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Rubrica di approfondimento – La storia della nostra Diocesi: i vescovi che si sono succeduti e le opere realizzate

A cura del direttore Pietro Pompei

DIOCESI – Tutto avvenne nelle ripetute visite del cardinale Sebastiano Baggio, ospite dell’indimenticabile curato Mons. Francesco Traini.
Nel riordino delle Diocesi del 30 Settembre 1986 si stabilì, su ordine di sua Santità San Giovanni Paolo II, la definitiva nomenclatura della nostra Diocesi in San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, legando una storia centenaria, resa spesso importante da personaggi illustri, con un’attualità emigratoria che nel fervore della ricostruzione post-bellica, aveva arricchito, in brevissimo tempo, la nostra città di numerosissime famiglie, più che raddoppiando gli abitanti. Ai tanti problemi che questo esodo aveva determinato, spesso affrontati in fretta e poca lungimiranza, ci fu quello del servizio religioso, risolto con determinazione e realismo dal vescovo mons. Vincenzo Radicioni che, nel suo lungo servizio pastorale, dotò la nostra città di numerose nuove parrocchie. Giustamente è stato scritto: “Dal 1952 al 1983 le due Diocesi sono state un cantiere edile!”.

E qui, ripercorrendo la storia patria, viene spontaneo aggiungere, “fatte le opere murarie, occorreva portarvi i cristiani”, compito che attendeva il successore nella persona di mons. Giuseppe Chiaretti, consacrato vescovo nel duomo di Spoleto dal cardinale Baggio il 15 Maggio 1983, fece il suo ingresso in Diocesi il 3 Luglio successivo. A mons. Chiaretti il compito, dopo appena due anni, di dar seguito al decreto “Instantibus votis” del 30 Settembre 1986 con cui la Congregazione dei Vescovi stabiliva la piena unione delle due Diocesi. Fu necessario dotare la nuova città vescovile di tutte le strutture diocesane.

A questo punto il pensiero ripercorre la strada fatta insieme e questo vale per tutti e tre i nostri Vescovi passati. E trentotto anni sono tanti! Infatti fare la strada insieme significa costruire la propria storia in un confronto costante, aggiungendo, per noi cristiani, la guida della Divina Provvidenza. In queste particolari ricorrenze, poi, il sentimento privilegia la facile retorica e l’inevitabile commozione. Nel rivolgere un filiale «GRAZIE» a tutti e tre, vorrei solo evidenziare l’attenzione maggiore su alcuni singolari aspetti del Loro operato.

Con mons. Chiaretti mi vorrei soffermare sulla splendida pubblicazione di valore storico “Il movimento cattolico a San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, tra Ottocento e Novecento, appunti per una ricerca” e riportare subito un giudizio dell’editore: “Ringrazio mons.  Giuseppe Chiaretti per quel servizio pastorale permeato di «memoria storica»; per quell’accostarsi pieno di attenzione e rispetto al territorio e alle persone”. Partecipando ad un convegno su “il Movimento cattolico marchigiano…” nell’Ottobre del 1984, il Vescovo scoprì “la mancanza assoluta di pubblicazioni sull’argomento…”. Con questa precisazione un nuovo «terremoto culturale » si abbatteva sulla città, che qualche anno prima era stata descritta dal giornalista Pietro Calabrese del “Messaggero” un “deserto culturale”. Potrei aggiungere tante realizzazioni di quegli anni quali il Biancazzurro definito “il tempio della carità”, il dipinto della cattedrale, l’ottavo Congresso Eucaristico Diocesano, ho voluto soffermarmi su quell’episodio tanto fu il risveglio, specie tra i giovani che all’indignazione seguì una ricerca alacre e puntigliosa. Personaggi illustri da tempo ignorati ripresero il loro giusto posto, come, per citarne solo uno, l’indimenticabile parroco della Madonna della Marina, don Francesco Sciocchetti. Tornammo allo studio delle “Encicliche sociali” e tentammo di organizzare una “Scuola di dottrina sociale della chiesa”. che sfociò nei “Dialoghi con la città”, cui furono invitati illustri maestri.
Alla ripresa dell’anno pastorale 1995 si incominciò a vociferare del possibile trasferimento del nostro vescovo alla sede arcivescovile metropolitana di Perugia – Città della Pieve e così avvenne con nomina del 9 Dicembre e presa di possesso 28 Gennaio 1996.

