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R.D. Congo. L’arcivescovo Muteba: “Solo l’élite politica e gli investitori stranieri beneficiano della manna mineraria del Katanga”

Lavoratori in una miniera di coltan (foto da Flickr https://creativecommons.org/licenses/by-nc/2.0/)

Patrizia Caiffa

Nella remota provincia del Katanga, a sud est della Repubblica Democratica del Congo, si trovano i più grandi giacimenti di minerali strategici per l’industria high tech, soprattutto il coltan, che serve per cellulari, computer portatili, videogames. L’80% delle riserve mondiali è in queste terre. Dai giacimenti si estrae anche rame, oro, diamanti, cobalto. “L’élite politica e gli investitori stranieri sono gli unici a beneficiare realmente di questa manna mineraria”, denuncia al Sir – e nel terzo Dossier (https://www.chiesacattolica.it/repubblica-democratica-del-congo-in-un-dossier-limpegno-della-chiesa-italiana/) curato dal Servizio  Cei per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli – mons. Fulgence Muteba, arcivescovo di Lubumbashi, e da luglio presidente della Conferenza episcopale nazionale del Congo (Cenco). Lubumbashi è la terza più grande città congolese, con circa 1.800.000 abitanti. La popolazione non beneficia affatto di queste preziose risorse, tutt’altro. I lavoratori vengono sfruttati, malpagati e lavorano in condizioni terribili, perfino migliaia di bambini. Oltre a quelli impiegati nelle grandi multinazionali occidentali e cinesi, ci sono i creusers, i cercatori artigianali, minatori illegali che cercano i minerali nei vecchi siti minerari abbandonati o nelle concessioni in attesa di sfruttamento industriale. “Qui i minori svolgono lavori non adatti alla loro età. Sono in situazione di insicurezza a causa della mancanza di attrezzature adeguate, sono vittime della piaga della prostituzione e di altre violazioni dei diritti umani”, racconta l’arcivescovo. L’arcidiocesi è in prima linea per sensibilizzare la popolazione tramite una pastorale “per la gestione responsabile e trasparente delle risorse naturali” e per la tutela dell’ambiente naturale, devastato dall’inquinamento e dallo sfruttamento selvaggio. E mentre le compagnie minerarie si arricchiscono, tra illegalità e corruzione, la povertà nella zona aumenta.

L’arcivescovo Fulgence Muteba (foto dal suo profilo Facebook)

Lubumbashi è una città mineraria, in quali condizioni vivono i lavoratori?

Le compagnie minerarie presenti nell’arcidiocesi di Lubumbashi operano secondo la logica del capitalismo. Il loro obiettivo è soprattutto fare profitto, molto profitto. Ciò ha due conseguenze. Da un lato, la situazione salariale dei lavoratori non è la loro prima preoccupazione. Come regola generale i lavoratori ricevono miseri salari. Dall’altro lato, il contributo delle imprese minerarie allo sviluppo locale è davvero trascurabile. Ecco perché, nonostante l’abbondanza di risorse naturali sfruttate, la povertà aumenta. Questa situazione è aggravata dalla corruzione che circonda il settore minerario nella Repubblica Democratica del Congo.

Tra loro ci sono anche molti bambini?

C’è una grande presenza di bambini molto piccoli in età scolare, nei campi minerari dove i minerali vengono sfruttati artigianalmente,

cioè nei vecchi siti minerari abbandonati da operatori industriali o in attesa di sfruttamento industriale. Qui i minori svolgono lavori non adatti alla loro età. Sono in situazione di insicurezza a causa della mancanza di attrezzature adeguate, sono vittime della piaga della prostituzione e di altre violazioni dei diritti umani. I salari che ottengono dal loro lavoro non sono proporzionati agli sforzi che fanno. Inoltre, sono esposti a malattie polmonari e malattie sessualmente trasmissibili, oltre all’insicurezza giuridica per l’assenza di contratti regolari con le persone che li assumono.

Quali sono le responsabilità dei Paesi occidentali, della Cina e del governo congolese nello sfruttamento delle risorse?

È il governo congolese che rilascia le autorizzazioni minerarie e riscuote tasse e le altre royalties che ne derivano. Le compagnie minerarie che lavorano qui provengono principalmente dall’Occidente e soprattutto dalla Cina. La triste constatazione è che, da un lato, il governo congolese è impantanato nella corruzione, nella mancanza di trasparenza e nella gestione opaca, e non presta sufficiente attenzione al contributo dell’attività mineraria alla crescita economica e al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale.

Le imprese provenienti dall’estero approfittano di questo clima di corruzione e frode per raccogliere la maggior parte dei minerali, a volte a prezzi bassi, in modo da ottenere il massimo profitto.

Il risultato è che la popolazione congolese non ne beneficia abbastanza e rimane povera. L’ambiente paga un caro prezzo e la popolazione stessa è vittima dell’inquinamento. Basti dire che l’élite politica e gli investitori stranieri sono gli unici a beneficiare realmente di questa manna mineraria. In termini di responsabilità, il governo congolese è al primo posto a causa della corruzione che circonda la gestione del settore minerario nazionale, in particolare nel Katanga. Le compagnie minerarie occidentali – e soprattutto cinesi – non fanno altro che approfittare di questa situazione di scarsa governance mineraria e di mancanza di trasparenza per sfruttare i lavoratori che impiegano e raccogliere quanti più minerali possibili per il proprio profitto.

I governi occidentali sono molto compiacenti nei confronti delle loro aziende che operano nella Repubblica Democratica del Congo quando si tratta di rispettare i diritti umani dei lavoratori e la responsabilità sociale.

In generale, chiudono un occhio sulle condizioni poco umane che impongono ai loro dipendenti, nonché sul loro contributo insignificante all’economia locale. Ad essere onesti, non gli importa molto. La Cina, d’altro canto, è addirittura peggio dei Paesi occidentali. Non si occupa della questione dei diritti umani e ancor meno delle condizioni poco umane che le aziende cinesi impongono ai lavoratori congolesi. In generale, la loro scala salariale è bassa e le condizioni di lavoro pessime.

Qual è l’azione dell’arcidiocesi in questo ambito?

Attraverso le sue tre commissioni, ossia la Commissione Giustizia e Pace, la Commissione per le Risorse Naturali e la Commissione Caritas per lo Sviluppo, l’arcidiocesi di Lubumbashi organizza una pastorale per la gestione responsabile e trasparente delle risorse naturali, in particolare dei minerali. Il suo intervento si articola su tre punti: la divulgazione dei testi giuridici che regolano la sana gestione mineraria, ossia il Codice minerario, i Regolamenti minerari, il Codice forestale, la responsabilità sociale delle imprese, l’Iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive, ecc.: la sensibilizzazione delle comunità locali sui loro diritti e la realizzazione di progetti a favore di queste comunità (costruzione di infrastrutture comunitarie, in particolare ospedali e scuole); il dialogo con i leader aziendali per una gestione responsabile e trasparente delle risorse minerarie.

Quali sono le vostre priorità dal punto di vista della tutela dell’ambiente?

Alla luce delle intuizioni ecologiste e dell’insegnamento di Papa Francesco, il tema della salvaguardia, tutela e rispetto dell’ambiente occupa un posto importante nella pastorale dell’arcidiocesi di Lubumbashi. È incluso nel nostro piano strategico quinquennale per la pastorale complessiva, sviluppato nel 2022. Le sue priorità ruotano attorno a: educazione relativa all’ambiente; operazione “Wangarii Maathai” consistente nella piantumazione di alberi; iniziative di sanificazione ambientale e gestione responsabile dei rifiuti; promozione di azioni di conversione ecologica; promozione della saggezza ecologica della cultura ancestrale.

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