ACQUAVIVA PICENA – Sabato 31 agosto, all’interno della Fortezza Medievale di Acquaviva Picena, si è svolto l’incontro tanto atteso sui “falsi storici”, tenuto dal prof. Teodorico Compagnoni e dal prof. Andrea Viozzi.
Davanti a un numeroso pubblico, i relatori si sono addentrati nel Medioevo, da sempre definito “Epoca buia”, e hanno catapultato i presenti, come in una macchina del tempo, in un periodo storico che riserva ancora molte sorprese, mettendo in luce anche molti “falsi storici”.

Dopo i ringraziamenti all’Amministrazione Comunale di Acquaviva Picena, in particolare all’assessore al Turismo Marianna Spaccasassi che ha portato i saluti del sindaco Infriccioli, al sindaco di Cossignano Roberto Luciani, presente all’incontro, alla presidente dell’Utes Diana Lanciotti Zoboletti e alle altre autorità, il dott. Gianni Balloni, presidente del Lions Club di San Benedetto del Tronto, ha lasciato la parola al prof. Teodorico Compagnoni, professore di Antropologia culturale e Storia delle religioni, il quale ha esordito dicendo: «Questa sera voglio scendere con voi nei falsi storici, a partire da tutto ciò che riguarda l’anno Mille e soprattutto la paura della fine del mondo, messa in giro da uno dei tanti movimenti “millenaristi” che sono sorti. In seguito, per introdurre l’intervento del mio amico Andrea Viozzi, vi parlerò della concezione dell’Inferno che si aveva nel Medioevo».

Il prof. Compagnoni ha poi brevemente riassunto quale sia l’immagine che i più hanno riguardo al Medioevo: «L’“Età di mezzo”, il “Moyen Âge”, è stata l’epoca più calunniata della storia dell’umanità, tanto che non le è stato dato neppure un nome specifico, come lo è stato per l’età romana e quella greca. La si fa partire cronologicamente dal 476 d.C., con la caduta dell’Impero romano d’Occidente e la deposizione di Romolo Augustolo, e la si fa terminare nel 1492 con la scoperta del “Nuovo Mondo”, non America; quella concezione si avrà venticinque anni più tardi con Amerigo Vespucci».

Addentrandosi sempre più nell’argomento, il professore ha detto: «Il Medioevo non è quell’epoca compressa che ci hanno dipinto; è stata invece un’epoca di grandi scoperte e di grandi personaggi, di grandi rivoluzioni e innovazioni che hanno cambiato per sempre la storia. Basti pensare che inizia con la teoria tolemaica, geocentrica, e termina con la teoria copernicana, eliocentrica. La previsione catastrofica della fine del mondo era più nella mente della gente di cultura del XIX secolo che nelle persone vissute nell’anno Mille. Carducci scrive addirittura un componimento dedicato a questa credenza, ma lui non era il solo a essere convinto di ciò. Né nell’Apocalisse di san Giovanni né nelle parole di san Paolo troviamo un riferimento alla data della fine del mondo; non è scritta da nessuna parte. Purtroppo, c’erano anche molti predicatori che facevano riferimento alla data della fine del mondo, ma la Chiesa non ha mai appoggiato alcuni di essi. Si parla di fine del mondo in molti testi, ma senza descriverne la data. Che la gente non credesse alla previsione è testimoniato da molti documenti ritrovati; ve ne citerò tre in particolare: uno riguarda una Bolla di papa Silvestro II redatta il 31 dicembre del 999, in cui il Pontefice regolarizza i rapporti con l’Abbazia di Fulda in Germania; in questa lettera ci sono le indicazioni da seguire negli anni a venire. Un altro documento viene redatto nell’ottobre del 999 da Ottone III e riguarda i rapporti con l’Abbazia di Farfa; i territori farfensi erano presenti anche qui ad Acquaviva, Cossignano, Castignano e Offida; in queste leggi si dispone che sarà l’Imperatore ad eleggere gli abati di questa Abbazia imperiale da lì fino alla fine del mondo. Come terzo documento, c’è un contratto tra due fratelli, stipulato nell’ottobre del 999, con validità di ventinove anni».

