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Arquata del Tronto, Intervista al giovane Samuele Camacci: “Ci sarebbero molte cose da fare o migliorare!”

ARQUATA DEL TRONTO – “Abbiate il coraggio di sostituire le paure coi sogni. Non siate amministratori di paure, ma imprenditori di sogni!” – È con questo invito, lanciato da papa Francesco la scorsa estate durante la GMG di Lisbona, che vogliamo riprendere la nostra consueta rubrica dedicata ai giovani.
Oggi conosceremo meglio le paure ed i sogni di Samuele Camacci, un giovane di Arquata del Tronto che ha 15 anni e tra pochi giorni inizierà a frequentare il terzo anno del Liceo Scientifico Orsini in Ascoli Piceno. Figlio di Enza De Angelis e Berardino Camacci, Samuele ha anche una sorella di 25 anni, Ilaria.

Come è la vita sociale qui ad Arquata del Tronto per un giovane della tua età?
D’estate la situazione è accettabile, perché tornano alcuni vecchi compaesani da Ascoli o Roma, quindi la vita sociale è abbastanza viva. Purtroppo però questo dura solo pochi mesi, due all’incirca, mentre per il resto dell’anno la vita è molto più monotona. Per quanto mi riguarda, frequentando una scuola abbastanza impegnativa, nel pomeriggio ho molto da studiare, quindi non mi resta molto tempo per fare altro e la settimana scorre abbastanza in fretta. Quando, però, subentra la noia, vado ad Ascoli dai miei amici e colleghi studenti, così mi diverto un po’.

C’è un hobby o uno sport a cui dedichi o ti piacerebbe dedicare del tempo?
Quando ero più piccolo giocavo a calcio, ma purtroppo ora non lo faccio più. Prima del terremoto c’era una squadra di calcio qui ad Arquata, ma dopo il sisma hanno sospeso tutti gli allenamenti e le partite. Dopo molto tempo, abbiamo ripreso a giocare, ma è durato solo pochi mesi, perché nel frattempo c’è stata l’emergenza Covid. Abbiamo pensato di mettere su almeno una squadra di calcio a cinque, per la quale occorrono meno atleti, ma purtroppo non ci siamo riusciti. Certamente potrei provare a fare sport in altre città, come ad esempio ad Ascoli, però, considerando gli impegni di studio e il tempo che impiegherei per il trasporto da una località all’altra, non ce la farei; quindi purtroppo ho dovuto abbandonare.

Ad Arquata ci sono ancora giovani della tua età? Se sì, cosa fai con loro nel tempo libero?
Qui ad Arquata dopo il terremoto molte famiglie sono andate a vivere in altre città, quindi alcuni amici non li vedo da tempo. Ci sono tuttavia altri che ancora risiedono qui, che sono stati miei compagni durante i tre anni della Scuola Media e che ancora frequento. Certamente non è sempre facile vedersi, perché il nostro paese è territorialmente abbastanza vasto, quindi chi abita a Spelonga, come me, ad esempio, non vede con facilità chi vive a Pretare. L epoche volte che ci vediamo, parliamo un po’, ci raccontiamo cosa abbiamo fatto dall’ultima volta, poi giochiamo e ci divertiamo.

Cosa faresti per migliorare la vita nel tuo paese?
Ci sarebbero molte cose da fare o migliorare! Credo che la priorità sia restituire momenti di socialità, altrimenti le persone continueranno ad abbandonare il paese. In questi mesi sono andato a visitare L’Aquila e il territorio circostante ed ho visto che molti paesi hanno ricreato sia strutture che occasioni di incontro: questo ha aiutato molto le persone a ripartire e a decidere di restare. Anche qui ad Arquata si potrebbe ripartire con qualche attività sportiva: io ho nominato il calcio, perché qui ci sono storicamente grande passione e grande interesse verso questo sport, ma ovviamente si può pensare anche ad altro. L’importante è che tutte le persone, anche le più giovani, riescano ad avere occasioni di incontro.

Hai sostenuto la decisione della tua famiglia di restare ad Arquata del Tronto o avresti preferito andar via dopo il terremoto?
Sì, dopo il terremoto, quando ero ancora piccolo, io sono stato fortemente deciso a tornare qui. Ma ora che sono più grande, sinceramente non so se farei lo stesso. Ritengo questo paese la mia casa: qui ho i miei nonni, i miei zii, i miei amici, la mia abitazione. Ma da grande non ho la certezza di restare qui.

