X

FOTO Centobuchi, Festa di Sant’Anna. Il vescovo Gianpiero ai fedeli: “Nella famiglia si consegnano le cose più belle della vita”

Foto di Mimmo Campanelli

MONTEPRANDONE – “È davvero una gioia celebrare insieme. È bello avere Anna come patrona. Ed è bello ritrovarci qui per fare memoria di come il Signore si sia fatto uomo e sia entrato nella storia umana, nella storia di una famiglia. Noi oggi preghiamo per noi comunità cristiana, per i nostri paesi, per le nostre città, affinché possiamo essere sempre più famiglia”. Si è aperta con queste parole del vescovo Gianpiero Palmieri la celebrazione eucaristica di Venerdì 26 Luglio, alle ore 22:45, a Centobuchi di Monteprandone, nel campo antistante l’antica chiesa dedicata a Sant’Anna, invocata come protettrice delle madri e delle partorienti.

Nel giorno in cui la Chiesa ha fatto memoria liturgica della madre di Maria, i fedeli di Monteprandone e delle zone limitrofe, che tanto sono devoti a Sant’Anna, hanno concluso la ricca giornata di festeggiamenti con una solenne processione partita dal centro storico del borgo monteprandonese e giunta fino alla chiesa di Sant’Anna. Qui tutti i fedeli accorsi si sono radunati nel campo antistante l’edificio sacro per celebrare la Santa Messa presieduta da mons. Gianpiero Palmieri e concelebrata da numerosi sacerdoti: don Matteo Calvaresi e don Dieu Merci Asimbo Kele Kele, rispettivamente parroco e collaboratore dell’Unità Pastorale Regina Pacis – Sacro Cuore di Gesù; don Alfonso Rosati, parroco emerito della parrocchia Sacro Cuore di Gesù; don Vincent Chukwumamkpam Ifeme e don Andrea Tanchi, parroci delle parrocchie confinanti rispettivamente della comunità di San Niccolò in Monteprandone e di Maria Santissima Madre della Chiesa in Stella di Monsampolo; padre Marco Buccolini, guardiano del convento di San Giacomo della Marca. Presenti anche i diaconi Walter Gandolfi e Pierluigi Grilli. Assente, invece, per motivi di salute l’altro parroco dell’Unità Pastorale, don Armando Moriconi, il quale ha fatto giungere, attraverso don Matteo, il suo saluto al vescovo e alla comunità.
La celebrazione ha registrato la presenza di numerosi fedeli monteprandonesi, a partire dal primo cittadino Sergio Loggi. Presenti anche i componenti dell’Associazione Sant’Anna, che ha curato la festa, e delle Associazioni Sacro Cuore e Regina Pacis di Centobuchi, oltre alle Confraternite del Santissimo Sacramento e della Pietà e della Morte, entrambe di Monteprandone.

Queste le parole che il vescovo Gianpiero ha rivolto ai fedeli durante l’omelia: “È davvero una gioia potervi incontrare e vivere questo momento di liturgia eucaristica. Come sicuramente saprete, la liturgia ha avuto una piccola modifica tre anni fa, quando papa Francesco ha inserito la memoria dei Santi Gioacchino ed Anna, affinché né il nonno né la nonna di Gesù venissero dimenticati. Il Pontefice lo ha voluto perché c’è un mistero enorme contenuto in questo legame che ci unisce di padre e madre in figli e figlie, che diventano poi nuovamente padri e madre, in questa generazione della vita che avviene all’interno delle famiglie. È proprio lì, nella famiglia, che si consegnano le cose più importanti dell’esistenza, i valori, quello che rende la vita bella e degna di essere vissuta.

Parlando della famiglia, mons. Palmieri ha poi sottolineato il suo ruolo primario nella trasmissione della fede: “Ognuno di noi vive tutte le stagioni della vita. Prima la stagione in cui siamo bambini ed i genitori sono dei miti per noi. Poi la stagione dell’adolescenza, in cui diciamo: ‘Papà, mamma, siete vecchi dentro! Non capite niente!’. Poi ancora passiamo alla stagione della giovinezza, in cui sogniamo di costruirci una vita diversa, da soli. Fino ad arrivare all’età adulta, in cui spesso a molti di noi, in maniera improvvisa e dolce, tornano alla mente e al cuore le esperienze di vita vissuta con i genitori, le cose a cui si tenava di più, i valori che ci hanno voluto comunicare. Questo è un meccanismo bellissimo che il Signore si è inventato per trasmettere la fede. Nella Bibbia, infatti, c’è scritto che la fede viene comunicata di generazione in generazione, di famiglia in famiglia. Perché Dio ha voluto che il suo messaggio fosse consegnato dentro alla famiglia tra una generazione e l’altra? Perché nulla rende tanto credibile una parola quanto il fatto che a pronunciarla sia chi mi ha dato la vita, quindi mia madre o mio padre. Quell’insegnamento che mi viene dato da chi mi ha messo al mondo e mi ama e mi accompagna, ha per me un valore fondamentale e superiore a qualsiasi altro. Ognuno di noi riceve dai genitori cose belle e, a volte, anche cose meno belle, qualche ferita che magari ci portiamo dietro; però, noi sappiamo molto bene che la famiglia è quel contesto in cui si dà la vita e si trasmettono valori“.

