implicito che i ministri ordinati non debbano rendere conto a nessuno dell’esercizio dell’autorità loro conferita”.

“Trasparenza e rendiconto non si limitano all’ambito degli abusi sessuali e finanziari”,

il monito: “Devono riguardare anche i piani pastorali, i metodi di evangelizzazione e le modalità con cui la Chiesa rispetta la dignità della persona umana, ad esempio per quanto riguarda le condizioni di lavoro all’interno delle sue istituzioni”.

Per quanto riguarda il primato petrino, l’Instrumentum laboris propone di rilanciare la prospettiva della “salutare decentralizzazione” sollecitata a Papa Francesco e richiesta da molte Conferenza episcopali. “Il vescovo di Roma è il garante della sinodalità”, si ricorda nel testo, ma la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium suggerisce “di lasciare alla competenza dei pastori la facoltà di risolvere le questioni che conoscono bene e che non toccano l’unità di dottrina, di disciplina e di comunione della Chiesa”. Nella stessa logica della riforma voluta da Bergoglio, “andranno previste forme di valutazione periodica” dell’operato della Curia.  Al ruolo dei rappresentanti pontifici in prospettiva sinodale missionaria e alle modalità di valutazione del loro operato è dedicato il Gruppo di studio n. 8.

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