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Intervista alla professoressa Ascenza Mancini: “L’autenticità deve essere alla base di un rapporto educativo”

MONTEPRANDONE – Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata agli autori locali. Questa settimana abbiamo incontrato la professoressa Ascenza Mancini, insegnante di lettere presso la Scuola secondaria di Primo grado nella sua città, Monteprandone. “La relazione educativa. Una sfida sempre nuova tra passato e presente”, edito da EBS Print è il titolo del suo recente volume.

Lei è giornalista, scrittrice e insegnante. A suo avviso qual è il ruolo dell’educatore?
L’azione educativa necessariamente prevede che l’educatore introduca l’allievo, il figlio o il nipote all’affronto totale della realtà in tutta la sua complessità. Educare non è dare una quantità sempre maggiore di conoscenze o di nozioni, ma è guidare l’educando a costruire uno stato interiore profondo, un orientamento definitivo che lo conduca per tutta la vita. Significa rendere la persona equilibrata, consapevole e responsabile con una struttura psichica solida e forte, dunque matura. L’educatore è un maestro inteso nel senso latino, cioè esprime un di più (da magis) in quanto a maturità e a conoscenza, ma è anche ministro (da minus), cioè è al servizio di chi guida per farlo crescere e farlo giungere a camminare da solo.

Qual è il giusto approccio che un insegnante dovrebbe avere verso il proprio allievo?
Tra l’insegnante e l’allievo si instaura una relazione educativa il cui fulcro è la libertà che permette di scegliere tra il bene e il male. Pertanto in questo rapporto non si piò prescindere dall’autorevolezza che dà sostanza al rapporto stesso. L’autorevolezza è legata all’autorità che deriva dal latino augeo, cioè far crescere la persona per condurla alla conquista della libertà piena ed è diversa dall’autoritarismo che mira invece ad assoggettare e a soggiogare. Come più volte ha affermato Benedetto XVI l’esercizio dell’autorità “È frutto di esperienza e competenza ma si acquista soprattutto con la coerenza della propria vita e con il coinvolgimento personale, espresso dall’amore vero”. Un rapporto educativo autentico implica essere testimoni del vero, del bene e del bello pur con tutti i limiti umani che possono emergere da parte del maestro. Solo così si generano nell’allievo stupore, meraviglia e desiderio. Oggi invece si vogliono rendere il buonismo e il sentimentalismo elementi necessari al cammino educativo, ma sono deleteri perché senza l’autorità non si cresce. Come è negativo il fatto che l’autorità sfoci in autoritarismo allo stesso modo è molto disorientante la mancanza di autorità in qualsiasi rapporto educativo.

C’è un target particolare di lettori al quale si rivolge attraverso queste pagine?
No assolutamente. Questo mio lavoro non è certamente esaustivo rispetto ad un argomento così delicato e complesso quale è appunto l’educazione, ma è un piccolo contributo per poter riporre al centro qualcosa che non si può eludere cioè l’uomo, la sua crescita umana e sociale e riscoprire il valore dei rapporti autentici e delle relazioni vere. In una società fluida e fragile come quella attuale, dove la scena è dominata dal virtuale, parlare di educazione potrebbe sembrare fuori luogo o addirittura in antitesi con l’intelligenza artificiale o con le tecnologie più avanzate. Invece credo che sia utile per tutti, grandi e piccoli, ricomprendere e scoprire perché valga la pena educare ed essere educati.

Lei ha conseguito il Baccalaureato in Scienze religiose e gestisce il sito www.desideriodidio.it. Ci può descrivere brevemente il sito?
Il sito è nato una decina di anni fa in onore di San Giuseppe a cui sono molto devota. L’ho posto sotto il suo patrocinio e la sua custodia perché sono sempre stata attratta dal suo silenzio orante e dalla sua tacita presenza accanto a Maria ss e a Gesù. Per me questo silenzio pieno e questa delicata presenza sono parametri altissimi della sua appartenenza al Signore. Vorrei che il sito fosse così, silenziosamente eloquente come lo sposo di Maria ss. L’ho chiamato in questo modo perché il desiderio di Dio è insito nel cuore di ciascuno e tutti, consapevolmente o inconsapevolmente, cercano la felicità, il sommo bene, la bellezza. Considero questo spazio uno strumento attraverso il quale invitare a riflettere sull’esperienza della Bellezza che può essere rappresentata da un passo di letteratura, da una poesia, un’opera d’arte o piuttosto da un brano dei padri della Chiesa o del Magistero, da una riflessione, da un autore o da tutto ciò che parla al cuore dell’uomo in termini corrispondenti al questo desiderio e a questa ricerca di Verità.

In passato ha pubblicato, con Giulia Ciriaci, “L’Amore che guarisce”, qual è il tema al centro di questo volume?
Il libro, fortemente voluto da don Gianni Anelli morto recentemente, è incentrato sulla figura di don Vittorio Massetti, sacerdote di S. Benedetto, promotore di idee, per le quali soffrì molto e che avevano anticipato alcuni temi del Concilio Vaticano II. È diviso in due parti: quella relativa alla vita, trattata da Giulia Ciriaci, l’altra teologica trattata da me. È stato un lavoro per il quale abbiamo impiegato circa 5 anni ma che ci ha permesso di scoprire anzi di incontrare una delle più belle figure sacerdotali della nostra diocesi. Un uomo e un sacerdote che ha dato la sua vita per Cristo nella buona e nella cattiva sorte. Un testimone di fede autentica e di amore incondizionato a Gesù e alla sua Chiesa. Don Gianni Anelli ci ha commissionato questo lavoro come ringraziamento per la testimonianza che don Vittorio aveva profondamente lasciato a lui e alla comunità di San Benedetto, ma anche perché come lui dice nella presentazione del libro “Ho considerato sempre un mio doveroso debito restituire alla Chiesa la figura di questo sacerdote nella sua pienezza, non per dare lustro alla sua persona (sarebbe cosa completamente contraria al suo spirito) ma perché da tanta ricchezza essa possa trarre giovamento e stimolo”.

Lei è membro e consigliere nazionale del Gris, Gruppo Ricerca Informazione Socio-religiosa.
Faccio parte del Gris da alcuni anni ed è per me un’esperienza altamente formativa perché è un servizio che da una parte sollecita a una preparazione continua e permanente, dall’altra permette di evangelizzare. È un contesto in cui si incontrano i bisogni di persone spesso sviate da quella che è la dottrina autentica della Chiesa e che si ritrovano in situazioni che non solo non risolvono i loro problemi ma, irretiti da ciò che non è la Verità, (spesso da santoni, guru o maestri di varie filosofie che promettono la felicità) finiscono per ritrovarsi in circostanze più complicate di quelle iniziali. Questo perché c’è molta ignoranza, (dal latino ignoro che significa non sapere, non conoscere), rispetto a ciò che è la fede cattolica che non costituisce più l’identità delle persone. Molti finiscono dentro sette, gruppi o associazioni pseudoreligiose, o iniziano a seguire veggenti o visionari che non sono in comunione con la Chiesa e il compito dei membri del Gris è quello di aiutare queste persone a prendere consapevolezza dell’errore in cui sono cadute e aiutarle ad uscirne. Ritengo che sia un servizio di cui c’è bisogno all’interno della comunità ecclesiale anche perché abbiamo un Centro d’ascolto, a San Benedetto in via Pizzi 25, aperto il giovedì dalle 16: 00 alle 17:30, a cui è possibile rivolgersi per qualsiasi caso.