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Sorelle Clarisse: “Perché cerchiamo il Signore?”

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Il prezioso servizio delle Sorelle Clarisse riprenderà a settembre. Le ringraziamo per questo importante appuntamento, che accompagna i lettori del giornale diocesano, portato avanti con costanza e amore. Grazie!

«Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai?». La folla, come abbiamo già visto nelle scorse domeniche, continua a seguire Gesù e ad incalzarlo con queste domande.

Domande che sono quelle dell’uomo di ogni tempo. Così come sono le domande che tutto il popolo, uscito dall’Egitto e in cammino nel deserto, mormora contro Mosè e Aronne.

Leggiamo così nel libro dell’Esodo: «Fossimo morti per mano del Signore nel paese d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatti uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine».

Come a dire “cosa stai facendo per noi, Signore? Noi non vediamo alcun segno della tua presenza! Come possiamo crederti? Perché non ci sazi così come eravamo sazi in Egitto?”.

Il Signore, allora, fa piovere «pane dal cielo», la manna, in modo che gli Israeliti potessero mangiare carne al tramonto e pane al mattino. Ma, se continuiamo la lettura del libro dell’Esodo, vediamo che la mormorazione del popolo ricomincerà da lì a poco quando verrà a mancare l’acqua.

Anche la folla che segue Gesù è stata appena saziata dal Signore, lo abbiamo visto domenica scorsa, nel brano evangelico della moltiplicazione dei pani.

Ascoltiamo le parole di Gesù proprio alla folla: «Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati».

Il popolo nel deserto, la folla attorno a Gesù…torna sempre, lo stiamo vedendo, il bisogno di sazietà, di essere sazi.

Ma il pane, la manna, non hanno il solo scopo di sfamare materialmente l’uomo ma vogliono essere, da parte di Gesù, un segno, qualcosa, cioè, che vuole mostrare quale sia il vero nutrimento che Lui vuole donarci.

Noi inseguiamo l’illusione della sazietà, di vivere cioè senza sentire i bisogni: è l’uomo vecchio, per riprendere i termini utilizzati da San Paolo nella sua lettera alla comunità di Efeso, «l’uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici», che insegue la sensazione della sazietà, cercando di negare il dato fondamentale della condizione umana, il fatto, cioè, che dobbiamo ricevere continuamente vita da Dio, dagli altri, dal creato.

Gesù, con la Parola di oggi, vuole interrogare la nostra fede: io amo Dio o i favori di Dio? Amo i doni che mi attendo da Lui o amo Lui?

Gesù ci spinge a fare un passo in avanti, ad interrogarci sul significato del miracolo e non solo ad approfittarne. Altrimenti rischiamo di cercare in Gesù colui che soddisfa un bisogno, che colma un vuoto, che sazia una mancanza e che, dunque, chiude l’uomo nelle proprie necessità senza aprirlo al desiderio.

Quando Gesù rimprovera le folle dicendo che esse lo cercano non perché hanno visto dei segni ma perché hanno saziato il loro appetito, dice che esse non hanno saputo passare dal dono al Donatore, non hanno fatto il salto della fede, sono rimasti ancorati alla materialità del dono.

Il Signore non vuole saziarci, perché, una volta sazi, noi non cercheremmo più Lui né ci muoveremmo verso gli altri, ma, ingannevolmente seguiremmo questa condizione che può, però, essere solo provvisoria: egli vuole sfamarci e dissetarci con la sua Parola da fare nostra, con la sua vita, con la sua presenza, così che ogni deserto della vita, nel quale inevitabilmente ci troveremo prima o poi a passare, diventi prova e memoria della cura quotidiana di Dio. Quella cura di cui canta il salmista: «Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato non lo terremo nascosto ai nostri figli, raccontando alla generazione futura le azioni gloriose e potenti del Signore e le meraviglie che Egli ha compiuto».

Redazione: