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FOTO e VIDEO Ascoli Piceno, festa della Madonna delle Grazie. Vescovo Gianpiero: “Signore, donaci un cuore pieno di speranza, come quello di Maria”

Franco Bruni, referente diocesano per il cammino sinodale, diocesi Ascoli Piceno

DIOCESI – «Stasera abbiamo ascoltato tante parole di speranza. Maria ci aiuta a sperare sempre! Lo scrittore francese Georges Bernanos diceva che soltanto i poveri conoscono il segreto della speranza, perché i poveri tutti i giorni attendono tutto da Dio. Signore, donaci un cuore povero, ma pieno di speranza!».
Si è conclusa con queste parole del vescovo Gianpiero Palmieri la festa della Madonna delle Grazie, compatrona della Città e della Diocesi di Ascoli Piceno insieme a Sant’Emidio, vescovo e martire.
Dopo la settimana mariana di preghiera, fatta in preparazione alla ricorrenza, il culmine dei festeggiamenti è avvenuto Domenica 29 Settembre 2024, alle ore 18:00, con la solenne Messa pontificale presieduta dall’arcivescovo Gianpiero Palmieri e concelebrata da don Nunzio Lucidi, vicario episcopale per l’Amministrazione della Diocesi di Ascoli Piceno, don Davide Tisato, nuovo rettore del Seminario Redemptoris Mater di Ascoli Piceno e Macerata, don Luigi Nardi, parroco del Duomo, don Lino Arcangeli, cancelliere diocesano, don Gianmarco Lupini, cerimoniere diocesano, don Orlando Crocetti, parroco di San Giovanni Evangelista, dai diaconi Luca Antonini e Mario Sirocchi e da tanti altri sacerdoti e diaconi permanenti della Diocesi. Il servizio liturgico è stato curato dai seminaristi del Seminario Redemptoris Mater di Ascoli Piceno.
Al termine della Celebrazione Eucaristica, animata dal Coro Diocesano diretto dal M° don Francesco Fulvi, si è svolta la tradizionale processione per le vie del centro cittadino, animata dal diacono Giuseppe Puglia e da Marika Fioravanti dell’Equipe Sinodale Diocesana, tramite la lettura di alcuni scritti di Etty Hillesum, selezionati da don Matteo Mantenuto.
Presenti, oltre ai numerosi fedeli, anche le principali autorità civili e militari della Città: il senatore Guido Castelli, commissario straordinario per la ricostruzione nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria; il sindaco di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti; l’assessora Annagrazia Di Nicola; il sostituto commissario della Polizia Locale Federico Durante; il funzionario della Polizia di Stato, dott. Fabrizio Antonucci.

Due gli argomenti affrontati dal vescovo Gianpiero Palmieri durante l’omelia.

Il primo: imparare da Maria ad attendere con pazienza il dono dello Spirito Santo. «Nel giorno di Pentecoste, nel cenacolo, la comunità cristiana si riunisce. Si tratta di un gruppo molto più piccolo rispetto a noi oggi, circa centoventi persone, secondo quanto ci viene raccontato negli Atti degli Apostoli. Queste persone hanno la profonda convinzione nel cuore che il Signore sia risorto, perché lo hanno visto; però a loro il Risorto ha anche detto: “Non mi vedrete più. Io salgo al Padre”. Questa piccola comunità, allora, vive nell’ansia e nell’angoscia, perché il Signore Risorto non si è più mostrato. Gesù ha affidato loro una missione grandissima: portare il Vangelo fino ai confini della terra, in tutto il mondo, a tutti. Però questa comunità ha paura, si sente inadeguata, incapace di una tale impresa. Anche se sanno che Gesù è in mezzo a loro, i discepoli si chiedono: “Come possiamo vivere tutto questo?” Per questa piccola comunità, Maria è un segno, un punto di riferimento. La comunità, insieme con Maria, fa memoria di quello che ha detto Gesù e prega. Maria avrà sicuramente raccontato più volte quanto le è accaduto da giovane, quando la potenza dello Spirito Santo si è riversato su di Lei e il Figlio di Dio, la Parola di Dio, si è fatta carne nel suo grembo. Maria avrà raccontato questo ai discepoli e avrà detto: “Facciamo la stessa cosa! Invochiamo lo Spirito Santo, facciamo memoria delle parole di Gesù e chiediamo alla grazia di Dio di fecondare il nostro utero, ormai largo!”. Noi ci troviamo nella stessa situazione di quella comunità cristiana che vive la Pentecoste e, insieme a Maria, invoca la Grazia e la Grazia è lo Spirito Santo. Chiediamo anche noi la Grazia per vivere la nostra missione oggi. Non è più faticosa di ieri, non è più impegnativa di quella di ieri. Anche se il tempo, con tutti i suoi cambiamenti, può spaventarci, che cosa pensate? Che il cuore dell’uomo sia forse diverso? Forse ha un linguaggio diverso, ma nel silenzio del cuore degli uomini, in fondo le esigenze del cuore umano sono sempre le stesse.
Maria ci invita ad attendere l’azione dello Spirito. E lo Spirito irrompe nel giorno di Pentecoste. Ed ecco che all’improvviso si sente un rombo: è la Parola di Dio, come nell’Esodo. Ed ecco che entra un vento che spalanca le finestre e spinge le esitazioni dei discepoli fuori dal cenacolo. Ed ecco che scende il fuoco, come forma di lingua, su ciascuno, affinché tutti possano percepire che la volontà di Dio è farli uscire, far annunciare a tutti il Vangelo e far trovare loro la forza per realizzarlo.

Ed eccoci qui. Questo è quello che abbiamo sperimentato lungo il cammino sinodale in questi due anni! Ci siamo riuniti tutti, abbiamo pregato con Maria, abbiamo fatto memoria delle parole di Gesù ed infine abbiamo chiesto la Grazia dello Spirito. Nel paziente ascolto della Parola e nell’ascolto reciproco, ad un certo punto, è nata la convinzione che forse il Signore vuole da noi poche cose, ma queste. E le abbiamo messe nere su bianco a Maggio. Ed è successo che le circa duecentocinquanta persone, che sono venute all’Assemblea di Maggio, lo hanno votato quasi all’unanimità. E ci siamo confrontati solo su alcuni punti specifici. È la nostra Pentecoste. È quello che siamo chiamati a fare. E il Signore ci darà la forza di realizzare i nostri progetti».

Il vescovo Palmieri ha poi proseguito, sottolineando il secondo tema, ovvero come nel Vangelo del giorno Gesù ci metta in guardia contro l’esclusivismo, che quindi non può appartenere al cristiano: «Io non ho voluto cambiare le letture di questa Domenica. Avrei potuto prendere le letture della festa della Madonna delle Grazie che tutti gli anni sono le stesse, ma le letture di questa Domenica sono davvero di una straordinaria bellezza. Voglio fare una premessa. Noi siamo la Chiesa Cattolica. Cattolica significa universale. Il nostro segno distintivo, quindi, è che c’è spazio e posto per tutti. La Chiesa cioè accoglie tutti, tutti possono farne parte, perché non c’è posto per le meschinità, dei singoli (“Io sono il più importante di tutti!“) o dei gruppi (“Solo il nostro gruppo è il gruppo dei meglio!“). Il Vangelo di oggi, come quello della settimana scorsa, ci ricorda che i discepoli discutono su chi sia il più grande, ma Gesù li ammonisce: “Guardate, che se voi ragionate così, non saprete riconoscere nel più piccolo di tutti – un bambino – la presenza di Dio. Chiunque accoglie un bambino, accoglie me». Se ci preoccupiamo, quindi, solo della nostra importanza, di essere più grandi di altri, non riconosceremo la presenza di Dio che ci viene incontro. Noi non possiamo impedire a chi non fa parte del nostro gruppo di operare nel nome del Signore. L’importante è la comunione nel seguire Cristo, non il senso di appartenenza a un gruppo ristretto. Ha detto mons. Palmieri: «Capite come nasce un atteggiamento settario? Anche nella Chiesa Cattolica? Con la pretesa di un gruppo di essere migliore degli altri. Ma Gesù è molto chiaro: quello che ci definisce come cristiani è il discepolato di Gesù, non far parte di un club! Anche chi non appartiene alla nostra comunità, può agire nel Suo nome. E poi aggiunge che dobbiamo evitare di scandalizzare, di far inciampare i piccoli che si avvicinano, con i nostri comportamenti e con le nostre discussioni su chi sia il più grande. Quando lo facciamo, diventiamo un ostacolo per il discepolato di Gesù, per i piccoli che cercano di seguire Gesù, i quali si dicono: “Ma allora che ci sto a fare in questa comunità? È uguale alle altre! Chiacchiericcio, competizione, tentazione di assumere un ruolo di leadership unilaterale, … Non è niente di diverso!“.
Allora dobbiamo sempre ricordarci che al primo posto c’è sempre l’andare dietro a Lui, la relazione con Lui, il Signore. Dice, infatti, Gesù Risorto: “Voi siete il mio Corpo nel mondo“. Anche se ci sono discepoli fuori dal nostro gruppo, dobbiamo riconoscere che lo Spirito Santo lavora nei cuori di tutti. Noi diamo voce a Gesù, noi diamo mani a Gesù perché possa compiere i suoi gesti di tenerezza, noi diamo piedi per andare dappertutto. Noi siamo nel mondo la visibilità del Vangelo. Per questo la gente ci guarda ed è molto ferma nel pretendere da noi un comportamento che sia quello del corpo di Gesù. Quante persone oggi dicono di essere cristiane, ma di non frequentare la Parrocchia?! Sono la maggioranza e questo ci deve fare riflettere, perché sono discepoli di Gesù. Noi, allora, siamo davvero il tempio di Gesù, siamo Chiesa Cattolica, se, avvicinandoci agli altri, gli altri sentono la prossimità di Gesù e non solo la nostra. Noi dobbiamo intercettare tutti i nostri fratelli, che Gesù chiama piccoli, nel senso di piccoli nella fede, che si incamminano verso Gesù, chi si fa domande di senso, chi cerca la Verità, chi si interroga finalmente su ciò che rende bella la sua vita, chi vince la crosta della superficialità e dell’indifferenza, chi cerca qualcosa di vero e di profondo. Tutto il lavoro che lo Spirito Santo fa nel cuore delle persone.
La nostra Chiesa Diocesana è allora chiamata ad una conversione profonda. La nostra Chiesa Diocesana, guidata dallo Spirito, fa scelte coraggiose, quelle che abbiamo deciso a Maggio. Siamo rimasti veramente colpiti da quanta ricchezza ci sia nel documento votato a Maggio e come tutto questo ci spinga a darci da fare. e mentre facevamo queste cose, è arrivata la nomina di papa Francesco dell’unione in persona Episcopi con San Benedetto. Se anche avessimo avuto qualche tentazione di campanilismo, ce la dobbiamo subito far passare! Secondo il Concilio, il vescovo è il segno dell’unità della Chiesa, è principio e fondamento dell’unità della Chiesa locale. Il vescovo non è un funzionario del Vaticano, ma colui che rappresenta Gesù e che fonda l’unità della Chiesa locale, nel nostro caso unisce le due comunità diocesane. Le due Diocesi sono già unite, perché hanno lo stesso vescovo. Adesso inizia un cammino in cui camminiamo insieme per crescere nell’unità».

Particolarmente significativo è stato il momento dell’Offertorio, durante il quale il vescovo Gianpiero ha voluto offrire anche una cornice con la fotografia del clero riunito delle due Diocesi di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, che, come ha detto egli stesso, custodisce nel suo studio: «Sono tutti i preti e tutti i diaconi delle due Diocesi insieme, un’unità che coinvolge il presbiterio e poi i laici, con cui già da tempo collaboriamo, nelle Caritas, nelle Pastorali Sociali e del Lavoro, nella Pastorale Giovanile. Già da tempo. E più conosco San Benedetto e voi e più ho l’impressione sempre più evidente che ci farà un gran bene camminare insieme, che ci aiuteremo tanto, che condivideremo tante ricchezze. Nessuna pianificazione, nessuna differenza soffocata. Al contrario, ogni identità, ogni ricchezza valorizzata, perché condivisa con gli altri. Nessuno deve essere chiamato a rinunciare a sé, bensì ognuno potrà esprimere tutta la ricchezza che è e che ha, proprio perché la condivide con gli altri. Davvero quello che dobbiamo chiedere a Maria è la Grazia dell’unità.
Maria è proprio colei che guida la nostra comunità, la nostra preghiera, ci fa fare memoria del Signore, ci aiuta ad ascoltare lo Spirito, che lei conosce bene perché l’ha fecondato quando era una bambina. Ci mette in movimento, Maria, perché non sta seduta, parte subito. Maria silenziosamente segue sempre Gesù e spinge tutti a seguirlo: “Qualunque cosa vi dica, fatelo” – dice Maria. Maria è quella che insegna ad invocare lo Spirito. Maria è quella che non perde la speranza neanche quando sta sotto la croce. È così che il Signore ci chiama a vivere. Buon cammino, Chiesa di Ascoli»!

Al termine della Celebrazione Eucaristica, il vescovo, il clero, le autorità civili e militari intervenute e tutti i fedeli si sono recati in piazza Arringo per dare vita alla consueta processione per le vie cittadine con la preziosa icona della Madonna delle Grazie. A trasportare la pregiata opera di Pietro Alemanno, sono stati quest’anno una giovane famiglia e sei giovani della comunità ecclesiale, alcuni appena cresimati ed altri scelti in rappresentanza dei vari gruppi, movimenti ed associazioni ecclesiali.

Il giovane Davide, che è da pochi mesi maggiorenne ed appartiene alla Parrocchia Santi Pietro e Paolo di Ascoli Piceno, afferma: «Per me è la prima volta che trasporto l’immagine della Madonna delle Grazie durante la processione. L’ho fatto principalmente come forma di servizio verso la comunità diocesana e verso il gruppo ecclesiale a cui appartengo, che è il Cammino Neocatecumenale».
Il suo amico Marco, di 21 anni, anch’egli della stessa Parrocchia, racconta: «Per quanto mi riguarda, invece questo è il secondo anno che partecipo alla processione e trasporto l’icona della Madonna delle Grazie. Il primo anno l’ho fatto per obbedienza nei confronti di chi me lo aveva chiesto. Quest’anno, invece, l’ho fatto anche per dare testimonianza soprattutto ai miei coetanei».
Entusiasta anche la famiglia di Francesco Durinzi ed Antonella Tosti, appartenenti alla Parrocchia Santi Simone e Giuda di Ascoli Piceno, che hanno trasportato l’icona insieme ai figli Pietro, Anna e Rosa. In particolare Antonella dichiara: «Maria è prima di tutto una madre, una figura di grande ispirazione per molte donne, un modello a cui tutte vorremmo tendere. Camminare con lei, quindi, è stato come avere vicino un grande esempio di donna, di cristiana, di persona che spera, che ha fiducia nel futuro e che, con il suo contributo silenzioso, fa camminare tutta la famiglia nella giusta direzione. Mi sono sentita carica, forte, in grado di potercela fare, rigenerata».

L’intenso pomeriggio si è concluso tra gli applausi e i sorrisi dei fedeli intervenuti, ai piedi della Cattedrale, nella suggestiva cornice di piazza Arringo, che le luci naturali del tramonto e quelle soffuse dell’illuminazione pubblica, hanno reso ancora più affascinante.

Carletta Di Blasio: