GROTTAMMARE – Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata ai giovani del territorio che si contraddistinguono per le loro passioni, i loro studi e dunque le loro abilità. Questa settimana abbiamo incontrato Christian Rosati, giovane grottammarese fin da piccolo appassionato di scrittura. In particolare, ha già scritto alcune canzoni, l’ultima, uscita nei giorni scorsi, s’intitola “10 Marzo” ed è disponibile su tutte le piattaforme digitali.
Christian questo brano è dedicato a suo nonno materno Umberto. Che figurata è stata per lei?
Mio nonno è stato per me una grande fonte di ispirazione. Era una persona onesta e pura, e questi sono gli aspetti che maggiormente apprezzavo di lui e che ho ereditato. Mi ha insegnato ad essere forte, sicuro di me, a credere nelle mie capacità e ad avere ambizione. Aveva tanto da insegnare, ma amava anche ascoltare e, ogni volta che tornavo a casa dopo la scuola, durante il pranzo, non vedeva l’ora che gli raccontassi ciò che era successo in classe; non perdeva occasione di complimentarsi con me, elogiandomi e mostrandomi la sua soddisfazione e il suo orgoglio, anche se molte volte cercava di contenersi. Lui non era molto espansivo, ha passato la vita in mare, lavorando come direttore di macchine, lontano dalla sua città natia e dalla sua famiglia e questo lo ha reso freddo e distaccato; eppure, apprezzava sempre le belle parole, gli abbracci e i baci ed io non glieli ho mai fatti mancare sia per mostrargli il mio rispetto sia per dimostrargli quanto gli volevo bene. È stato il mio primo fan, mi ha seguito ovunque andassi, supportandomi e standomi vicino in ogni traguardo della vita; condividevamo la passione della musica, ma, allo stesso tempo, eravamo d’accordo sull’importanza dello studio e così mi ha accompagnato nel portare avanti questo connubio studio-musica, che ancora adesso sussiste nella mia vita. Insieme a lui se n’è andata una parte di me e ciò che mi ha permesso di andare avanti con serenità, seppur ci sia voluto molto tempo, è stato pensare che abbia cominciato a vivere dentro di me. Ho vissuto la vittoria a l’Eredità, il quiz di Rai Uno, non come un caso, ma come un insegnamento da parte sua, guardando alla parola con la quale ho vinto: “Basso”, associata a “Volare”. E’ in quel momento che ho percepito la sua presenza; lo stesso è stato quando mi sono diplomato con lode: prima che se ne andasse mi aveva detto che si aspettava che sarei uscito dal liceo con quel voto, perché sarebbe stata la cosa giusta, ed è stato proprio così. La sua presenza e il suo ricordo sono rimasti vivi in me, non smetterò mai di pensarlo e di riconoscere la sua presenza in ciò che mi succede nella vita, convinto che mio nonno saprà indicarmi la strada giusta.
Quando ha capito che le piaceva scrivere canzoni?
La musica è una passione che mi accompagna fin dalla tenera età, a otto anni ho messo le mani su un pianoforte per la prima volta, e da quel momento non ho più smesso. Mi sono avvicinato al cantautorato nel 2019 quando ho partecipato al “Cantagiro”, per il quale occorreva un inedito scritto da me, allora insieme a un amico di scuola abbiamo prodotto “Rime su un pezzo di carta”. Da quel momento ho compreso il valore e l’importanza dello scrivere testi, sentivo di aver trovato un modo per potermi esprimere in libertà conciliando i pensieri e i sentimenti che provavo con la musica e producendo qualcosa che rimanesse nel tempo e lasciasse il segno. In seguito ho continuato a scrivere testi, ma questa volta da solo, e a comporre la mia musica ed ecco che sono nati altri singoli come “Mai sazi”, “Tu non sei con me” (presentata al “Tour Music Fest”), “R-estate”, “E stelle” (presentata ad Area Sanremo), “Amore che fai” ed il nuovissimo “10 marzo”, con il quale sto partecipando a “Marche Incanto”.
Concorso nazionale canoro dove ha già conquistato la finalissima che si svolgerà il prossimo 19 ottobre. Come si sta preparando per questa data?
