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Esaminato dal Cdm il “Piano strutturale di bilancio di medio termine”

(Foto ANSA/SIR)

Il Consiglio dei ministri (Cdm) ha esaminato lo schema di quello che alla luce delle nuove regole europee è diventato il documento-chiave per i conti pubblici e quindi per le scelte economiche e finanziarie del governo, a partire dalla prossima manovra. Si chiama “Piano strutturale di bilancio di medio termine”. Materia tecnica, ma politicamente decisiva perché, come spiega una nota del Mef, il ministero dell’Economia, il Piano descrive “la traiettoria della spesa netta” (con un tasso di crescita stimato intorno al valore medio dell1.5%) e “le linee strategiche relative alle riforme e agli investimenti che il governo intende realizzare nell’orizzonte di riferimento, in particolare quelle funzionali all’estensione da 4 a 7 anni del periodo di aggiustamento”. Non bisogna infatti dimenticare che l’Italia ha un debito pubblico estremamente elevato e, insieme ad altri Paesi europei, è incorsa in una procedura di “deficit eccessivo” secondo i criteri del precedente “patto di stabilità” della Ue.
Il Piano verrà definito in tutti i dettagli e quindi trasmesso alle Camere soltanto dopo il prossimo 23 settembre, data in cui l’Istat diffonderà i risultati della “Revisione generale delle stime annuali dei conti nazionali del periodo 1995-2023”. Operazione a cui l’esecutivo guarda con ottimismo nella convinzione che il quadro effettivo risulterà più favorevole di quanto emerso finora, soprattutto per quando riguarda l’andamento del Pil. E una maggiore crescita dovrebbe aprire nuovi spazi di bilancio e quindi liberare risorse quanto mai necessarie per far quadrare i conti e finanziare le misure su cui il governo punta. L’ottimismo trapela già dalla nota del Mef laddove si afferma che quello proposto è “un percorso di rientro dal disavanzo eccessivo realisticamente più ambizioso di quello prefigurato dalla Commissione europea attraverso la traiettoria tecnica, impegnandosi a scendere sotto la soglia del 3 per cento del rapporto deficit/Pil già nel 2026”. “Dopo il 2026 – afferma la nota – il percorso proposto consentirà di garantire la stabilità del debito pubblico italiano e permettere alla finanza pubblica di affrontare con maggiore efficacia le sfide future”. Il Piano comprende riforme ed investimenti che proseguono il percorso intrapreso con il Pnrr e lo aggiornano – sottolinea il Mef – “per agire con maggiore incisività su sfide quali pubblica amministrazione, giustizia, miglioramento dell’ambiente imprenditoriale, compliance fiscale”. Dopo il passaggio in Parlamento il documento dovrà essere inviato a Bruxelles entro il 15 ottobre.

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