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FOTO Concluso il congresso nazionale Amci, il nuovo presidente è Stefano Ojetti

ASCOLI PICENO – Si è aperta con la Santa Messa presieduta dal cardinale Edoardo Menichelli, giovedì 3 Ottobre 2024, presso la Basilica Cattedrale Santa Maria Madre di Dio e Sant’Emidio in Ascoli Piceno, il 28° Congresso Nazionale dell’AMCI (Associazione Medici Cattolici Italiani), dal titolo “Maestri di Umanità: I Medici di fronte alle Sfide Contemporanee“. Leggi l’articolo Cardinale Menichelli che ai medici aveva detto: “La vostra professione sia un’incarnazione dell’amore di Dio”

Nel pomeriggio i lavori sono proseguiti al teatro Ventidio Basso alla presenza del Ministro della Salute Prof. Orazio Schillaci e del Cardinale Cardinali Edoardo Menichelli e del Cardinale Giuseppe Versaldi, i lavori congressuali si sono poi svolti, nei giorni successivi, nella sala della Vittoria con oltre 150 medici di varie discipline venuti da ogni parte d’Italia.

«L’Anci nei suoi 80 anni di vita è sempre stata attenta alle sfide contemporanee e accanto ai più fragili». Esordisce così, all’apertura dei lavori di venerdì 4 ottobre, il dottor Franco Balzaretti, vice presidente dell’Associazione Medici Cattolici Italiani (Amci).
Nella Sala della Vittoria della Pinacoteca civica, professionisti di tutta Italia si sono ritrovati per discutere di diritti umani violati, secondo macrotema scelto per questa edizione 2024.
Con il dottor Stefano Ojetti, segretario nazionale Amci, a moderare la seduta, grazie al contributo di studiosi, medici e religiosi i presenti si sono confrontati su temi di estrema attualità, che al di là delle ripercussioni sul piano sanitario riguardano da vicino la quotidianità di ognuno di noi.

L’intervento di Giuseppe Notarstefano, presidente Azione Cattolica
Ad aprire i lavori, di fronte a una platea particolarmente numerosa, è stato Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale dell’Azione Cattolica, con un intervento dedicato alla dignità della persona e allo sviluppo sociale.

«È necessario rimettere al centro la dignità dell’umano – afferma in apertura il presidente AC – Viviamo tutti l’atomizzazione delle esistenza, in una visione in cui il profitto è al primo posto rispetto ad altri principi, che invece riconosciamo come le coordinate fondamentali per un mondo a misura di umano.

C’è un rapporto molto stretto tra vita sociale e politica, reso sempre più complesso dall’emergere di nuovi poteri che la comunità umana è chiamata a riconoscere e orientare al bene comune. Parlo dei mass media e delle sue forme più invasive, che espongono la vita delle persone a nuovi rischi legati alla dignità umana.

È chiaro il legame tra promozione della dignità umana, della pace e della giustizia, che passa attraverso un ripensamento delle istituzioni. Bisogna ripensare le regole e promuovere e far crescere la libertà e l’uguaglianza: questa è la sfida di una democrazia ad alta intensità, come l’ha definita il presidente Sergio Mattarella.

Serve una azione quotidiana per promuovere nuovi assetti della vita sociale. La storia non è finita, come qualcuno sostiene: è possibile immaginare insieme un nuovo futuro, guardare avanti e fare una lettura vera del segno dei tempi per noi credenti.
La politica deve rappresentare un’alternativa allo scontro, al conflitto, mediando tra due posizioni differenti per arrivare al bene comune. Quando si perde questa tensione al bene comune, la politica perde la sua ragione originaria. Sfuggendo alle mezze misure omologate in cui la politica è caduta, la complessità deve essere accolta. Solo rafforzando una logica comunitaria, lavorando sui partenariati e ripartendo dal basso, potremo affrontare e accogliere la complessità».

L’intervento di Don Aldo Bonaiuto della Comunità Papa Giovanni XXIII
Proseguendo sulla via tracciata dal dottor Notarstefano si inserisce l’interessante intervento di Don Aldo Bonaiuto della Comunità Papa Giovanni XXIII che, come confermato dal dottor Ojetti, ha ereditato il carisma di don Oreste Benzi nel combattere la violenza sulle donne, che spesso si trasforma in tratta con aspetti criminali.

«Ho pensato a quello che mi è accaduto recentemente, specie in relazione alla fragilità. L’ho notata anche qualche sera fa sulla strada, in Umbria, dove accostandomi in auto insieme alla nostra unità di strada attiva da oltre 30 anni, ho visto di fronte a me quattro ragazzi, due donne e due uomini, che stavano tirando pietre, bottiglie e sigarette sul corpo di una ragazza.

Ciò che mi impressiona non è il gesto in sé, orribile, bensì quanto questi ragazzi giovanissimi stessero ridendo, nell’indifferenza generale delle istituzioni. Papa Francesco su questo tema parla di mentalità: ridimensionare la figura femminile è una deviazione all’immaginario corrente, è una malattia dell’umanità, un modo sbagliato di pensare della società.

