“Il clima costruttivo e sereno, il dialogo e l’ascolto, ma anche il metodo sinodale dei lavori e la qualità delle relazioni proposte dal Comitato organizzatore presieduto da monsignor Luigi Renna ha riportato nel cuore della Chiesa il rapporto tra la fede e l’impegno politico e la riflessione sulla democrazia. In molti, però, è rimasta aperta una domanda: cosa è possibile fare adesso?”. Si apre con questo interrogativo il contributo dedicato dal gesuita padre Francesco Occhetta alla 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia pubblicato sul numero di agosto/settembre di “Vita Pastorale”.
“Da Trieste – sottolinea – sono emerse almeno tre parole: partecipazione, alfabetizzazione e ‘processo’ politico”. “Anzitutto, il ritorno alla partecipazione, che non si limita al voto”, osserva il gesuita, aggiungendo che “purtroppo anche all’interno del mondo cattolico è forte l’astensionismo se si pensa che non vota un credente su due che partecipa alla messa domenicale. Il card. Matteo Zuppi ha ricordato che partecipare significa ritornare ad amare la democrazia e a difendere la dignità di tutti. È questa la vocazione ‘politica’ della Chiesa che, come scriveva il teologo de Lubac, ‘presenta un carattere eminentemente sociale, che non si potrebbe misconoscere senza falsarla’”. “I discorsi del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e di Francesco, il primo Papa a presenziare a una delle Settimane sociali, nate con Toniolo nel 1907, rimangono la ‘luce da collocare sopra il moggio’”, commenta p. Occhetta. “Alfabetizzare la democrazia – prosegue – è la seconda parola consegnata dal presidente ai delegati: la democrazia è anzitutto cultura, un modo di stare nel mondo; è pensare democraticamente e testimoniare scelte e comportamenti democratici; è costruire un ‘noi sociale’ in cui si includono i progetti individuali e privati. Ma c’è di più: la democrazia nell’esperienza del cattolicesimo è anzitutto sostanza, prima di essere procedura. Se non fosse così non si avrebbe l’istruzione gratuita, la possibilità di curarsi, un sistema pensionistico universale e così via”. “La terza parola – continua il gesuita – l’ha consegnata il Papa che ha chiesto di essere voce che denuncia e ricostruisce. Ha invitato a costruire processi senza occupare spazi; questo modo si stare nello spazio pubblico ‘non si improvvisa: si impara da ragazzi, da giovani, e va allenato, anche al senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche e populistiche’.
È vero, i giovani camminano più veloci degli anziani, ma gli anziani conoscono la strada, solo insieme possono curare la democrazia, superare l’indifferenza, e dialogare invece di ridursi a fare il tifo”. Ai politici Francesco ha ricordato di stare “davanti al popolo per segnalare un po’ il cammino, in mezzo al popolo, per avere il fiuto del popolo, dietro al popolo per aiutare i ritardatari”.
Secondo p. Occhetta, “a Trieste è stato pensato il futuro con la ‘memoria’, non con la ‘nostalgia’ dei tempi ormai passati. È stato quello di incontrarsi e riconoscersi per costruire ‘amicizia sociale’ per democratizzare i molteplici ambiti sociali come il lavoro e lo studio, il volontariato e l’associazionismo, l’impegno amministrativo e la responsabilità politica”. “Le associazioni e i movimenti laicali – rileva – si sono ritrovati per una dichiarazione congiunta, mentre una settantina di amministratori locali si sono incontrati con l’idea di fare rete. Questa convocazione si poteva curare ancora meglio, ma esprime la voglia di partecipare e avere un orizzonte comune, com’era capitato a maggio in Campidoglio a Roma quando un centinaio di giovani sindaci e amministratori avevano raccolto l’invito della Fondazione Fratelli tutti per riconoscersi e introdurre nelle politiche locali il principio di fraternità”.
“Il seme è stato gettato”, conclude p. Occhetta: “I delegati sono ripartiti guardando il cielo e tenendo i piedi radicati nella terra per arginare tutto ciò che è inferno e offende la dignità della persona”.
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