Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge per il contrasto delle violenze ai danni del personale sanitario – che si sono moltiplicate in modo inquietante negli ultimi tempi – e ha provveduto all’aggiornamento del Piano strutturale di bilancio che ora verrà trasmesso al Parlamento. All’ordine del giorno compariva anche l’atteso decreto in materia di immigrazione e flussi che era stato esaminato nella riunione del pre-Consiglio e la cui approvazione è stata invece rinviata al prossimo incontro: ferma restando l’oggettiva complessità della materia, richiamata in conferenza stampa dal sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano, evidentemente non è stato raggiunto un accordo su un testo che chiama in causa le competenze di diversi ministri e le diverse sensibilità tra i partiti della maggioranza.
Il decreto legge sulla sicurezza nelle strutture sanitarie prevede un aumento delle pene per chi danneggia i beni materiali (reclusione da uno a cinque anni e multa fino a 10 mila euro) ed estende i casi di arresto obbligatorio in flagranza agli “atti di violenza che cagionano lesioni personali ai professioni sanitari o che producono danni ai beni mobili e immobili destinati all’assistenza sanitaria con la conseguente compromissione del servizio pubblico erogato delle strutture”, come si legge nella relazione introduttiva. Ma la novità più rilevante riguarda l’applicabilità dell’arresto in flagranza differita, entro 48 ore, qualora “non sia possibile procedere immediatamente all’arresto dei soggetti comunque identificati mediante la consultazione di documentazione videofotografica o altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi o documentazione informatica o telematica”. A questo fine verranno anche potenziati i dispositivi di videosorveglianza nelle strutture sanitarie.
Per quanto riguarda il Piano strutturale di bilancio, il documento introdotto dalle nuove regole europee che sarà alla base della prossima manovra economica, rispetto allo schema approvato il 17 settembre il Consiglio ha aggiornato il testo tenendo presente la revisione della contabilità nazionale operata dall’Istat, i dati sul debito elaborati dalla Banca d’Italia e il confronto di mercoledì scorso con le parti sociali.
Nel documento sono presentati gli intenti programmatici del governo su cui il Parlamento si esprimerà a stretto giro. Dal punto di vista finanziario, i numeri più rilevanti anche rispetto al profilo europeo sono quelli relativi alla spesa primaria netta e al rapporto tra deficit e Prodotto interno lordo. Per quanto riguarda la spesa primaria netta (in sostanza la spesa pubblica esclusi gli interessi che lo Stato paga sul debito che ha contratto nel tempo) è stato confermato un tasso di crescita medio intorno all’1,5% per i prossimi sette anni, che sono l’orizzonte temporale che l’esecutivo ha scelto per la traiettoria di aggiustamento dei conti pubblici. Quanto al rapporto deficit-Pil, stimato al 3,8% per quest’anno, l’obiettivo del governo è di scendere al 3,3% nel 2025 e al 2,8% nel 2026, uscendo così dalla procedura per deficit eccessivo avviata a suo tempo dalla Ue. Secondo il Piano, invece, il rapporto debito-Pil (il debito è la somma dei deficit che si sono accumulati anno dopo anno) inizierà a scendere solo dal 2027 perché fino a quel momento sarà fortemente condizionato dalle compensazioni d’imposta legate ai “superbonus” edilizi.
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