Circa 60.000 persone vivono con noi in giro con il mondo, anche in campi profughi e in luoghi difficili come Palestina, Siria e Iraq. Per Don Oreste erano loro i veri eroi, perché a volte ci sono deboli e fragili che a volte fanno di tutto per non farsi aiutare, mettendoci alla prova per vedere per quale motivo siamo lì.

Sembrano temi lontani dalla nostra quotidianità, ma talvolta anche chi lavora e non ha giorni o ore libere, oppure uno stipendio adeguato, vive questa condizione di difficoltà.

I cosiddetti “clienti”, che comprano un corpo e abusano di persone schiavizzate, sembrano dei buoni samaritani e a volte si affezionano a donne che si prostituiscono e anche loro restano adescati dagli stessi aguzzini, e solo dopo ci chiamano per dare aiuto alle donne e prenderle in casa. Queste persone credono di dare il bene e la libertà, ma è spaventoso pensare che qualcuno possa avere il diritto di comprare una relazione, a partire da quelle più intime.

Non stiamo progredendo, dato che ora su Internet basta un clic per gestire una relazione. La tratta non avviene più solo nelle strade, bensì in una rete infernale. Si può accedere a qualsiasi sito di orrore. Stiamo insegnando ai ragazzi a non mettersi in mezzo, a essere omissivi, a non fidarsi di nessuno e a scappare dai problemi.
Quelle ragazze, come quelle che ho incontrato l’altra notte, potrebbero essere le nostre figlie, le nostre nipoti: per questo la legalizzazione della prostituzione non è una strada. Vorrei vedere chi farà i salti di gioia nel vedere la propria figlia vendersi. Non possiamo metterci dalla parte di chi fa diventare le donne prostitute, bensì da quella di chi le vuole liberare. Sono persone in carne e ossa come noi, che hanno bisogno di essere liberate».

L’intervento della dottoressa Paola Binetti
Particolarmente rilevante anche l’intervento della dottoressa Paola Binetti, dedicato al tema della violenza e del genere

«L’esperienza dell’aggressività rientra nella sfera quotidiana di ognuno di noi, ma sta diventando una sorta di istinto impazzito perché non ha più capacità di essere orientato e controllato. Dipende tutto da come impieghiamo questa forza che è insita in tutti noi, da come scegliamo i nostri obiettivi.

La differenza non è sempre discriminazione, ma spesso contemplazione di una ricchezza. Viviamo in un contesto che, tendendo ad appiattire le differenze, tende a schiacciare il concetto di generatività, in una dimensione che non può che evolvere in una nuova forma di violenza. Un esempio noto a tutti è la maternità surrogata. L’ultimo attacco alla Legge 40, risalente a una settimana fa, riguarda l’apertura alle donne single. Si tratta della cancellazione totale della figura maschile. C’è una violenza fisica esplicitata dall’uomo, a cui si affianca questa nuova forma di violenza, un attacco alla genitorialità.

Non è la difesa della maternità che le donne devono tenere alta, bensì quella della genitorialità, che è il massimo della differenza espresso nella Creazione.
Abbiamo messo in crisi il valore della vita. La dimensione della violenza nasce con l’abolizione del principio di autorità. Attenzione a non avere in bocca parole di violenza, che sono le stesse di indifferenza e di supponenza. Dovremmo applicare un garbo, uno stile, che altro non è che prendersi cura dell’altro. Raccomando a tutti noi il nostro modo di esprimerci affinché nessuno si senta escluso e di avere gli occhi aperti, perché la violenza ha una dimensione evidente ma anche un’altra dimensione ben più subdola».

L’intervento di Don Maurizio Patriciello
Prima della pausa di metà mattinata, è la volta di Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano da sempre in prima linea nella lotta alla Camorra, e della toccante testimonianza attraverso la quale ha voluto condividere con la platea ascolana la sua lunga esperienza sul campo.

«Parco Verde è stata la più grande piazza di spaccio d’Europa. Negli anni abbiamo avuto 20 omicidi, passati inosservati sebben in pieno giorno, anche di fronte alla porta della chiesa. Basta davvero poca attenzione, un po’ di compagnia e aiuto economico per prevenire la violenza.

In passato ho rischiato la vita per l’ambiente, come nel caso della Terra dei Fuochi. Fino al 2015 l’Italia non aveva una legge per tutelarsi da questi reati: è arrivata dal basso, dai nostri defunti. Finché ho parlato di ambiente ho sempre ricevuto applausi, quando si parla di maternità o di genere, invece, alcuni tendono a sminuire le mie parole in quanto uomo o sacerdote.

L’altro giorno sono stato a trovare un parrocchiano in ospedale a Frattamaggiore: quelle barelle gridano cospetto al cospetto di Dio. Senza dignità, maschi e femmine, nei corridoi in cui sono costretti a fare i propri bisogni davanti a tutti. A noi, invece, viene chiesto di tenere alta la dignità umana.

Secondo qualcuno sconfiggeremo la mafia quando avremo sconfitto la famiglia. È inconcepibile: se io non voglio bene alla mia mamma, perché dovrei volere bene alla tua? Il problema non è la famiglia, ma l’apertura di cui parlava la dottoressa Binetti. Se durante la pandemia non ci fossero state le famiglie e i risparmi delle nostre nonne, avremmo avuto molte più persone costrette a vivere sotto i ponti.
Spesso si inneggia agli eroi. A me non piacciono gli eroi, e neppure i martiri, perché dietro ogni martire si nasconde un assassino. A me piace San Francesco, morto in grazia di Dio».

L’intervento del professor Pierluca Massaro
Il dibattito si sviluppa attorno ai temi del bullismo e del cyberbullismo, grazie alle riflessioni del professor Pierluca Massaro, ricercatore di Sociologia giuridica.
«Quando parliamo di diritti umani non pensiamo solo alle grandi stragi e alle guerre, ma anche a episodi che possono avere sembianze meno manifeste, che avvengono anche nella nostra quotidianità.

Il rischio dell’insicurezza dell’uomo moderno è che si traduca in una paura di fronte alla complessità del mondo, che poi porta a individuare dei capri espiatori. Possiamo cogliere questa fragilità in una direzione verticale, rappresentata dalla crisi della fede, e in direzione orizzontale nella crisi dello Stato, della rappresentanza politica e dei legami sociali.

Questa grande fragilità dell’uomo riguarda anche gli adolescenti, che vivono tra la ricerca di emancipazione e un bisogno di appartenenza. Tanti ragazzi oggi vivono ansia e depressione, disturbi alimentari, tossicodipendenza e suicidio, ma anche comportamenti antisociali.

A maggio di quest’anno il Legislatore è tornato sulla legge del 2017 dedicata al cyberbullismo, ampliandone la portata e approfondendo il tema del bullismo, ossia l’aggressione con molestia reiterata volta a provocare fenomeni di ansia, timore, isolamento ed emarginazione. Si tratta di condotte non sempre penalmente rilevanti, come nel caso del bullismo indiretto, di natura psicologica. Le novità introdotte, in base ai termini utilizzati dal Legislatore, pongono il bullismo sul piano dei reati persecutori, lo stalking. Ad oggi, però, il bullismo non è di per sé reato. Si tratta di un fenomeno da affrontare sul piano sociale, non limitandosi a curarne i sintomi.

Gli elementi che caratterizzano il bullismo, secondo gli studi scientifici, sono l’intenzionalità, la reiterazione nel tempo e soprattutto la simmetria della relazione tra il prevaricatore e la sua vittima.

Più che il bullismo, è il cyberbullismo a essere in aumento. Non è semplicemente un bullismo che avviene online, e secondo un indagine dell’Istat spesso sono gli stessi ragazzi vittime di bullismo a essere vittime di cyberbullismo. Il discorso ci rimanda al tema delle dipendenza, in questo caso da Internet, ma si distingue dal bullismo per la distanza fisica che separa le persone coinvolte, in un’assenza di prossimità. Il rischio è che si inneschi un processo di deumanizzazione della vittima».

L’intervento di Antonino Giannone
A chiudere il cerchio è l’ingegner Antonino Giannone, che in collegamento ha approfondito gli aspetti legati alla violenza digitale invasiva e nascosta insiti nella criminalità informatica.
«Con la violenza digitale si manifestano e si sviluppano diversi comportamenti, dal cyberbullismo allo stalking online fino ad arrivare al revenge. Una forma comune della violenza digitale nascosta è lo stalkerware, ossia l’utilizzo di programmi e app che una volta installate controllano i dispositivi senza che il proprietario se ne accorga, tipico dell’uomo nei confronti della partner. Per fortuna stanno prendendo piede dei progetti volti a sensibilizzare le nuove generazioni sul corretto utilizzo di Internet.

L’intelligenza artificiale pone complesse problematiche di natura etica per l’uomo, la cui centralità è stata messa in dubbio. Nei contesti socio-culturali, specie in ambito sanitario, ci si chiede se verranno tutelati i valori fondanti ed etici della persona e se si potrà conservare il rapporto umano tra medico e paziente. Con la disumanizzazione dell’uomo si va verso l’umanizzazione della macchina intelligente, ma dobbiamo dare consapevolezza ai giovani».

Nella giornata di Sabato 5 Ottobre, si svolte le ultime due sessioni di lavoro:
una dedicata alla medicina ipertecnologica nel futuro dell’umano: le opportunità e di rischi dell’intelligenza artificiale; dalla rivoluzione genetica alla rivoluzione post-genomica; bios e technè nelle neuroscienze: l’impossibile reso possibile; le nanotecnologie e le superfici biofunzionalizzate per la diagnostica medica; l’epigenetica nei tumori; l’immunonanotecnologie: nuovi orizzonti nelle malattie del sistema immunitario; l’altra riguardante le esperienze, le azioni e le cooperazioni di un associazionismo in rete.

Al termine della mattinata si è data lettura della mozione conclusiva del Congresso e si proclamato il Nuovo Consiglio Nazionale con l’elezione a Presidente Nazionale AMCI del dott. Stefano Ojetti.