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San Francesco d’Assisi, una delle radici antiche della nostra identità. La forza profetica delle sue scelte per il domani dell’Italia, dell’Europa, del mondo.

«San Francesco è una delle radici antiche della nostra identità. La forza profetica delle sue scelte di vita ha esaltato valori che sentiamo vivi per il domani dell’Italia, dell’Europa, del Mediterraneo, del mondo. La pace, anzitutto. La nostra Costituzione l’ha, coerentemente, iscritta come fondamento e traguardo della nostra comunità. Quella pace tradita proprio nel cuore dell’Europa, che, nella prima metà del secolo scorso, aveva conosciuto gli abissi del male e si era riscattata con nuovi ordinamenti interni e internazionali. Non ci arrendiamo alla logica della guerra, che consuma la ragione e la vita delle persone e spinge a intollerabili crescendo di morti e devastazioni. Che sta rendendo il mondo più povero e rischia di avviarlo verso la distruzione. E allora la richiesta di abbandonare la prepotenza che ha scatenato la guerra. E allora il dialogo. Per interrompere questa spirale».

Si tratta di una parte significativa del celebre discorso del 4 ottobre 2022 pronunciato dal Presidente Mattarella, in occasione delle celebrazione del Patrono d’Italia, insieme ai contributi di altri leader religiosi e civili, riflette sull’importanza di San Francesco come simbolo di pace, dialogo e giustizia sociale.

Francesco viene presentato come una radice profonda dell’identità italiana ed europea, la cui eredità spirituale e morale continua a ispirare scelte di vita e politiche future, soprattutto in un contesto globale segnato dalla guerra e dalle ingiustizie.

Si mette l’accento sulla pace, richiamando la coerenza della Costituzione italiana che la pone come principio fondamentale, e sottolinea la necessità di non arrendersi alla logica della guerra. Questa visione trova eco anche nelle parole di Papa Francesco che lo definisce:

“L’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore (cfr: Enciclica Laudato sì)”

La figura del Santo Patrono viene collegata a valori universali come la cura per i più fragili, la giustizia sociale e l’ecologia integrale. San Francesco diventa, dunque, un simbolo non solo religioso ma anche politico, un mediatore capace di favorire il dialogo e la convivenza civile, come dimostrato dalla celebre vicenda del lupo di Gubbio.

È importante ricordare il valore “politico” della sua storia, caratterizzata dalla passione ideale con cui Francesco si è immerso nei conflitti della sua epoca, come quello tra la città e il lupo. Con grande intelligenza politica, riuscì a identificare le radici dei problemi e proporre soluzioni. Il gesto della croce che fece prima di uscire da Gubbio e davanti al lupo simboleggia l’orizzonte ideale che guidava le sue azioni politiche: senza questa visione, non avrebbe avuto né il coraggio né la lucidità necessari per affrontare le tensioni.
Solo un uomo guidato da un grande sogno sociale – l’inclusione delle diversità non come minacce ma come opportunità – può avere l’intelligenza politica per identificare le cause del malessere e proporre soluzioni. L’incontro con il lupo e i cittadini di Gubbio ne è un esempio chiaro. Francesco comprese che la violenza tra le parti era alimentata dalla fame del lupo, condannato dall’egoismo degli abitanti. Propose dunque un patto sociale: il lupo avrebbe abbandonato la sua vita predatoria, e gli eugubini avrebbero condiviso parte delle loro risorse per nutrirlo, garantendo così una convivenza pacifica.

In questo episodio, la capacità di Francesco di comprendere la radice dei conflitti — la fame e l’egoismo sociale — lo porta a proporre un patto di giustizia sociale, dove le parti rinunciano a una parte dei propri privilegi per il bene comune. Questo messaggio ha una rilevanza contemporanea: la pace e la convivenza, sia a livello locale che globale, non possono esistere senza una distribuzione equa delle risorse e un riconoscimento reciproco delle differenze come opportunità, piuttosto che come minacce.

Siamo invitati quindi a una riflessione profonda sul nostro ruolo di “artigiani di pace”, capaci di operare cambiamenti concreti attraverso il dialogo, la solidarietà e la giustizia condivisa.

Staremo in piedi sui principi o non staremo in piedi affatto.