Dalla considerazione che la famiglia svolge una funzione di primaria importanza, è nato il monito che il vescovo ha rivolto alle famiglie presenti: “Oggi allora dobbiamo tanto pregare per la famiglia. Qualcosa è saltato. Ve ne siete accorti anche voi? Talvolta si trovano dei nuclei familiari in cui c’è molto egoismo, anche tra generazioni, quasi che io debba stare per forza bene e addirittura lo star bene dei miei figli sembra venire molto dopo il mio. Nel piano di Dio, invece, chi viene dopo di me, quindi mio figlio o mia figlia, è più importante di me, per cui io lo amo o la amo e faccio tutto per lui o per lei. E, per come Dio l’ha pensata, in questa dinamica profondissima, che è quella genitoriale, che è quella da cui siamo segnati profondamente, ci comunichiamo le cose di grande valore. E tra queste anche la fede”.

In merito alla trasmissione della fede che avviene nelle famiglie, il vescovo Gianpiero ha poi raccontato un suo ricordo personale molto caro: “Ognuno di noi si porta dietro un ricordo dei genitori o dei nonni ed è un patrimonio ricchissimo. Anche nella mia famiglia si comunicava la fede. La famiglia dei miei genitori non era particolarmente credente, però io ho imparato la fede sulle ginocchia dei miei genitori. E anche la benedizione che ho chiesto e dato, entrando in Diocesi, l’ho imparata da mio padre e da mia madre, che mi davano un piccolo segno di croce, una benedizione, ogni sera prima di andare a dormire. Non erano particolarmente attivi in parrocchia, però era qualcosa che avevano imparato dai loro genitori. I loro genitori dai loro genitori e così via. Qualcosa che era stato loro consegnato, che si riteneva importante. Era un segno molto bello quello delle benedizione, perché significava dire ‘Io padre o io madre ti do tutto quello che sono capace, tutto l’affetto, tutto lo sforzo di farti diventare uomo, donna, anche facendoti maturare, anche mettendoti alla prova, anche facendoti crescere, ma c’è qualcosa che non dipende da me e che solo Dio ti può dare. Ed eccolo qui: il segno di croce sulla fronte. Tu non appartieni solo a me, tu appartieni a Dio, sei suo figlio. Tutto quello che ti serve per vivere della vita dello Spirito è Dio che te lo dona attraverso di me’.
È molto bello che Gesù abbia vissuto questa dinamica umana familiare, l’abbia vissuta per mezzo di Maria e Giuseppe, per mezzo di Gioacchino ed Anna e sicuramente anche per mezzo dei genitori di Giuseppe, anche se non ne conosciamo il nome. È una storia familiare in cui Gesù ha imparato sia le cose buone sia dagli errori dei suoi genitori, della sua famiglia. Il Vangelo ci testimonia qualche incomprensione persino tra Gesù e i suoi genitori. Eppure in questa dinamica il Figlio di Dio fatto uomo, è cresciuto come uomo, come uomo davvero, imparando le cose belle non solo dalle labbra di Dio Padre, nel silenzio della preghiera, ma anche dalle labbra di Maria e da quelle di Giuseppe. Da Giuseppe ha imparato un mestiere. Da Maria chissà?! Avrà preso la dolcezza, la mitezza”.

È questo – ha concluso il vescovo Palmieri – che oggi celebriamo: la bellezza di essere famiglia. Con tutte le dinamiche, le sofferenze, le gioie, che questo comporta. E preghiamo tanto per le nostre famiglie, sosteniamo le nostre famiglie, perché hanno un compito insostituibile: impariamo infatti a donare la vita, perché qualcuno ce l’ha donata. Impariamo così la bellezza della vita. Impariamo che qualcuno ci ha messo al mondo, dicendoci ‘È bella la vita. Per questo te l’ho donata!’“.

Prima della benedizione finale, il parroco don Matteo Calvaresi ha effettuato alcuni ringraziamenti e un giovane confratello, a nome della comunità, ha consegnato un omaggio floreale al vescovo Gianpiero.
La serata si è conclusa con un suggestivo spettacolo pirotecnico e con un bel un momento di convivialità per tutti gli intervenuti.

Significativo il numero di fedeli che, prima e dopo la Messa, si sono recati a fare visita all’antica chiesetta di Sant’Anna, per l’occasione adornata di luci abbaglianti. Tra questi soprattutto donne, alcune delle quali in dolce attesa, altre già madri che hanno chiesto l’intercessione per un figlio, altre infine che hanno pregato per poterne avere uno. Rilevante anche la presenza degli uomini che hanno accompagnato le loro mogli.
Purtroppo la chiesa è chiusa al culto, quindi è stato possibile pregare solo alle porte dell’edificio sacro, senza poter accedere all’interno. Tuttavia, seppur solo dall’esterno, in molti hanno ammirato gli affreschi preziosi raffiguranti Sant’Anna, presenti sulle pareti interne della chiesetta, davanti alla quale era solito predicare San Giacomo della Marca, patrono della città di Monteprandone.

Carletta Di Blasio: