Stefano De Martis
La Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge (noto come ddl Nordio dal nome del ministro della Giustizia) che tra le misure principali prevede l’abolizione del reato d’abuso d’ufficio. Oltre che i gruppi di maggioranza hanno votato a favore Italia Viva e Azione.
Con l’abrogazione dell’articolo 323 del codice penale, quello che appunto riguarda l’abuso d’ufficio, è stato modificato anche il 346-bis che disciplina il reato di traffico d’influenze. Questo reato punisce chi intenzionalmente ed effettivamente utilizza le relazioni esistenti con un pubblico ufficiale (o soggetti analoghi) e “indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità economica” per remunerare il pubblico ufficiale “in relazione all’esercizio delle sue funzioni” o per realizzare altre mediazioni illecite, come indurlo a compiere atti contrari ai suoi doveri d’ufficio.
La nuova legge interviene inoltre sulla materia delle intercettazioni. In particolare introduce il divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni in tutti i casi in cui quest’ultimo non sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento. Viene inoltre escluso il rilascio di copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori.
Per tutelare la segretezza delle interlocuzioni tra imputato e difensore, le nuove norme estendono il divieto di acquisizione da parte dell’autorità giudiziaria a ogni forma di comunicazione, salvo che la stessa autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato, e prevedendo l’obbligo per l’autorità giudiziaria o per gli organi ausiliari delegati di interrompere immediatamente le operazioni di intercettazione, quando risulta che la conversazione o la comunicazione rientrano tra quelle vietate.
Altre novità rilevanti riguardano le misure cautelari, che dovranno essere decise da un organo collegiale (non da un giudice singolo) e precedute da un interrogatorio dell’indagato. L’avviso di garanzia dovrà essere emesso con modalità che tutelino l’interessato e contenere una descrizione sommaria del fatto. Sul piano procedurale si elimina la possibilità dei pm di proporre appello contro sentenze di proscioglimento per reati di contenuta gravità.
L’abolizione dell’abuso d’ufficio farà venir meno le condanne relative a questo reato, in virtù del principio del favor rei. In molti casi, tuttavia, l’abuso d’ufficio è stato contestato insieme ad altre fattispecie più gravi, come la corruzione, che non sono coinvolte nell’abrogazione e quindi restano in piedi con tutte le loro conseguenze, con il rischio che paradossalmente aumenti il ricorso a tali fattispecie da parte dei magistrati. La materia è molto controversa ed è stata al centro di polemiche politiche aspre. I fautori della riforma si appoggiano alle statistiche che registrano una vistosa sproporzione tra i procedimenti aperti e le condanne effettivamente comminate. La non sufficiente chiarezza sui confini del reato – secondo questa tesi – avrebbe prodotto in molti pubblici amministratori la cosiddetta “paura della firma” bloccando tante iniziative potenzialmente utili alla collettività. I critici, viceversa, sostengono che l’abolizione favorirà i comportamenti illeciti e indebolirà le tutele dei cittadini, senza contare i possibili profili d’incostituzionalità connessi con la presenza del reato d’abuso d’ufficio nelle convenzioni internazionali a cui l’Italia ha aderito.
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