DIOCESI – «Ci siamo riuniti oggi in questa periferia della nostra Diocesi, perché vogliamo ripartire dall’ordinarietà della vita di tutti i giorni, che chiede, però, di diventare straordinaria».
È con queste parole, cariche di speranza e fiducia per il futuro, che don Armeno Antonini, vicario episcopale per la Pastorale della Diocesi di Ascoli Piceno, ha aperto l’Assemblea Diocesana che si è tenuta Sabato 28 Settembre 2024, alle ore 16:30, presso il cineteatro della Parrocchia Santa Felicita in Colli del Tronto. L’incontro, dal titolo “Dentro al Cenacolo: Parole ed opere illuminano il cammino della speranza“, è stato impreziosito dagli interventi di mons. Olivero Derio, vescovo della Diocesi di Pinerolo, e di mons. Gianpiero Palmieri, vescovo delle due Diocesi del Piceno.
L’evento ha registrato la partecipazione di numerosi fedeli: presbiteri, diaconi, religiosi, religiose, operatori pastorali (come lettori, cantori, catechisti, animatori, volontari Caritas, …), rappresentanti delle varie realtà ecclesiali della Diocesi, insegnanti di religione.
L’accoglienza del vicario episcopale don Armeno Antonini
Aprire le porte alla Speranza
Subito dopo l’accoglienza dei partecipanti ed il saluto del vicario episcopale, l’incontro è entrato nel vivo con la lettura della pagina di Vangelo scelta come icona biblica per il nuovo anno pastorale, tratta dagli Atti degli Apostoli (1,8.12-14; 2,1-13), e con l’ascolto della celebre canzone dei Pink Floyd “Confortably numb“, che in italiano possiamo tradurre con “Piacevolmente insensibili“. Don Antonini ha quindi spiegato come il brano rock ed il brano evangelico siano tra loro molto legati: «‘Piacevolmente insensibili’ è forse uno dei più grandi disagi che attanaglia il nostro tempo. C’è una grande paura di sporcarsi le mani, di compromettersi, di lanciarsi in avventure che muovono gli ideali; c’è una grande paura di entrare in contatto, di comunicare amore. Un po’ come avviene al protagonista della canzone, che, per colpa delle sue paure e del dolore collezionato nella sua vita – quindi potremmo dire per colpa della paura di vivere – ha deciso di stare chiuso in una stanza. Ma questa paura mi ricorda molto anche la paura degli amici di Gesù, che cercano di nascondersi perché sono amici di un personaggio scomodo, che hanno timore di uscire allo scoperto, di lanciarsi. La canzone parte con il ragazzo chiuso in una stanza e qualcuno che bussa alla porta e termina con la porta che viene spalancata. Lo stesso avviene per i discepoli: lo Spirito Santo sarà una sorta di volano che darà loro la forza e il coraggio per lanciarsi verso un’avventura sconosciuta, un percorso ignoto, un percorso basato sulla comunicazione. È quello che siamo chiamati a fare anche noi come Chiesa locale e come Chiesa tutta: attraverso la Parola di Dio e la potenza dello Spirito Santo, uscire e rimetterci in movimento, nella convinzione che sia bello andare, sia bello partecipare, sia bello evangelizzare».
L’intervento del vescovo Olivero Deiro
La battaglia tra un desiderio altissimo di cose belle e la paura della delusione
L’assemblea è poi entrata nel vivo con l’intervento del vescovo Olivero Derio dal titolo “La Chiesa sa testimoniare la speranza con parole e opere di Vangelo?”.
Il prelato, dopo essersi complimentato per i tesori artistici della Città di Ascoli Piceno e per il documento di sintesi finale prodotto dall’Assemblea sinodale diocesana che ha detto di aver apprezzato molto perché «profuma di speranza», ha riflettuto sul ruolo profetico della Chiesa nel mondo contemporaneo. Ha detto mons. Derio: «Il seme della speranza è dentro di noi. Normalmente, infatti, ci auguriamo che tutto vada bene: a noi stessi al mattino quando ci svegliamo, ad un amico che è in ospedale, ad un figlio che deve sostenere un esame, ad una coppia che si sposa, a tutti auguriamo sempre il meglio d’istinto, ci auguriamo sempre cose belle. Siamo stati costruiti, montati, per cose giuste, cose buone, cose belle. A volte però qualcosa va storto, non va come ce lo aspettiamo, come lo abbiamo immaginato o desiderato. E ci abbattiamo. Quante volte ci è capitato di dire o sentir dire: ‘La vita non dovrebbe andare così!’. E viviamo così, con questa continua battaglia dentro di noi, la battaglia tra un desiderio altissimo di cose belle e la paura della delusione. A volte prevale il primo, a volte la seconda: è la famosa battaglia tra pessimisti ed ottimisti. La battaglia quindi è tra chi prova a crederci e chi invece ha perso la speranza.