A livello vocale mi sto esercitando a cantare il brano cercando di essere il più preciso possibile. Una componente essenziale di questa canzone è l’interpretazione, perché deve essere prima di tutto “sentita” dentro e successivamente ascoltata e quindi cantata. Per questo non c’è un modo preciso per prepararsi, basta pensare intensamente alla persona alla quale è dedicata, ai ricordi che sono legati a lei e a ciò che si vuole trasmettere con le proprie parole. Credo che il segreto per farsi apprezzare dal pubblico sia essere se stessi, onesti mostrandosi per come si è, anche con le proprie fragilità, insicurezze, paure. Sono sempre stata una persona forte affrontando la vita con ottimismo e positività, tuttavia, dopo quello che è successo, ho perso quella serenità che mi contraddistingueva: non c’erano più quelle persone che mi rendevano felice, soprattutto in un periodo particolare fatto di cambiamenti e novità. Ci sono voluti molti mesi per elaborare la perdita e per ordinare tutti i pensieri che mi passavano per la testa, e così, mi sono fatto forza e ho scritto “10 marzo”, con le lacrime agli occhi ma con la convinzione di stare facendo la cosa giusta.
Diplomato con lode al liceo Scientifico, oggi di che cosa si occupa?
Studio Medicina all’università di Pavia e sogno di diventare un medico oculista, al contempo porto avanti la mia passione, mi esercito al pianoforte, cerco nuove sonorità, butto giù idee e dando spazio alla mia creatività. Nell’ambito dello spettacolo lavoro con l’associazione Lido degli Aranci di Grottammare che mi dà la possibilità di esibirmi, cantare, suonare e presentare diversi eventi e feste che si svolgono nel territorio e non solo. Grazie a loro riesco a studiare e a esprimermi su un palco dove ancora bambino ho mosso i primi passi.
Cosa prova ogni volta che sale su un palcoscenico di fronte ad una platea?
Felicità. Sento di essere nel posto giusto. Certamente un po’ di tensione prima di salire c’è, ma credo sia normale. Sono una persona molto precisa e vorrei sempre che le cose andassero come da scaletta, però ho imparato che gli imprevisti esistono e bisogna conviverci, la differenza la fa il saper gestire il “non previsto” e renderlo “previsto” improvvisando e mantenendo attento il pubblico in sala, intrattenendolo. Quando salgo sul palco, che debba cantare, suonare o condurre, cerco di guardare negli occhi il pubblico, mi aiuta a scaricare la tensione e a capire cosa stanno provando nel momento in cui sto parlando. Se canto o suono cerco di creare un’intesa tra me e loro e di renderli partecipi, mentre se presento, provo ad essere il più naturale possibile come se fossimo tutti quanti in un salotto. Quando presenti, il pubblico deve guardarti e ascoltarti, non può essere distratto e tu devi fare in modo di attirare la loro attenzione, suscitare il loro interesse e mantenere dei tempi e ritmi tali da non annoiarli.
Come riesce a conciliare lo studio con le sue passioni?
Ho sempre cercato di conciliare lo studio e la musica. Poi, nella mia vita, ho anche fatto tante altre cose, ho provato innumerevoli sport, sempre con la filosofia del “provare per credere” ho praticato il nuoto, canottaggio, palestra, equitazione, ho lavorato come bagnino di salvataggio nella stagione estiva di due anni fa, ho ballato per molti anni (ero particolarmente portato per il tip tap), cantato nel coro della scuola; insomma ho sempre cercato di riempire le mie giornate sperimentando cose nuove e mettendomi in gioco, in cerca di nuove sfide e avventure. Quando dedichi il tuo tempo ad attività stimolanti che ti arricchiscono culturalmente e umanamente consentendoti di fare tante amicizie riesci a far conciliare tutto ciò con il tuo “dovere”, che è lo studio. In verità il segreto è rendere quel “dovere” un piacere, certo non è sempre leggero il carico di studio che dobbiamo sopportare, ma cercare di affrontarlo con la voglia e la curiosità di sapere qualcosa in più aiuta sicuramente.
Qual è il suo sogno nel cassetto?
Non ho qualcosa di ben definito. Il mio desiderio è quello di realizzarmi, portare a termine i miei studi e credere sempre nelle mie passioni. Vorrei continuare a fare ciò che mi rende felice e mi soddisfa senza smettere di sperimentare, imparare e soprattutto essere curioso. Continuare a sorridere alla vita affrontandola con ottimismo, imparando dagli errori, rialzandomi dalle “cadute” e non perdendo mai la fiducia in me stesso.