X

Sant’Egidio alla Vibrata, intervista a Gabriele Lepore e Roberto Salei che ci raccontano come è nato il pellegrinaggio a piedi fino a San Giovanni Rotondo

SANT’EGIDIO ALLA VIBRATA – Gabriele Lepore e Roberto Salei, rispettivamente suocero e genero, dopo aver vissuto l’esperienza del cammino di Santiago di Campostela, hanno voluto fare esperienza di un proprio cammino personale. Sono quindi partiti dalla loro città, Sant’Egidio alla Vibrata, il 30 agosto e sono arrivati a San Giovanni Rotondo domenica 9 settembre, dopo aver attraversato la costa adriatica.

Gabriele e Roberto hanno raccontato il loro personale cammino e la loro esperienza di fede.

Gabriele, con quale animo si parte e con quale ricchezza interiore si torna da un pellegrinaggio a piedi come il vostro?
«Un pellegrinaggio non si inventa da un giorno all’altro. Circa 30 anni fa, in sogno, ho promesso a Padre Pio che un giorno sarei andato a trovarlo a piedi. Il motivo di questa promessa è un mio segreto e, nel corso di questi anni di attesa, ho tenuto con me questo progetto. Da solo non ce l’avrei fatta, finché lo scorso anno io e mio genero siamo andati con un gruppo organizzato a fare il Cammino di Santiago. Per me è stato il trampolino di lancio al pensiero che avevo di andare a piedi a San Giovanni Rotondo. Parlandone proprio con lui e in famiglia, non mi hanno preso sul serio ed è finita lì. A primavera di quest’anno mio genero Roberto mi manda un messaggio con il programma del cammino. Io non capivo molto, ma nel leggerlo mi sembrava abbastanza semplice. Mi sembrava già di essere in cammino e ne ho parlato a mia moglie e ai miei figli. In principio ci hanno scoraggiati nel progetto, successivamente l’ultima mia figlia, Letizia, si è impegnata a cercare i vari alloggi per la notte lungo le varie tappe per il ritorno. Un lavoro non facile, ma ben fatto e oggi devo dire che mia figlia Letizia è riuscita nel compito intrapreso. A questo punto il mio entusiasmo si è accentuato e non vedevo l’ora di partire. Mia moglie era un po’ preoccupata. Ogni giorno mi faceva una raccomandazione e nel frattempo iniziavo ad allenarmi facendo camminate sempre più lunghe e impegnative perché, alla soglia degli ottant’anni, non sono più giovane. Il giorno 30 agosto alle 7 si parte. Andavo a Padre Pio, un segno della croce e… Via! Il ritorno è stato fantastico, il mio desiderio e il mio progetto erano stati portati a compimento e oggi mi sento appagato di aver esaudito il mio desiderio e di essere stato capace di mantenere una promessa».

Quali sono state le raccomandazioni della vostra famiglia e dei vostri amici?
«Quando in famiglia una persona si assenta per diversi giorni, tante sono le raccomandazioni, soprattutto sapendo il percorso che stavo per intraprendere, per la mia età, perché ho settantotto anni e in più ho problemi cardiologici. La raccomandazione maggiore è stata di non esagerare, di non dimenticarmi di prendere i farmaci e di stare attento. Per quanto riguarda gli amici, qualcuno mi ha preso per matto, altri invece hanno pensato che fossi coraggioso. Qualcuno, con una smorfia, mi ha chiesto se fossi stato sicuro di tornare… Ma a me non interessava cosa dicessero gli altri, io ero contento di partire».

Durante il cammino, tra le varie difficoltà, stanchezza, gioie e sorprese, avete sentito la presenza del Signore?
«Il cammino è stato lungo e faticoso. Il caldo in alcune ore della giornata era insopportabile. L’aria calda e il calore dell’asfalto, dove la temperatura superava i trentacinque gradi, per una persona che sa di dover percorrere un determinato numero di chilometri, potrebbe far venire voglia di mollare tutto e tornare a casa. È allora che rifletti e ripensi al motivo per il quale stai camminando. Un particolare che mi ha lasciato il segno. Io quel ramo secco l’ho portato con me fino alla fine del pellegrinaggio e passando davanti alla cripta di Padre Pio l’ho appoggiato lì ringraziandolo. Quel brutto bastone secco l’ho poi portato a casa e lo custodirò per sempre. Per una persona che crede non serve un bel bastone, ma un buon bastone. Per me Padre Pio è il mio bastone».

Roberto, come è nata l’idea di partire insieme?
«Da un vecchio desiderio che mio suocero Gabriele mi aveva manifestato diversi anni fa, dopo che, dalle camminate limitate alla nostra zona, avevamo cominciato ad allontanarci un po’. Gabriele per tanti anni ha organizzato i pellegrinaggi in pullman per visitare il Santuario di san Pio da Pietrelcina, quindi conosce molto bene il luogo e ogni volta ci torna volentieri e con gioia. Io non gli ho chiesto le motivazioni di questo suo desiderio, ma ho accettato anche se all’inizio mi sembrava difficile da realizzare. Il cammino fatto per Santiago lo rendeva comunque possibile e così infatti è stato. Quando si ha fede non si può non vederci la grazia del Signore».

Da un punto di vista spirituale, quali sono le differenze tra il cammino per Santiago e quello per San Giovanni Rotondo?
«Il cammino di Santiago ha un’atmosfera particolare che si respira passo dopo passo, incontrando persone di ogni nazione, ognuna con la propria motivazione, ma tutti con la stessa meta. C’è spiritualità ovunque e rispetto per il pellegrinaggio dalla stessa popolazione locale. È un cammino che tutti vogliono fare almeno una volta nella vita. Ce lo ha detto anche una giovane barista incontrata nel nostro cammino. A Santiago si ha voglia di tornarci, diventa quasi una necessità di cui non si può più fare a meno. Il nostro cammino fino a San Giovanni Rotondo lo vedo come un qualcosa di estemporaneo, creato così sulla cartina geografica, non sono a conoscenza di un percorso tracciato, inoltre eravamo solo noi che intraprendevamo questa esperienza. In ambito personale non si sminuisce nulla, san Pio da Pietrelcina è una figura di abbandono e affidamento al Signore, raggiungere i luoghi dove lui ha vissuto permette di sentire in maniera forte la sua vicinanza».

Ci può raccontare la sua esperienza di fede?
«La mia esperienza di fede la potrei riassumere in quella situazione classica di una persona che ad un certo punto della vita riceve la grazia di sentire dentro di sé il bisogno di Dio. È seguito, poi, un lungo percorso di approfondimento e cultura attraverso Radio Maria e la conoscenza di don Marco Di Giosia, parroco di Paolantonio. La frequentazione del “Movimento in direzione cristiana” tiene vivo e forte questo bisogno del Signore».

Patrizia Neroni: