(Foto ANSA/SIR)

Di Andrea Passatino

“Incontrateli, conosceteli e vedrete da vicino che sono affidabili”. Così don Alessandro Gargiulo, parroco di Maria Santissima del Buon Rimedio, che è la parrocchia delle Vele, a Scampia, parla di chi vive in quei complessi. Sono diverse le persone, infatti, che non riescono a trovare una casa in affitto a causa dello “stigma”. Dopo la chiusura dei complessi – rosso e giallo -, in seguito al crollo del ballatoio nella vela celeste -, hanno dovuto lasciare le loro case, nell’attesa di potere usufruire delle nuove costruzioni tra due anni e mezzo. Tra oggi e quel giorno, c’è di mezzo un affitto. Ma non tutti lo hanno trovato. “Lo cercano in zona, perché lì c’è una questione anche legata alla scuola dei bambini e ai medici di famiglia”, spiega il sacerdote.

Chi sono gli abitanti di Scampia, i suoi parrocchiani?
C’è gente che lavora, che ha dei figli, bravissime persone che hanno dimostrato una grande mitezza. La situazione è molto dolorosa, con momenti di grandi difficoltà. Su di loro c’è uno stigma motivato da tante cose, anche a volte da una eccessiva spettacolarizzazione delle emarginazioni e dalle fatiche di una periferia urbana come questa, nella quale i problemi sono stati sempre molto forti, molto grandi e anche a volte trascurati. Però è anche vero che le persone che abitano nelle vele sono persone assolutamente affidabili.

Quante persone ha interessato lo sgombero?
Uno sgombero di 800 persone, accaduto nella notte tra il 23 e il 24 luglio, di una intera struttura così grande, così fatiscente, è stato gestito e vissuto con una certa disciplina da parte delle persone, salvo naturalmente i problemi oggettivi, le questioni di come stare all’aperto, di come ritrovarsi in un tempo di caldo, come quello che era, terribile. Io mi sento di dire, come parroco di queste persone, che sono delle persone, nella maggior parte dei casi, assolutamente affidabili e che lavorano. Molte di loro hanno tutti i requisiti per poter anche gestire l’affitto ed onorare un contratto di locazione che dovrebbe poi durare semplicemente il tempo della preparazione delle nuove case.

Al momento le persone sgomberate dove vivono?
Hanno trovato accoglienza nelle reti familiari. Dal Comune ricevono un sussidio che non obbliga queste persone ad affittare una casa, ma possono gestire questi soldi, in un certo senso, per sistemarsi, anche presso familiari. Poi c’è un gruppo di persone che ancora vive in una condizione di accoglienza provvisoria in alcune strutture. Anche loro stanno cercando abitazioni. C’è da dire anche che è successo tutto nel pieno del mese di agosto. Con tutte le conseguenze che ciò ha causato. Ho comunque l’impressione che oggi chi è riuscito a trovare già l’abitazione ha trovato una nuova fase anche per la sua vita.

Si è creata una rete di solidarietà?
In realtà non c’è stato un attimo in cui siamo stati fermi. Noi dal 23 luglio siamo stati continuamente, giorno dopo giorno, sabato, domenica, il 15 agosto, a contatto con le difficoltà delle persone. Quindi, c’è stata una rete di solidarietà costante. Le comunità parrocchiali si sono messe in moto, in particolare quella del Buon Rimedio che è la parrocchia del territorio, che poi però ha fatto da collettore anche di tanta generosità e di tanto volontariato spontaneo che è venuto fuori da altre comunità parrocchiali, da gruppi e associazioni. È un aiuto h24.  Abbiamo organizzato anche un oratorio che cercasse di dare gioco e spensieratezza ai bambini sfollati in tutto questo periodo, dal 24 luglio fino al 31 agosto. Poi, il 9 settembre sono stati consegnati 200 kit scolastici a bambini di famiglie che sono state segnate dall’esperienza della Vela. La solidarietà non si è mai fermata.

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