DIOCESI – Si è tenuto ieri, giovedì 25 Luglio, alle ore 21:15, presso la Cattedrale Santa Maria della Marina in San Benedetto del Tronto, l’incontro dal titolo “Riconosciamo la voce del Pastore”. L’evento, che rientra nell’ambito delle iniziative proposte in onore della Madonna della Marina che si sta festeggiando in questi giorni, è stato condotto dal vescovo Gianpiero Palmieri.

Dopo il saluto del vicario generale don Patrizio Spina, parroco della Marina, mons. Palmieri ha esordito, spiegando così il tema della serata: “Perché Gesù dice che il pastore ed il gregge si riconoscono dalla voce? Il pastore ovviamente è Gesù e il gregge siamo noi. Tutti noi, in special modo i vescovi e i sacerdoti, siamo chiamati a dare voce alla voce del Signore. Questo compito riguarda tutti. Ognuno di voi è un buon pastore nell’ambiente in cui si trova a vivere: in famiglia, con i figli, con la propria sposa o con il proprio sposo, al lavoro, … Come si fa a riconoscere la voce del pastore? È il senso della fede di cui papa Francesco spesso parla. Ognuno di noi, per l’ascolto del Vangelo e per il dono dello Spirito Santo che abbiamo ricevuto, ha un certo senso della fede che gli permette di riconoscere le cose di Dio. Non bisogna essere dei grandi teologi per capire, quando qualcuno parla del Vangelo, se parla con profondità ed autenticità o se dice cose strampalate, solo per attirare l’attenzione su di lui“.

Il vescovo Gianpiero ha poi proseguito l’incontro, raccontando un tratto della sua biografia spirituale: “Vi racconto un passaggio fondamentale che il Signore mi ha fatto fare, che è diventato un momento di discernimento, una chiave di lettura in cui ho riconosciuto la voce del pastore”. Per farlo è ricorso alla biografia spirituale di San Giacomo, di cui ieri la Chiesa ne ricordava la festa: “Giacomo e suo fratello Giovanni vengono scelti non perché i migliori. Gesù, infatti, ha criteri di scelta diversi dalla nostra mentalità: Egli non sceglie i migliori, ma chi vuole Lui. Questo è particolarmente evidente per Giacomo e Giovanni, che sono definiti nel Vangelo di Marco ‘figli del tuono’ (Mc 3,17), ovvero degli impulsivi che si incendiano facilmente. Eppure, nell’episodio del Vangelo di oggi (Mt 20,20-28), si racconta che, nel momento precedente a quando Gesù sta per salire a Gerusalemme da re, mentre il popolo lo osanna, Giacomo e Giovanni imparano che seguire Gesù significa seguire il re che è venuto per regnare, cioè per servire, per essere il servo di tutti, per dare la sua vita in riscatto di tutti. I due fratelli restano molto colpiti dalle parole di Gesù: ne scopriranno la verità prima durante la trasfigurazione e poi nel Getsemani, ma intanto già questa esperienza è molto significativa. Per Giacomo è un’esperienza di grande ridimensionamento. Lui, che è ‘il figlio del tuono’, lui che vuole diventare primo ministro, si trova a zero, non è neanche in grado di stare vicino a Gesù nel momento della sua morte. Fugge come gli altri e, quando si risveglia, non è più lui. Quello che è successo a Giacomo, lo capiamo dalla sua lettera, che piaceva molto al mio papà, il quale diceva: ‘La capisco da solo!’. In effetti la lettera di Giacomo è molto concreta: in essa egli parla delle tensioni, delle invidie, delle gelosie, del privilegio dato ai ricchi a scapito dei poveri. Sono tanti i temi affrontati nella lettera, ma in particolare all’inizio afferma: ‘Chiediamo il dono della Sapienza che viene dall’alto’ e la chiediamo non con un animo incostante, di chi va e viene, ma con un cuore semplice. Giacomo ha imparato, fin dal primo incontro con Gesù, a farsi piccolo. Ha imparato dai propri peccati, dai propri errori, a farsi piccolo. E Giacomo sarà il primo dei dodici a bere lo stesso calice di Gesù, a sperimentare la morte. Nella mia biografia spirituale un’esperienza importantissima è stata proprio questa: passare dalla percezione del furore giovanile, in cui da giovane prete pensi di spaccare il mondo, soprattutto se vedi che le cose che fai ti riescono bene, alla percezione della propria miseria, quando invece fai esperienza del tuo peccato, del tuo limite, della tua fragilità. Io questa esperienza l’ho fatta tutta! Quando ti senti al culmine della tua miseria, guardato con amore da parte di Gesù, da parte di Dio, ecco che lì si cela il miracolo della piccolezza: ti senti molto piccolo e molto povero, ma molto amato. È  l’esperienza dei padri antichi della Chiesa, che dicevano: ‘Ti si spacca il cuore e ti viene dato un cuore umano’. Come fai a giudicare impietosamente gli altri, se tu hai sentito una misericordia di Dio sul tuo peccato?! Come fai  ad essere inflessibile, se qualcuno è stato con te pieno di misericordia?! Questa esperienza nella mia vita, vissuta intorno ai 35 anni, è stata fondamentale e mi ha lasciato il gusto della misericordia, un gusto che è cresciuto sempre più dentro di me, tanto che l’ho scelta come motto, riprendendo le parole di papa Francesco: ‘Architrave della Chiesa è la misericordia’. Dio vuole cambiare il mondo non con le persone molto brave, competenti, inappuntabili, che hanno la pretesa di essere perfette, bensì con il popolo dei piccoli e dei poveri,  per dirlo con un aggettivo coniato da papa Francesco, con i ‘misericordiati’“.

Al termine della catechesi, il vescovo Gianpiero si è reso disponibile a rispondere alle domande dei presenti. Numerosi i temi affrontati, come la misericordia, l’individualismo crescente nella società, il profondo bisogno di ascolto da parte dei giovani, le sfide future della Chiesa, l’unione delle due Diocesi del Piceno in persona episcopi. La serata si è conclusa con il saluto di don Patrizio e la promessa di rivedersi ancora.

Rivedi la diretta dell’incontro (Inizio al minuto 8): https://www.facebook.com/ancoraonline.it/videos/4205337379692811

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1 commento

  • Gianfranco
    27/07/2024 alle 06:06

    Più continui ad ascoltare il "nuovo pastore" che il Signore ha inviati alla nostra diocesi, più mi rendo conto del grande dono che ha voluto farci. Un pastore che ama veramente le pecore del suo gregge e che cerca di essere uno di loro e per loro.

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