Giovanni M. Capetta
Sono sicuramente da considerare preziose tutte quelle occasioni che le comunità parrocchiali, ma in genere le varie realtà ecclesiali, riescono a creare perché gruppi di famiglie possano trascorrere alcuni periodi di vita comunitaria, in genere una settimana. Spesso si tratta di nuclei famigliari che condividono un percorso che si struttura per tutto l’anno, magari con un tema pastorale su cui porre l’attenzione, oppure la lettura per esteso, condivisa e commentata di un libro della Parola di Dio. In questo contesto, i giorni estivi trascorsi insieme sono una sorta di coronamento di quanto vissuto durante l’anno. Questi giorni hanno il pregio di consolidare le relazioni e rendere concreta l’esperienza della bellezza che è insita nella vita comune.
Sono poi occasione per approfondire attraverso un confronto più libero e sereno gli argomenti affrontati nell’anno in parrocchia o in comunità. Spesso siamo tentati di pensare che il relax più salutare sia solo quello che viviamo appartati fra le mura domestiche o facendo scelte che rispondano esclusivamente alle necessità del riposo fisico e psicologico dei singoli componenti della famiglia, ma, invece, si può verificare che mettere insieme le fatiche comuni e le stesse esigenze di svago può portare frutti inaspettati. Si pensi ai momenti comuni delle colazioni, dei pranzi e delle cene. Da un lato – specie se si sceglie la strada dell’autogestione – è chiaro che far da mangiare per tante persone sia un onere che non si avrebbe se si fosse in vacanza per conto proprio, nello stesso tempo, però, il poter condividere le scelte relative alla pianificazione, alla spesa e ai diversi menù da proporre, in specie se fatto con dei criteri di turnazione, può far sperimentare l’antico detto che “l’unione fa la forza” e che una responsabilità affidata a tante persone insieme risulta più leggera da sostenere. In tal senso è spesso d’aiuto che nel gruppo vi siano famiglie in diverse stagioni della loro vita. Coppie con figli più piccoli possono sentire alleviato il peso dell’accudimento grazie all’aiuto e al sostegno di genitori più avanti in età, con figli già più autonomi e che quindi possono dedicare attenzione ai figli altrui o anche solo essere una sponda d’ascolto per tutte quelle apprensioni che tipicamente nascono quando si è alle prime armi con i propri piccoli. Quando, poi, si formano grandi tavolate è abbastanza naturale che si creino simpatiche conversazioni e anche degli aiuti reciproci. Diventa quasi spontaneo che anche i ragazzi si responsabilizzino nei confronti di chi magari non è ancora del tutto autonomo e ha bisogno di aiuto e di qualche dritta per rimanere seduto a tavola e non dipendere in ogni cosa dai genitori che si sono concessi di non essere proprio al loro fianco, ma a qualche distanza con gli altri adulti.
Questa disponibilità ad una sorta di mutuo soccorso si declina in tante dinamiche ed è il frutto maturo della confidenza, una dimensione che non si impone a tavolino, ma che matura solo con il tempo e la frequentazione assidua. Accordarsi, letteralmente sintonizzarsi gli uni sulle esigenze degli altri è questo che fa crescere lo spirito comunitario. Ciò vale, per esempio, anche per una gita, in cui quei bambini che mostrano maggiore pigrizia o poca propensione a fare un po’ di fatica per raggiungere la meta, vengono spronati dalla fantasia e dalla pazienza di qualche adulto che sa come interrompere un’impuntatura o un capriccio con un racconto o qualche diversivo, facendosi alleato dei genitori che spesso non trovano da soli la chiave di persuasione vincente. L’amalgama che si va creando fra grandi e piccoli è anche quel terreno che permette di fare attività diversificate. Con una mirata programmazione è possibile affidare ai figli più grandi che si rendano disponibili l’incarico di animare alcune ore insieme ai più piccoli, mentre i grandi vivono i loro momenti di formazione. Gli adulti sono per un poco sollevati dalla costante necessità della cura e possono dedicarsi un po’ di tempo per crescere nella consapevolezza della loro relazione e nel fecondo confronto con le altre coppie. I giovani si allenano ad essere responsabili di fratelli ed amici più piccoli, mettendo in campo creatività ed altruismo. Lo stesso passo condiviso può essere vissuto nella sfera della preghiera e della vita liturgica. È bello quando si ha il tempo e la disponibilità per brevi momenti, in particolare alla mattina e alla sera, in cui si possa lasciare spazio alle intenzioni spontanee, sia dei grandi, sia dei ragazzi. È tempo di lode per la natura tutt’attorno, per lo stesso stare insieme, ma anche di invocazione per le preoccupazioni o le difficoltà che si vuole elevare insieme al Signore. La convivenza crea un linguaggio proprio che si ripropone anche nella semplicità delle celebrazioni eucaristiche, magari vissute all’aperto, offrendo a tutti, in particolare ai figli, la percezione che il tempo della Messa non è solo un dovere noioso ma un’occasione di ringraziamento che si inserisce con naturalezza all’interno della giornata. Le famiglie che partecipano a vacanze condivise ottengono da questo tempo insieme il dono di una conoscenza più profonda, tangibile che è il presupposto per essere davvero di reciproco sostegno nel cammino esistenziale ed ecclesiale. Quando inizia un nuovo anno in parrocchia coloro che hanno fatto vacanze insieme si riconoscono nei saluti, negli sguardi, nei gesti d’affetto e si può ben dire che pochi giorni insieme li hanno resi più fratelli.