Negli ultimi mesi in Israele la comunità ebraica ultraortodossa è stata nuovamente catapultata nei titoli dei giornali a causa del rinnovato tentativo di arruolare i giovani ultraortodossi nell’esercito, nonostante la diffusa resistenza. Il rabbino capo sefardita Yitzhak Yosef ha reagito alla possibilità di una coscrizione militare forzata nel marzo 2024, dicendo: “Se ci obbligano ad entrare nell’esercito ce ne andremo tutti all’estero”. “In ebraico – spiega David Neuhaus, corrispondente da Israele per La Civiltà Cattolica e membro della comunità dei gesuiti della Terra Santa, dalle colonne del quaderno n. 4.182 in uscita sabato ma, come di consueto, anticipato al Sir – esistono due parole distinte per indicare due gruppi di ebrei religiosi in Israele: gli ebrei ultraortodossi sono conosciuti come haredim (timorosi), mentre gli ortodossi moderni sono conosciuti come dati’im (religiosi). La distinzione non riguarda tanto il grado di osservanza religiosa quanto l’atteggiamento nei confronti della modernità in generale, e del sionismo in particolare. Gli ultraortodossi insistono nel separarsi dal mondo moderno, mentre i moderni ortodossi vivono integrati in esso, pur osservando i precetti religiosi”. Chi sono allora gli ultraortodossi e su cosa si basa il loro rifiuto di prestare servizio nell’esercito israeliano?
Pur essendovi profonde differenze tra i diversi gruppi di ebrei ultraortodossi, molti di loro “sostengono che il sionismo politico sia sbagliato e che fuorvii il popolo ebraico”, convinti che “gli ebrei devono invece osservare la Torah e rispettare la volontà di Dio. Per loro, lo studio della Torah ha la precedenza sullo Stato e sulle leggi secolari”, spiega Neuhaus. Per molti, lo Stato è un fallimento, perché non è vincolato dalla legge religiosa ebraica. Costoro insistono sul fatto che anche in Israele gli ebrei sono in esilio, contrariamente alla pretesa religiosa sionista che lo Stato di Israele sia ‘l’inizio della redenzione’”. Secondo il gesuita, oggi in Israele “la comunità ultraortodossa è una componente vitale e in crescita all’interno della società. La sua storia dimostra che è in grado non solo di sorprendere, ma anche di sfidare le élite di governo israeliane e le ideologie dominanti”. Essa, conclude, “potrebbe svolgere ancora un ruolo importante nel dramma che si sta consumando in Israele, Palestina e Medio Oriente”.
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