“L’amore è caratterizzato da un profondo rispetto per tutti gli uomini, a prescindere dalla loro razza, dal loro credo o da qualunque cosa li renda diversi da noi”.
Lo ha spiegato il Papa, prendendo a prestito, nell’omelia dello stadio nazionale di Singapore, le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nello stesso luogo, durante la sua visita del 1986. “Una parola importante per noi perché, al di là dello stupore che proviamo davanti alle opere fatte dall’uomo, ci ricorda che c’è una meraviglia ancora più grande, da abbracciare con ancora maggiore ammirazione e rispetto”, ha commentato Francesco: “e cioè i fratelli e le sorelle che incontriamo ogni giorno sul nostro cammino, senza preferenze e senza differenze, come ben testimoniano la società e la Chiesa singaporiane, etnicamente così varie e al tempo stesso così unite e solidali! L’edificio più bello, il tesoro più prezioso, l’investimento più redditizio agli occhi di Dio siamo noi: figli amati dello stesso Padre, chiamati a nostra volta a diffondere amore”. “Lo possiamo vedere in tante figure di santi”, l’esempio scelto dal Papa: “uomini e donne conquistati dal Dio della misericordia, al punto da divenirne riflesso, eco, immagine vivente”. Tra questi, Francesco ha citato Maria, in cui “vediamo l’amore del Padre manifestarsi in uno dei modi più belli e totali: quello della tenerezza – non dimentichiamo la tenerezza – di una mamma, che tutto comprende e perdona e che non ci abbandona mai”, e San Francesco Saverio, “santo caro a questa terra, che qui ha trovato ospitalità tante volte durante i suoi viaggi missionari, l’ultima il 21 luglio 1552, pochi mesi prima di morire”. “Signore, eccomi; che cosa vuoi che io faccia?”, le parole da lui scritte in una “bellissima lettera” indirizzata a Sant’Ignazio e ai suoi primi compagni: “ci accompagnino non solo in questi giorni, ma sempre, come impegno costante ad ascoltare e a rispondere prontamente agli inviti all’amore e alla giustizia che anche oggi continuano a venirci dall’infinita carità di Dio”, l’invito del Papa.