TIRANA – Sotto il motto “Pellegrini di speranza. Costruttori di pace”, sì è concluso Sabato 21 Settembre, in Albania, il “Med24 – Tirana“, la quarta edizione degli Incontri del Mediterraneo iniziata Domenica 15 Settembre.
Una settimana ricca di incontri significativi, durante la quale 50 giovani provenienti da 25 Paesi diversi delle cinque sponde del Mediterraneo hanno fatto il punto della situazione sulle sfide e sulle opportunità presenti nella regione del Mare Nostrum, con l’obiettivo di formare una coscienza comune all’insegna del principio di fraternità e sviluppare azioni concrete volte a promuovere il dialogo e a costruire la pace.
Per le Diocesi del Piceno ha preso parte ai lavori una delegazione guidata dall’arcivescovo Gianpiero Palmieri e composta da don Luca Censori, direttore dell’Ufficio di Pastorale Giovanile della Diocesi di Ascoli Piceno, don Nicola Spinozzi, direttore dell’Ufficio Missionario della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, dalla prof.ssa Alessia Cicconi e dal giovane Francesco Corimbi.
È proprio quest’ultimo, Francesco Corimbi, che ci racconta l’intensa settimana: “Ho partecipato a questa edizione degli Incontri del Mediterraneo in rappresentanza delle Diocesi di Ascoli Piceno e di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto. Sono stati dei giorni veramente intensi, in cui si è parlato molto di pace, di dialogo e di comprensione reciproca. Davvero io per primo ho respirato un’aria di pace e una volontà, da parte di tutti noi giovani, di comprenderci l’un l’altro”.
Alla ricerca di sentieri di pace
Come affermato dal nostro giovane Francesco, al centro dei lavori di tutta la settimana c’è stato il tema della pace.
In particolare Martedì 17 Settembre i giovani hanno partecipato alla conferenza a due voci “Dentro il Mediterraneo: storia e religione, dialogo e pace“, a cui ha fatto seguito l’incontro con Edi Rama, già sindaco di Tirana e attuale Primo Ministro albanese.
Molto significativa poi è stata la giornata di Giovedì 19 Settembre. Al mattino, infatti, i giovani hanno partecipato ad una conferenza su come il dialogo interreligioso possa giocare un ruolo importante nella costruzione della pace. Tre i relatori: mons. Nicolas Brouwet, vescovo di Nîmes, in Francia; l’egiziana Fana Phoebe; Yuriy Tykhovlis, giurista e ricercatore di nazionalità ucraina, incaricato dell’Europa orientale e dell’Asia centrale presso la Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero Vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale. Tre i sentieri di pace individuati, che sono stati poi ripresi nella sessione congiunta tra giovani e vescovi per un momento di discernimento partecipato: la comunicazione, l’educazione, lo sviluppo integrale. A relazionare sul primo aspetto, la comunicazione, è stato il nostro vescovo Gianpiero Palmieri, qui in veste di vicepresidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana). Due i relatori sull’aspetto dell’educazione: Martin Kmetec, arcivescovo metropolita di Smirne e presidente della Conferenza Episcopale della Turchia, e l’albanese Endrita Berisha. Per lo sviluppo integrale infine è intervenuta la palestinese Sara Daibes.
La fraternità come unico strumento possibile
Dalle varie tavole rotonde è emersa chiaramente la necessità di conoscersi e dialogare, come racconta anche il nostro giovane Francesco Corimbi: “Nei vari lavori di gruppo che abbiamo sperimentato e anche nelle occasioni di meditazione che ci sono stati, ho avuto l’opportunità di approfondire la conoscenza dei vari Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, presupposto indispensabile per capirsi, per capire l’altro, per immedesimarsi nell’altro. Torno a casa forte di tutte queste esperienze e con la speranza che possano essere validi presupposti per costruire tanti sentieri di pace”.
Numerosi sono stati i momenti di conoscenza reciproca e di riflessione comune. Oltre all’accoglienza iniziale guidata da mons. Arjan Dodaj, arcivescovo metropolita della Diocesi di Tirana – Durazzo, i vari gruppi di giovani si sono presentati prima personalmente e poi, nella terza giornata, hanno anche fatto e ascoltato alcune testimonianze rappresentative di tutte e cinque le sponde del Mediterraneo. Molti anche i momenti di confronto e di meditazione, durante i quali i giovani partecipanti, a prescindere dal proprio credo religioso, sono stati condotti verso un percorso di interiorità, durante il quale ognuno è stato chiamato ad entrare in contatto con la propria personale esperienza del divino.
Il dialogo, ricercato e sperimentato, ha portato a vivere i numerosi momenti di convivialità con un autentico spirito di fraternità e di condivisione, come, ad esempio, la cena al Villaggio della Pace o la festa interculturale mediterranea. Dunque una fraternità vissuta, sentita nel cuore e condivisa con la vita. Proprio come auspicato da papa Francesco che, nel videomessaggio inviato ai partecipanti del Med24 – Tirana, aveva invitato i giovani ad “essere instancabili pellegrini della speranza e a seguire i segni di Dio, affinché il Mediterraneo recuperi la sua caratteristica migliore, l’espressione della fraternità e della pace, e cessi di essere un cimitero!”. “La fraternità – aveva dichiarato il Pontefice – è la migliore risposta che possiamo offrire ai conflitti e alle indifferenze che uccidono”.
L’Albania, laboratorio di pace e punto di partenza per un futuro di fraternità
Oltre agli intensi momenti di dialogo su temi di grande interesse ed attualità, come l’instabilità finanziaria e lavorativa, la crisi umanitaria generata dai conflitti in essere nella regione e la mancanza di opportunità educative e di sviluppo professionale, la settimana è stata anche l’occasione per far conoscere meglio ai partecipanti la storia, l’arte e la bellezza del Paese ospitante, l’Albania, attraverso luoghi significativi per la storia e la cultura del Paese.
Nel territorio dove fino a 30 anni fa avvenivano le persecuzioni religiose, i giovani hanno avuto l’opportunità di fare un tour variegato di aree e luoghi che hanno testimoniato la ricca esperienza di diversità religiosa albanese: le visite alle moschee e alle cattedrali ortodosse e cattoliche presenti a Tirana hanno aperto la strada alla conversazione con storie e testimonianze incentrate sulla pace e sul dialogo come componente decisiva della vita sociale. Significativi anche la visita al centro storico della città di Shkodër e l’incontro con la comunità delle Clarisse di Scutari, custodi del Museo della Memoria costruito attorno a quel che resta di una delle prigioni in cui sono stati rinchiusi i prigionieri politici durante gli anni della dittatura. Interessanti infine, seppur accompagnate dalla pioggia, la visita al sito archeologico di Apollonia e quella al Monastero di Ardenica.
I luoghi visitati, ricchi di storia e testimoni della multiculturalità del Paese, hanno evidenziato come l’Albania rappresenti un luogo laboratorio di pace, una caratteristica che, come affermato anche dall’arcivescovo Arjan Dodaj, “emerge come peculiarità della sua esperienza interreligiosa”. Nel suo messaggio il prelato ha sottolineato come il Paese abbia conservato un’esperienza di fede, pur avendo una costituzione atea, e come l’esperienza del martirio abbia contribuito al passaggio pacifico dal comunismo alla democrazia.
Lia, una giovane proveniente dall’Algeria, afferma: “Med24 – Tirana è stata per me un’esperienza molto bella, poiché mi ha permesso di conoscere per la prima volta l’Albania, che è un Paese meraviglioso da visitare, e la sua gente, che è molto accogliente e piacevole da incontrare. Ho avuto l’opportunità di conoscere persone provenienti dalle diverse sponde del Mediterraneo e di avere con loro uno scambio molto arricchente“.
Verso un futuro di pace
I lavori del “Med 24 – Tirana” si sono chiusi Sabato 21 Settembre con l’assemblea dei giovani. Nella sintesi conclusiva, che costituirà un punto di riferimento per le future collaborazioni, i partecipanti hanno delineato una serie di impegni e risoluzioni che dovranno essere riportati nelle singole realtà locali, non solo come resoconto della settimana di dialogo e confronto vissuta nella capitale albanese, ma anche e soprattutto come invito all’azione, affinché si lavori in ogni Paese per costruire un futuro più giusto e solidale per l’intero Mediterraneo.
Tra le attività programmate per il futuro, la prima e più significativa è la “Nave della Pace Med25“. A bordo dell’ammiraglia Bel Espoir, 200 giovani navigheranno nel 2025 lungo la costa del Mediterraneo, da Barcellona (Spagna) a Napoli (Italia), conducendo laboratori sul dialogo interculturale e religioso per promuovere la pace. Tra i temi che verranno affrontati nelle varie tappe, particolarmente rilevanti risultano l’istruzione, le donne nella società e il dialogo tra le culture.
Salomon, un giovane originario del Mali, afferma: “Vivo in Italia da alcuni anni, sono un ex studente universitario. Quella in Albania è stata una bellissima esperienza per noi giovani del Mediterraneo, perché abbiamo avuto l’opportunità di condividere la nostra storia, di pensare insieme come trovare questa pace che tutti noi sogniamo. Credo che possiamo farcela! Noi giovani abbiamo la forza di portare le nostre voci nel mondo per cambiare davvero qualcosa. Noi crediamo nella pace e lavoreremo per raggiungerla”.