Il 21 Giugno dello stesso anno sapemmo il nome del nuovo vescovo nella persona di mons. Gervasio Gestori. Consacrato vescovo nel duomo di Milano dal card. Carlo Maria Martini il 7 Settembre 1996, mons. Gestori prendeva possesso della Diocesi il 22 Settembre. Nei diciassette anni della sua permanenza la nostra Diocesi è cresciuta sul piano della carità con istituzioni di particolare attenzione verso il povero, gli emarginati, gli immigrati, lo straniero. Sono cresciuti i luoghi di accoglienza e di ascolto anche per chi ha bisogno di un conforto spirituale. Una particolare attenzione, mons. Gestori, ha rivolto ai giovani, talvolta con simpatiche lettere, consapevole delle difficoltà che essi incontrano in un mondo pieno di miti trasgressivi. Non ha dimenticato le famiglie così insidiate da una propaganda che deride i valori. Lo abbiamo spesso trovato partecipe dei grandi dolori conseguenza delle, purtroppo, frequenti disgrazie specie in mare. Ha avuto il coraggio di sottoporre all’esame del carbonio 10, nel 17° centenario della morte, le ossa del martire Benedetto presso l’università di Lecce. Elencare i tanti segni del Giubileo 2000, l’ampliamento del Centro Caritas, l’acquisizione del palazzo pastorale e del manufatto di San Francesco di Paola, si rischia di non essere completi. Vorrei soffermarmi sul “cammino sinodale” desiderato ardentemente dal Vescovo Gervasio, perché doveva essere un richiamo all’unità così ben espressa nel motto: “Lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo. Il Sinodo è durato quattro anni. “Celebrare un Sinodo, si legge nell’Introduzione degli «Atti» del 2012, è per una Chiesa locale una grande opportunità per riscoprire la propria identità e per individuare e valorizzare i carismi in essa presenti. Ma è stata soprattutto un’occasione propizia per crescere nella comunione, dimensione oggi affatto scontata, eppure così urgente per la vita stessa della Comunità ecclesiale”. L’ultimo anno, specie negli incontri serali in Cattedrale, fu veramente propizia.

Sulla scia del Sinodo sono stati i primi “piani pastorali” di mons. Carlo Bresciani, che è stato consacrato nel Duomo di Brescia l’11 Gennaio 2014 e che ha fatto il suo ingresso in Diocesi il 19 Gennaio dello stesso anno.
Mi piace qui riproporre quanto ho scritto negli Auguri del settantacinquesimo compleanno: “Ecco perché sant’Agostino chiama il Vescovo “Amicus sponsi” (Serm.46,30) , perché da dieci anni al Vescovo Carlo è stata affidata la sposa di Cristo, la chiesa che è in San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto. Egli nella prima omelia ci disse: “Un tesoro prezioso di fede ci è affidato; dobbiamo custodirlo e, senza improprie nostalgie del passato, renderlo fonte di vita per il nostro oggi per noi innanzitutto, poi, per i nostri ragazzi e giovani e per coloro che verranno dopo di noi. Che cosa può fare un vescovo in questa direzione? Da solo poco, ma se lo faremo insieme, con voi cari sacerdoti, miei primi collaboratori, con voi cari fedeli che gremite questa chiesa, con tutti i fedeli della chiesa di San Benedetto-Ripatransone-Montalto e anche con voi autorità qui presenti, allora il poco di ciascuno diventa il molto di tutti insieme”. La presenza costante a tutti gli avvenimenti e l’apporto concreto ad ogni richiesta stanno a dimostrare che il suo invito è stato accolto. È andato in visita pastorale in tutte le parrocchie per rendersi conto di persona dei vari problemi. Gli Auguri che oggi gli giungono sono il segno favorevole della sua presenza.
Va ricordato che gli anni in cui il Vescovo Carlo si è trovato a gestire la nostra Diocesi è stato tra i più incerti e disastrosi dei nostri tempi con il Covid 19 e il terremoto. Nonostante tutto, in ricordo del Giubileo della Misericordia, sono state istoriate le porte laterali della Cattedrale e resa agibile la stessa dopo il terremoto.
Per inciso, mi permetto di esprimere un giudizio sulla stupenda meditazione del Vescovo Carlo il 24 Febbraio nella giornata di spiritualità diocesana, dove è evidente l’invito a ristabilire la scala dei valori e dei doveri, così come fece San Paolo VI nel discorso di chiusura del secondo periodo del Concilio, usando una parola iterativa per dare vigore alla sua richiesta.

Domenica, 30 Giugno, il nuovo Vescovo Mons. Gianpiero Palmieri, con un brutto linguaggio giuridico “ha preso possesso della nostra Diocesi. Dall’espressione apparsa su “L’Ancora”, mi sembra più idoneo “lasciarsi prendere” dal popolo di Dio che abita in questa Chiesa. Infatti il comitato organizzatore dell’evento, in piena sintonia con il Vescovo, ha stilato un programma, tenendo conto del desiderio del nuovo Pastore della Diocesi di essere lui ad andare a visitare il Popolo di Dio, là dove vive. Così ne è nato un programma di “ingresso diffuso” che si è svolto in più momenti, tutti altamente significativi: uno presso il Parco della Conoscenza a Centobuchi di Monteprandone, dove ha incontrato i giovani; uno al Biancazzurro di Porto d’Ascoli, ove ha incontrato il mondo della fragilità; uno al Porto di San Benedetto del Tronto, presso la Banchina di Riva Malfizia, dove ha incontrato le autorità civili e militari, oltre che una delegazione della Marineria Sambenedettese, in rappresentanza del mondo del lavoro.

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