Qual è il tuo sogno più grande?
Al momento è quello di diventare ingegnere.

Invece la fragilità più grande che hai, il tuo punto debole?
Sono un po’ timido. Onestamente non ritengo che sia un grosso difetto, però, in questo mondo, che ci vuole tutti molto esuberanti e sempre brillanti, può sembrarlo. Almeno, io in questo momento lo vivo così.

Cosa ritieni un valore?
Essere felice: credo dovrebbe essere un diritto di tutti, anche se purtroppo non sempre è così.
Poi stare in salute, perché, per quanto si possa avere tutto, se non c’è la salute, non ci si può godere nulla.
Infine il divertimento: oltre alle fatiche quotidiane e ai doveri legati al lavoro e allo studio, ognuno di noi dovrebbe trovare un po’ di tempo anche per divertirsi, per ricaricare le pile ed avere poi maggiore energia per fare ogni cosa.

Quando sei un po’ giù, cosa ti fa sorridere e cosa ti dà coraggio?
In generale lo sport e la musica sono per me molto importanti: mi ricaricano, mi danno energia e mi mettono di buonumore. Inoltre, quando ho un po’ di tristezza, magari perché ho preso un brutto voto a scuola o qualcosa è andato storto nelle relazioni con gli altri, prima di andare a letto mi metto a pregare. Non so perché, ma con la preghiera riesco a liberarmi dei pesi che ho nel cuore.

Dunque sei credente? Qual è il tuo rapporto con la fede?
Sto frequentando il Catechismo per ricevere il Sacramento della Cresima. Siamo circa una ventina di ragazzi, soprattutto di 14 / 15 anni, ma qualcuno è anche più grande. Stiamo percorrendo un bel cammino. Sinceramente non partecipo sempre alla Messa, perché le chiese principali sono a Borgo e a Pescara del Tronto – quindi non vicinissime a casa mia -, però mi ritengo credente. Purtroppo molti miei coetanei stanno perdendo la fede e il fatto di non avere luoghi e occasioni di incontro influisce su questa tendenza, perché non viene data a noi giovani l’occasione di incontrarci e di conoscere Gesù.

Cosa potrebbe fare la Chiesa per essere più bella nel senso etimologico del termine, ovvero più capace di attrarre a sé, come faceva Gesù?
Io quest’anno ho partecipato ad un ritiro ad Assisi che è stato veramente molto bello e che rifarei subito, ma mi è stato proposto all’interno del cammino per ricevere la Cresima. Per tutti gli altri giovani che hanno già ricevuto questo Sacramento o per quelli più piccoli che ancora devono riceverlo, invece, non ci sono state grosse opportunità di incontro. Se ci fossero maggiori momenti di aggregazione e di conoscenza, credo che le cose cambierebbero. Parto dalla mia personale esperienza, che però credo sia comune a molti altri miei amici. A me la fede è stata trasmessa dai miei genitori: in particolare da mio padre, attraverso il suo servizio di catechista, ma anche da mia madre, attraverso le sue raccomandazioni e la sua testimonianza. Però, dopo una certa età, la famiglia va a finire in secondo piano e noi ragazzi vogliamo vivere ogni esperienza con i nostri coetanei. Questo vale anche per la fede. Con il catechismo per la Cresima, con gli incontri settimanali che facciamo, noi ragazzi nati nel 2008 e nel 2009 ci siamo riavvicinati. Per tutti gli altri invece? Credo non bastino tre incontri all’anno, credo sia necessaria una certa continuità, un po’ come succede tra amici: se non ci si vede spesso, un po’ alla volta si perde la confidenza e anche la voglia di vedersi; se invece c’è costanza, i rapporti si rinsaldano e cresce anche la voglia di incontrarsi di nuovo. Così è per la fede. O almeno questa è la mia esperienza. Sarebbe bello se tutti i giovani potessero scoprirsi o riscoprirsi cristiani non solo grazie alla famiglia, ma anche e soprattutto attraverso un cammino fatto insieme ad altri giovani, nella condivisione di esperienze e nella costruzione di amicizie autentiche e durature.

Carletta Di Blasio:

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