Come testimoniare la Speranza con le parole
Questa battaglia è presente anche nei nostri gruppi, nella nostra Chiesa. Per certi versi è normale che ci sia, perché questa battaglia è antica. Per i Latini e i Greci la Speranza non era una virtù, anzi era uno dei guai del vaso di Pandora, un male da tenere riposto. Orazio in una sua celebre ode dice: ‘Vìna liquès èt spatiò brevi
spèm longàm resecès’, che tradotto vuol dire ‘Versa il vino e taglia una lunga speranza in un breve spazio’, cioè non augurarti cose o troppo alte o a lungo termine, bensì pensa ad oggi, versa il vino e spera che sia del vino buono! Ma cosa vuoi sperare?! Da cui la famosa frase ‘càrpe dièm, quàm minimùm crèdula pòstero’, ovvero ‘cogli l’attimo e non stare a desiderare qualcosa per domani’. Insomma versa il vino ed accontentati di quello. Smetterai di avere paura, se smetterai di sperare. Pensate a quanto sia moderno questo pensiero purtroppo! Noi siamo una società ripiegata sul momento attuale, su quello che c’è adesso, sulle possibilità che possiamo ottenere adesso, possibilmente sfruttandole al massimo e subito, perché non osiamo guardare un po’ più in là, perché non abbiamo la forza di guardare un po’ più in là. Noi adulti – parlo di me – siamo malati di giovanilismo, che non significa che non dobbiamo indossare le scarpe da ginnastica o non dobbiamo andare in palestra, bensì che a sessant’anni spesso dici che l’unica età veramente bella è quella della giovinezza. L’adulto, invece, è colui che ha provato le ferite della vita e spera ancora, ha ancora fiducia nella vita. Se tu adulto non osi guardare avanti e guardi indietro, come fai ad essere responsabile di qualcosa o di qualcuno? In genere più si è conservatori, più si è nostalgici. Se sei cristiano, invece, non puoi essere nostalgico! Non ci sta essere credente nel compimento e, allo stesso tempo, nostalgico del passato, né a livello personale né a livello di Chiesa» .
Il vescovo piemontese ha poi letto uno stralcio di uno scritto di Etty Hillesum, una donna ebrea morta a ventiquattro anni nel lager nazista di Auschwitz, nel quale la giovane riflette sull’eredità che gli uomini lasceranno dopo il dramma e il dolore della guerra e sulla necessità di offrire al mondo non solo dei corpi salvati dalla morte, bensì ‘un nuovo senso delle cose’. «Pensate alla potenza di queste parole, oltre tutto dette da una giovane internata in un campo di concentramento. Cos’è dunque la nostra vita? Un trascinarsi così, un lasciarsi vivere, un sopravvivere o è altro? Non possiamo tirare avanti così, il cristiano non può farlo, la Chiesa non può farlo, perché il senso della nostra vita è dare una nuova prospettiva al mondo intero. La speranza cristiana non è ‘Tiriamo a campare!’, ma è ‘Salviamoci la vita!’»
Il tema della salvezza e la Speranza cristiana
«Quando diciamo che la Speranza cristiana è ‘Salviamoci la vita!’, dobbiamo fare attenzione al significato della parola salvezza – ha precisato il vescovo Derio –. Spesso usiamo la parola salvezza in riferimento ad una squadra di calcio che resta nella stessa serie del campionato o in riferimento ad uno studente che riesce a non essere bocciato o magari in riferimento ad una persona che miracolosamente esce incolume da un incidente stradale. Quando usiamo la parola salvezza, intendiamo sempre una pienezza di vita. Come fa Vasco Rossi nella celebre canzone ‘Sally’, la quale, ad un certo punto ripensa alla sua vita, ai suoi amori, ai suoi sbagli e dice: ‘Forse è stato tutto perso o forse qualcosa è salvato. Forse, ma forse, ma sì!’. Salvo significa non perso. Noi speriamo che la nostra vita non sia persa, sprecata, buttata al niente. Noi speriamo, perché sappiamo con certezza che a tutti i i nostri sforzi è stato regalato un compimento. Noi dovremmo essere come i discepoli del cenacolo, che vengono visti come ubriachi, perché inebriati di Spirito Santo, l’unico capace di creare e ricreare la nostra esistenza.
La nostra è la speranza che non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,5). Fantastico! Noi crediamo questo, noi crediamo parole così, ma ogni tanto ce ne dimentichiamo e parliamo diversamente. Addirittura a volte parliamo della Chiesa come gli altri parlano un’azienda: ‘C’è un po’ di crisi, i guadagni non sono più quelli di prima, siamo un po’ meno, facciamo qualche taglio, per un po’ di anni andremo avanti così, poi vedranno gli altri che arriveranno!’ Ma che cristiano sei, se parli così? Una frase così è una bestemmia grande, perché neghi lo Spirito. Confessati!».
Il vescovo Derio ha poi proseguito il suo intervento, precisando il ruolo del singolo cristiano e della Chiesa intera nel mondo. «Cos’è la Chiesa? È l’insieme di coloro che ci credono. Non coloro che credono che esista Dio – questo è facile! –, ma di coloro che credono che Dio ha riversato nel tuo cuore – e continua a farlo – lo Spirito Santo, capace di rigenerare la tua vita ogni giorno. Tu sei cristiano in quanto credi nelle piccole e nelle grandi cose. L’altro giorno leggevo un libro in cui c’è una frase che mi è piaciuta tantissimo: ‘I cristiani sono degli eterni principianti, nel senso latino del termine, cioè che eternamente ricominciano dal principio’.
Nella lettera agli Ebrei, c’è scritto che la fede è fondamento delle cose che si sperano (Eb 11,1). La speranza è una virtù teologale. La speranza è: ‘Grazie a Dio, possiamo guardare lontano! Grazie allo Spirito Santo, abbiamo la forza per guardare lontano!’».
Due immagini per definire il cristiano e la Chiesa che sperano
Il vescovo Derio ha concluso il suo intervento, descrivendo due immagini metaforiche che possono ben spiegare quello che succede nei momenti in cui la speranza viene mancare ed accostandole a due brani del Vangelo che possono indicare come debba comportarsi il cristiano oggi.
« La prima cartolina – ha detto il prelato – è per gente più grande. Pensate al gioco delle carte: a qualcuno vanno le carte migliori, ad altri le più brutte, ognuno gioca con le carte che ha. Alcune sere ti passa la voglia di giocare, perché le carte brutte arrivano una dietro l’altra per tante volte. Allora diventa difficile credere che passerà e torneranno le carte belle. Questa è la vita. A volte arriva una carta molto brutta, che è la morte, prima quella di chi ci è accanto e poi la nostra. Una cosa del genere è successa a due ‘giocatori’ di questa nostra vita, che non avevano più voglia di giocare». Analizzando le vicende dei discepoli di Emmaus, mons. Derio ha sottolineato come lo Spirito Santo abbia fatto tornare ai due la voglia di annunciare la lieta notizia.
«La seconda cartolina – ha detto – è per i più giovani. Pensate alla montagna. Quando uno fa parete, normalmente la gente gli dice: ‘Ma chi te lo fa fare ad andare a rischiare la vita per uno sport così?!’ In genere lo fai, perché tu provi sulla tua pelle la bellezza o la paura di sentirti sul vuoto. Questa è la vita: un eterno essere esposti sul vuoto! L’amore può finire domani. Gli investimenti possono finire domani. La vita anche. Di tutti. Anche di quelli che stanno seduti in poltrona. Sapete allora cosa fanno gli alpinisti, quando hanno paura? Se la tengono, alzano la mano, la tirano su di due centimetri e vanno avanti. Torniamo allora a scalare la nostra parete, ma con al fianco un alpinista che ci incoraggia e ci dà speranza, nostro Signore, che, attraverso lo Spirito Santo, ci dà la forza necessaria per scalare la nostra montagna» .
L’intervento del vescovo Gianpiero Palmieri
Ascolto della Parola e Territorio
Alle ore 18:00 è stata la volta del vescovo Gianpiero Palmieri, il quale ha presentato le proposte per il cammino diocesano del prossimo anno pastorale, sulla base del documento elaborato nell’assemblea sinodale diocesana dello scorso maggio.
Queste le parole di mons. Palmieri: : «Come mons. Derio, anch’io credo che quel documento non sia banale, bensì carico di significato, di speranza, che veniva dopo due anni di cammino sinodale: il primo anno per sognare in grande il nostro sogno di Chiesa, ispirato dal Signore; il secondo anno per stabilire delle priorità, per decidere gli otto punti su cui esercitare il nostro discernimento ed organizzare il progetto della comunità cristiana del futuro. Di quei punti abbiamo visto i primi due: la comunità cristiana in ascolto della Parola e la missione della comunità cristiana nel territorio» .
Dopo aver lasciato il tempo ai presenti di rileggere il documento finale dell’assemblea sinodale diocesana, il vescovo Gianpiero ha sottolineato come spesso non solo noi stessi, ma anche le persone intorno a noi, mostriamo deficit di speranza: «Come possiamo allora manifestare una speranza ostinata, quella che nasce dal dono di Dio? Abbiamo pensato a quattro scelte operative che rappresentano una bozza di programma, perché, come abbiamo detto e fatto anche lo scorso anno, il programma definitivo va completato con quanto emergerà dall’assemblea di questa sera».
Come testimoniare la Speranza con i fatti – Le quattro scelte operative per l’anno giubilare
La comunità e l’ascolto della Parola di Dio
È stato proposto di incentivare la familiarità dei fedeli con la Scrittura, favorendo la nascita di gruppi spontanei in parrocchia, in casa o nei luoghi di lavoro, con lo scopo della condivisione della Parola.
Per quanto concerne la formazione, ogni piccolo gruppo potrà adottare il metodo che vuole e chi lo desidera potrà utilizzare il materiale del cammino “Pellegrini di speranza – La speranza è oltre”, messo a disposizione della Diocesi.
Sarà possibile visionare 4 video:
“Perché leggere la parola?“, che avrà come supporto le Suore Benedettine di Ascoli Piceno;
“Chi è la Parola?“, che avrà come supporto don Francesco Guglietta;
“Io e la Parola di Dio“, che avrà come supporto la Suore Benedettine di Offida;
“Noi e la Parola di Dio“, che avrà invece come supporto le Suore Clarisse di San Benedetto del Tronto.
Da Gennaio 2025, inoltre, ci sarà la settimana degli EVO (Esercizi nella Vita Ordinaria) che saranno accessibili a tutti. Sarà un percorso di cinque giornate che è possibile fare da soli, in famiglia o in piccoli gruppi:
“La speranza: oltre la sofferenza e la morte“: con l’aiuto delle Sorelle Clarisse, verrà approfondito il tema della malattia, attraverso il brano biblico riguardante il servo del centurione (Lc 7,1-10) e il figlio della vedova di Nain (Lc 7,11-17):
“La speranza: oltre la disillusione e la delusione“: con l’aiuto di don Francesco Guglietta, si analizzerà il tema dell’arte e della cultura contemporanea, attraverso il brano biblico dei due discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35);
“La speranza: oltre gli ostacoli nelle relazioni affettive“: con l’aiuto delle Suore Benedettine di Offida, si approfondirà il tema della famiglia, attraverso la parabola del padre misericordioso (Lc 15, 11-32);
“La speranza: oltre la persecuzione e il rifiuto“: con l’aiuto di don Francesco Guglietta, si parlerà del tema degli immigrati, attraverso il discorso apocalittico (Lc 21, 1-19);
“La speranza: oltre il crollo dei numeri e delle vocazioni“: con l’aiuto delle Suore Benedettine di Ascoli Piceno, si affronterà il tema del futuro della comunità cristiana, attraverso il brano su Zaccaria ed Elisabetta (Lc 1,5-25.57-80).
Il perdono giubilare
Il perdono giubilare è una grazia donata dalla Misericordia di Dio, che raggiunge tutti in un determinato momento esistenziale della propria vita. Che cosa bisogna fare per ottenere il perdono giubilare? La prima e irrinunciabile condizione è quella di essere disposti ad “incontrare” Dio e ad accogliere con cuore sincero il perdono che lui vuole donarci gratuitamente.
La bolla di induzione del Giubileo “Spes non confundit” di Papa Francesco fissa le concrete modalità per vivere questo perdono, non solo attraverso il pellegrinaggio a Roma, ma anche nei luoghi fissati dalla Chiesa locale. Per la Diocesi di Ascoli Piceno ne sono stati individuati quattro, uno per ogni Vicaria:
per la Vicaria Urbana, la Cattedrale, con visita alla mensa Zarepta-Emporio;
per la Vicaria della Montagna, la chiesa a Borgo di Arquata del Tronto, con visita al memoriale di Pescara del Tronto;
per la Vicaria del Marino, la chiesa di Piagge, con visita all’eremo di San Marco;
per la Vicaria della Vallata, la chiesa della Santa Croce, con visita al Bergalucci o alla RSA.
In questi luoghi ogni fedele è chiamato a vivere tre momenti: l’abbraccio di Dio (celebrazione del perdono); la memoria del proprio Battesimo e la professione di fede davanti a Dio; l’apertura alla carità di Dio attraverso un proprio gesto.
Il territorio … Le porte della Speranza nell’anno giubilare
«Dal Vangelo scaturisce un annuncio di speranza che è bello condividere con gli uomini che abitano nel nostro territorio – ha detto il vescovo Gianpiero –. Diventiamo così sentinelle che aggiungono ‘buone notizie’: si apre una porta ed entra la luce del Vangelo. Nel documento discusso e approvato dall’Assemblea sinodale di Maggio, abbiamo deciso il metodo di questa missione evangelizzatrice: entrare in relazione con tutti (credenti e non credenti), coinvolgere tutti, proporre un annuncio di speranza attraverso la condivisione di un’esperienza positiva (ad esempio una buona pratica) interpretata dalla Parola di Dio. Ogni comunità parrocchiale, allora, – o anche più parrocchie insieme – potranno decidere di aprire una porta di speranza nel proprio territorio, attraverso un’iniziativa di un giorno o più».
Nove sono stati gli ambiti d’azione proposti: la ricostruzione delle relazioni crollate nei paesi terremotati; il lavoro e l’economia; l’alleanza educativa tra Diocesi, Scuola e Famiglie; il tema della salute da affrontare negli ospedali; la giustizia e il disagio psichico nelle carceri del territorio; la vita e la morte; la disabilità; la povertà e la fragilità; la cura del Creato. Il vescovo ha precisato che le iniziative potranno essere realizzate sia a livello diocesano che interdiocesano: per l’ultimo tema, ad esempio, si è proposto di organizzare, in occasione dell’Earth Day, una iniziativa comune alle due Diocesi del Piceno.
L’evangelizzazione come annuncio del Vangelo agli adulti e ai giovani
Come quarto ed ultimo punto mons. Palmieri ha illustrato l’ultima iniziativa pensata per il nuovo anno pastorale: un itinerario di formazione e di discernimento sul primo annuncio della fede agli adulti e giovani.
Queste le date:
7 Novembre 2024: “La vita spirituale di un adulto e di un giovane“, a cura di fra’ Alessandro Ciamei;
5 Dicembre 2024: “L’annuncio della Resurrezione di fronte allo scandalo della morte“, a cura di don Fabio Rosini;
6 Febbraio 2025: “Vivere la spiritualità del lavoro“, a cura del prof. Luigino Bruni;
6 Marzo 2025: “L’esperienza spirituale della misericordia“, a cura del Cardinale Angelo De Donatis. Il vescovo ha specificato che le comunità parrocchiali potranno organizzare altre assemblee parrocchiali per confrontarsi su alcuni temi.
Isole di luce … piccole isole di riflessione
Al termine dell’intervento di mons. Palmieri, i presenti si sono divisi in piccoli gruppi per raccogliere impressioni, domande, riflessioni e timori dei partecipanti. In particolare ognuno è stato chiamato a dare la propria disponibilità a realizzare i gruppi di ascolto del Vangelo e la propria preferenza in merito alle nove porte della speranza proposte. Infine si è riflettuto anche su come camminare insieme, in unione con la Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, sottolineando paure, dubbi, opportunità e buone prassi.
Luci di speranza
Dopo la gustosissima cena a buffet, Margherita Anselmi e Francesco Monti hanno condotto un momento di riflessione comunitaria, alternando la lettura di alcune parole di speranza a brani musicali cantati e suonati dal vivo dai Ragazzacci, che hanno saputo coinvolgere tutto il pubblico presente. La piacevole serata si è conclusa con le commoventi note di “Sogna, ragazzo, sogna!” di Roberto Vecchioni e con le parole di una nota poesia di Gianni Rodari, dal titolo “La speranza“:
Se io avessi una botteguccia
fatta di una sola stanza
vorrei mettermi a vendere
sai cosa? La speranza.
“Speranza a buon mercato! ”
Per un soldo ne darei
ad un solo cliente
quanto basta per sei.
E alla povera gente
che non ha da campare
darei tutta la mia speranza
senza fargliela pagare.