Compagnoni ha poi spostato l’attenzione sul modo di concepire l’Inferno nel Medioevo: «I peccati, con il passare degli anni, sono stati giudicati in modo diverso; rimaneva comunque consolidata l’idea che allontanarsi dalle leggi di Dio portasse alla dannazione eterna e che quindi l’uomo si dovesse redimere e cambiare il modo di vivere. Oggi la società, divenuta sempre più atea, sembra aver dimenticato l’esistenza dell’Inferno; un tempo c’erano molti predicatori che ammonivano le persone e le esortavano a seguire la dottrina di Cristo. Anche la figura della donna durante il Medioevo ha subìto una diversa concezione, da mezzo di dannazione a mezzo di redenzione, riscoprendo il ruolo di Sara, moglie di Tobia, che ritroviamo nelle Sacre Scritture».

Terminata la prima parte dell’incontro, il prof. Andrea Viozzi, attraverso meravigliose opere d’arte, si è introdotto nell’“Età di mezzo”, argomento “portante” della serata: «Vorrei partire parlando del “Timore di Dio”. Questo dono dello Spirito Santo significa riconoscerci piccoli davanti alla grandezza di Dio. Mi piace spiegarlo con la metafora del bambino che ha paura del buio e che, se prende per mano la mamma o il papà, non ha più paura del buio, ma ha paura di lasciare la mano della mamma o del papà. Ecco, quel bambino siamo noi: senza Dio siamo persi».

Il prof. Viozzi ha poi iniziato a illustrare i molteplici “Giudizi Universali” rappresentati nelle chiese italiane e all’estero: «Vi parlerò del “Giudizio Universale” che trovate nel portale d’ingresso della chiesa di Sainte-Foy a Conques, in Francia, e di quello che si trova nella basilica di Santa Maria Assunta di Torcello, vicino Venezia. In entrambe le rappresentazioni abbiamo una visibile illustrazione dei peccati e anche la posizione ci dice molto; queste figure le ritroviamo o all’entrata delle chiese o verso l’uscita, di modo che i fedeli venissero ammoniti a non ricadere nello stesso peccato. Il tema dell’Inferno, come diceva prima Teodorico, ci affascina ora, poco o niente; immagino che nella nostra mentalità il diavolo sia tutto solo, annoiato, senza legioni e con Dite, la città descritta da Dante, che brucia senza la benché minima preoccupazione da parte di nessuno. Questo accade oggi in una società fortemente laicizzata, ma nel Medioevo non era così».

Il professore di Storia dell’arte si è soffermato sull’opera realizzata all’interno della Basilica di san Petronio a Bologna: «Il Giudizio Universale rappresentato all’interno della Cappella dei Magi è opera di Giovanni da Modena. Il committente, Bartolomeo Giovannini, nel 1408, ne descrive nell’Atto di Committenza tutti i particolari e dedica poche righe al Paradiso, dice soltanto: “Deve essere realizzata la Gloria eterna”. Per quanto riguarda invece l’Inferno, ci sono righe e righe per fare in modo che non venga tralasciato nessun particolare. Dei peccati si possono vedere i minimi dettagli».

Il professore ha proseguito parlando anche della Divina Commedia di Dante Alighieri: «Il Medioevo è un’epoca dove la “visuale” è molto importante; nella Commedia di Dante il termine “occhio” lo ritroviamo per duecentottantatré volte e il verbo “vedere”, oltre settecentottantacinque volte; le opere d’arte rappresentavano la Bibbia per i poveri e per tutti coloro che non sapevano leggere».

Concludendo il suo intervento, Andrea Viozzi ha detto: «Riprendendo in esame il Giudizio Universale della chiesa di Torcello, vediamo che Cristo rompe le porte degli Inferi e libera le anime che sono finite lì prima della sua venuta; analizzando la parte più in basso vediamo delle figure giovani, quello è il Limbo. Il Limbo verrà riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa solo nel XIII secolo, ma viene già prima raffigurato e c’è chi ipotizza che Dante, in uno dei suoi viaggi, abbia visitato questa chiesa e preso degli spunti per la sua Commedia. Infine, non possiamo tralasciare che non mancava nel Medioevo l’intercessione della Madre di Dio; a lei accorrevano affinché potesse convincere suo Figlio a far salire più anime possibili in Paradiso».

A conclusione della serata, il prof. Compagnoni ha invitato tutti al suo prossimo incontro, che verrà programmato a breve.

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