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Mons. Kulbokas (nunzio): “L’attacco all’ospedale di Kiev è un monito alle coscienze: la guerra va fermata”

Il nunzio apostolico mons. Kulbokas (foto Biagioni/SIR)

Di M. Chiara Biagioni

(da Kyiv) Attacchi “brutali” come quelli contro l’ospedale pediatrico di Kyiv sono un monito alle “coscienze”: “La guerra va fermata”. È mons. Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina, a parlare della situazione in Ucraina, a margine della preghiera per la pace che per inziaitvia del Movimento Europeo di Azione Nonviolenta (Mean) si è svolta l’11 luglio a Kyiv, in piazza Santa Sofia. Lo abbiamo intervistato.

Nunzio apostolico in Ucraina, mons. Visvaldas Kulbokas (foto Mean)

Eccellenza, siamo qui per invocare la pace in un momento drammatico della città di Kyiv dopo l’attacco all’ospedale pediatrico. Colpire i bambini. Come si può accettare una cosa del genere?
Mi sono chiesto in questi giorni durante la messa che significato abbia un attacco così. Mi è venuta in mente una risposta. Questi momenti così brutali possono scuotere le coscienze in modo che sia chiaro a tutti che la guerra non va tollerata in nessun modo. Non ci possono essere spiegazioni, motivi, giustificazioni di nessun tipo. La guerra va fermata. Va fermato l’aggressore.

Abbiamo gioito per il ritorno a casa di due sacerdoti redentoristi catturati dai russi. La diplomazia vaticana prosegue. Ma come va avanti?
Io continuo a pregare per loro, perché se voi vedeste che ferite portano nel loro corpo, potreste comprendere davvero in quali condizioni hanno vissuto durante la prigionia. Il nostro pensiero va ed è sempre andato alle migliaia di civili che si trovano ancora in prigione. Nessuno di loro dovrebbe stare in queste condizioni. Veramente di lavoro ce n’è tanto.

Come vede la situazione del paese in generale? C’è la guerra, ma c’è anche un popolo unito che resiste.
Io ho sentito una frase molto chiara da una persona, che s’impegna per la difesa dei diritti umani. Diceva: ‘l’occupazione non è pace’. Gli ucraini sanno che sottomettersi e farsi occupare non significa pace. Dicono quindi di non avere altre vie di uscita. Quindi più che dire che sono uniti e forti, va detto che gli ucraini non hanno altra possibilità. La situazione è pesante. Adesso siamo in piena estate. Ma il governo già dice alla popolazione di prepararsi per l’inverno. Ora non abbiamo elettricità, ma in inverno non abbiamo acqua oltre che il riscaldamento. La situazione può essere davvero pesante se si considera poi che a tutto questo si aggiungono gli attacchi, i bombardamenti, i missili.

Il 21 luglio arriverà il cardinal Parolin in Ucraina. Perché papa Francesco lo ha inviato qui?
È il primo collaboratore del Papa. Viene soprattutto per pregare. Si inizia con la preghiera. Vedremo che cosa si riuscirà a fare. Ma viene per la preghiera.

Quale responsabilità ha oggi l’Europa e cosa dovrebbe fare per il popolo ucraino di fronte a questi crimini di guerra?
Non ho tutte le risposte da dare. Dico però che quanta più identità abbiamo come europei, a livello culturale e spirituale, tanto più uniti siamo e tanto più creativi e propositivi possiamo essere per trovare soluzioni e vie di uscite. Non si tratta di subire le cose, ma di riprendere l’iniziativa.

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