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VIDEO La riflessione del Vescovo Palmieri sulla democrazia e l’esempio che possiamo prendere dagli arcieri, sbandieratori e dai tamburini

ASCOLI PICENO – “È molto bello quello che viviamo anche oggi, la festa del nostro Patrono.
Quello che festeggiamo, in realtà, è il dono ricevuto da lui, nel 300 circa, il dono del Vangelo. Emidio e i suoi compagni erano affascinati dal Vangelo e dal Signore Gesù.

Con queste parole si è aperta la riflessione del Vescovo Gianpiero Palmieri, sabato 2 agosto, in occasione della Celebrazione della Parola in Piazza Arringo, in cui sono stati benedetti i Sestieri della Quintana e sono stati offerti i ceri a Sant’Emidio.

Leggi la cronaca del pomeriggio: Quintana, ieri l’offerta dei ceri, il momento di commozione con Pino Di Teodoro, Massetti: “Viva Ascoli e viva la Quintana”

Guarda tutte le foto: FOTOCRONACA Offerta dei ceri a Sant’Emidio

Il Vescovo Gianpiero ha poi affermato: “Per questo hanno detto sì alla missione affidata loro dal Papa di venire in questo territorio ad annunciare il Vangelo ai Piceni.
Emidio e i suoi compagni sono convinti che la Parola di Dio può cambiare il mondo, per questo sono sicuri che stanno portando qualcosa di profondo, di vitale, di dinamico, pieno della potenza dello Spirito, pieno della Grazia di Dio.
È l’annuncio a tutti dell’Amore di Dio, del Suo Perdono, della Speranza che viene da Lui.
Un annuncio che sana le ferite del cuore e le muove alla fraternità universale.
Non una dottrina per pochi, ma un messaggio di salvezza per tutti.
La testimonianza di Emidio è davvero molto ricca e ogni anno in questa occasione, con la festa di Sant’Emidio, né valorizziamo una parte.
Quest’anno vorrei sottolineare, in modo particolare, che Emidio ci dice qualcosa sulla libertà e sulla regalità di ogni uomo.

Il basilico

Vedete, Emidio è festeggiato tutti gli anni il 5 agosto, con un rito che si svolge sul sagrato della Cattedrale e che conoscete bene: alle 5.30 del mattino il Vescovo si riunisce, davanti a una folla non piccole di persone, per benedire il basilico.
Perché il basilico? Come nasce la benedizione del basilico?
Voi conoscete la leggenda: la tomba di Emidio è circondata da piante di basilico, quando nell’XI secolo il corpo da Sant’Emidio alle Grotte viene portato in Cattedrale.
Ma perché proprio il basilico?
Non certo per motivi gastronomici. Il basilico si mangia soltanto dalla fine del XVIII secolo; prima non si mangiava, quindi, non c’entra il sugo di Sant’Emidio.
Il motivo per cui si prende il basilico è perché questa parola, basilico, significa pianta del Re.
Sottolinea la regalità, la regalità di Emidio e di ogni uomo.
Come si sa i Re non subiscono la storia ma la cambiano, i Re non si lasciano condizionare ma decidono le sorti della loro vita e del pezzo di mondo che è a loro affidato.
Emidio non ha subito la condanna a morte ma con un atto veramente regale, di sovrana libertà, l’abbracciata e con il suo sacrificio ha cambiato la storia.
Un tempo, in Israele, alcuni venivano unti Re con olio misto a profumo: il crisma.
Da quel momento in poi diventavano pastori del loro popolo e avevano cura in modo particolare, così prevedeva la bibbia, dei piccoli e dei poveri.
Ma nella Chiesa fin dall’inizio le cose cambiano, non ci sono più alcuni che diventano Re con l’unzione crismale e l’imposizione della corona, ma tutti, è questo il messaggio del Vangelo, sono Re.

Libertà e regalità

Tutti! Tutti quanti i discepoli di Gesù, tutti gli uomini, perché a tutti è stata data la stessa libertà e la stessa regalità.
Tutti sono chiamati ad esprimere la ricchezza che si portano dentro per cambiare il mondo e per renderlo migliore. Questo è vero per ciascuno di noi battezzati, il giorno in cui siamo stati battezzati siamo stati unti con il crisma e ci è stato detto: ricordati tu sei un figlio libero di Dio, tu sei re, tu sei sacerdote, tu sei profeta.
La tua vita è nelle tue mani, il mondo è affidato a te, perché Dio non ha dei sudditi, lui che è Re del Mondo. Dio vuole regnare con te e ha soltanto Re che regnano insieme con lui.
Questo ce lo ricorda la prima lettera di Pietro: se ci stringiamo a Cristo, Pietra viva, diventiamo un popolo di Re, un popolo di sacerdoti.
Questo messaggio così bello, contenuto nella scrittura, è di una potenza incredibile.
Nel corso dei secoli ha cambiato la storia.

Democrazia

Pensate alla città medievale, oggi questo nostro rivivere la quintana e di indossare gli antichi costumi medievali, ci ricorda che questa città è stata segnata dal Vangelo e ha cercato di vivere, come ha potuto lungo la storia, i valori del Vangelo.
Ma certe cose diventano chiare solo con il tempo e con il passare della storia. È da questa radice, dalla radice del Vangelo che emerge un’idea molto importante che è quella della democrazia.
La democrazia significa che tutti sono Re e tutti sono chiamati a esprimere la propria regalità. Io so bene che all’inizio questa parola, alla Chiesa in modo particolare e ai papi, non è piaciuta molto. Qualcuna l’ha combattuta perché si metteva in discussione il potere dei sovrani e allora il papa era un sovrano. Solo con il tempo la Chiesa ha riconosciuto la bellezza di questa forma della vita sociale: la democrazia.
Quando finalmente è finita la questione del potere temporale dei Papi, tutta la Chiesa l’ha sostenuta con forza.
Tanti pensatori cattolici che insieme ad altri pensatori, dopo la fine della Seconda Guerra Mondale e la fine dei regimi dittatoriali del ‘900, hanno dato forma alla vita democratica attraverso la Costituzione.
Voglio richiamare questo dono che scaturisce non solo dalla città greca ma dal Vangelo, perché in modo particolare questo anno, durante la Settimana Sociale che i Cattolici hanno dedicato alle questioni del nostro Paese: la sua vita sociale e politica, sulla democrazia ci si è in particolare soffermati con un discorso bellissimo del Papa e del presidente Mattarella.
Vorrei fare un appello che rivolgo a me, a voi, a tutti: la democrazia non è un insieme di regole, non è un metodo, non sono le regole del gioco comune. La democrazia è quell’insieme di valori, condivisi, che diventano patrimonio di tutti.
La democrazia ci ha detto il Presidente: ha un’anima e quando perde questa anima, perde tutto.
L’anima della democrazia è che gli uomini sono tutti uguali, hanno tutti gli stessi diritti, sono chiamati a realizzare il bene comune, sono chiamati a rispettarsi gli uni gli altri, sono chiamati a vivere in questo tempo, permettendo a tutti di esprimersi e di dare il contributo alla vita comune. Per questo, da questa forma di governo, viene fuori che non bisogna negare i diritti di nessuno.
Quando una società diventa concentrata sui privilegi di pochi, quando vede crescere la povertà e non batte ciglio, quando la sanità rischia di diventare una questione che non è garantita a tutti quanti, quando… quando…
Sappiamo che sono tanti i problemi che viviamo anche oggi, ecco che è in gioco la vita stessa di quella società, l’anima che la tiene, che sono quei valori condivisi alla base della democrazia.

Siamo Re con diritti e doveri

Il secondo aspetto che volevo sottolineare: se siamo Re, liberi, come ci ha detto Emidio, come Emidio ci ha insegnato, come i Re di Israele siamo chiamati non soltanto ad avere dei diritti rispettati ma ad avere il dovere di farci vicini gli uni e gli altri e di promuovere il bene comune. Emidio è Re perché liberamente dona la vita.
La regalità di Emidio, come quella di Gesù, si esercita salendo sulla croce e donando la vita.
Il suo trono è la croce e la sua corona è fatta di spina e accanto, come primo e secondo ministro, ha due maledetti della storia umana. Questo è il patrimonio di valori della democrazia. I diritti e il dovere della solidarietà e del bene comune.
Il mettere al centro i più poveri e gli ultimi, non per elemosina ma, per giustizia e convinzione è crescere in una forma di governo che possa essere davvero democratica.
L’ultimo pensiero.
Siamo oggi qui a rivivere, attraverso la rievocazione della Quintana, le cose che sono a pilastro della nostra città, quelle che da Emidio in poi ci sono state insegnate e che abbiamo fatto nostre.
La città di Ascoli al tempo del medioevo non era peggio o meglio di oggi.
Aveva tante questioni che non andavano.
Pensiamo alle condizioni della donna, pensiamo alla lotta tra le famiglie. Pensiamo al sopruso di certi personaggi che diventavano dittatori della città. Pensiamo allo strapotere dei principi, che fossero il Vescovo o che fossero altri emissari dell’imperatore. Sempre la nostra città, come ogni città, ha fatto fatica a incarnare i valori del Vangelo.
Però la storia della nostra città non si è fermata, è arrivata fino al punto da vivere oggi questi valori e a incarnarli. Soltanto se si incarnano nell’oggi, nelle mutate condizioni, ecco che diventano vivi. La democrazia diventa una realtà viva nel momento in cui la esercitiamo. Allora impariamo da quello che oggi festeggiamo, impariamo dal Vangelo che Emidio ci ha portato, impariamo da questo grande momento che è la Quintana, a vivere davvero con uno stile che punta al bene di tutti: alla democrazia e alla solidarietà.

Impariamo dagli arcieri, sbandieratori e dai tamburini

Impariamo dagli arcieri: gli arcieri fanno centro. Impariamo a fare centro nella nostra vita personale e comunitaria.
Impariamo dagli sbandieratori: che imparano a fare ogni cosa all’unisono gli uni con gli altri. Senza gli altri non riescono ad andare avanti. Ci vuole intesa per fare gli sbandieratori.
Impariamo dal clarino e dai tamburini che imparano a suonare a ritmo la musica e dare a tutti la musica e il ritmo.
La musica è il Vangelo, il ritmo ci dice il quanto ci teniamo alla nostra vita democratica e alla ricerca del bene comune. A questa musica, in tutti questi secoli, siamo chiamati a camminare e a danzare.
Carissimi e carissima città di Ascoli: buon Sant’Emidio a tutti”.